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Il dilemma del Comma 566 e la questione delle competenze specialistiche

Come tutti gli anni nel mese di dicembre vengono emesse novità legislative che “teoricamente” sono collegate ad aspetti economici fiscali. Il comma 566 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015). (14G00203) (GU Serie Generale n.300 del 29-12-2014 – Supplemento Ordinario n. 99) (ex legge finanziaria) vede scritto:

Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Come molti di voi avranno letto, su questo, si è già scritto tanto con tesi divergenti. C’è chi ritiene sia un cambiamento epocale per la professione, c’è chi ritiene sia un nulla epocale, e chi si vede minacciato nella sua professionalità …Vediamo assieme di rileggere quanto affermato e cerchiamo di capire questa novità.

Per prima cosa l’aspetto interessante è contenuto nelle parole:“…Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ”Infatti, l’interesse principale del legislatore è che da un percorso già avviato non derivi nessun aggravio di spesa (la legge è una legge “finanziaria”). Quindi a sostegno di chi asserisce che questa norma non modifichi nulla, come Cavicchi (1) vi è la costatazione che esiste un percorso in essere, come sostenuto da Fassari (2) “In sostanza, come abbiamo già avuto modo di scrivere, il Governo e il Parlamento hanno deciso di dare forza di legge all’obiettivo di ridefinire le competenze professionali dei sanitari già oggetto dei tavoli tecnici Governo Regioni, dai quali è alla fine emersa una ipotesi di accordo sulle competenze infermieristiche tutt’ora in attesa di essere trasmessa alla Stato Regioni”. Quindi non vi è nulla di nuovo si ribadisce un percorso già in essere che si avviava teoricamente a conclusione (…).

Proia (3) ci aiuta a capire come in realtà la tesi del cambio epocale sia sostenibile “per capirne la portata innovativa è opportuno analizzare attentamente l’esegesi della norma. L’art. 5 punto 15 del Patto per la Salute 2014/2016 ha posto con forza la necessità che: “Per un efficientamento del settore delle cure primarie, si conviene che è importante una ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali con una visione che assegna a ogni professionista responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni obiettivi, abbandonando una logica gerarchica per perseguire una logica di governance responsabile dei professionistico involti prevedendo sia azioni normativo/contrattuali che percorsi formativa sostegno di tale obiettivo” OMISSIS Con il comma 566 il Parlamento ha dato il via libera a una potenziale ed innovativa messa in discussione della attuale organizzazione del lavoro in sanità. Rivalutando e ridefinendo le capacità professionali delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione” rilanciando un tavolo che però aveva visto molti detrattori.

Su un articolo apparso su l’Infermiere infatti si afferma “ed è perciò che ora possono decollare le competenze specialistiche – è stata fatta cadere anche l’ultima barriera artificialmente innalzata dai detrattori di questa innovazione. Ora potrà avere il via libera quell’accordo Stato-Regioni già pronto e concordato, perfino già messo all’ordine del giorno di una conferenza pre-estiva. Il documento che ci aspettiamo venga presentato in Conferenza Stato Regione per “sancire accordo” e iniziare finalmente a darvi attuazione. In quell’articolato ci sono tutti gli elementi per poter agire nei diversi ambiti: accademico, professionale, della formazione permanente e dell’organizzazione.” (4)

Quindi possiamo concordare con Annalisa Silvestro quando afferma (5) che “è uno snodo importante per l’assistenza sanitaria e per la professione infermieristica un passaggio altrettanto importante rispetto a quello del 1999 con la legge 42 (“Disposizioni in materia di professioni sanitarie”): il processo diagnostico-terapeutico è di competenza del medico, mentre quello assistenziale è di competenza dell’infermiere. Si tratta anche di un’importante occasione per una riorganizzazione del lavoro nelle strutture pubbliche dove il dispiegamento delle potenzialità delle diverse professioni, a cominciare proprio da quella infermieristica, può consentire di recuperare efficienza e appropriatezza nella risposta sociosanitaria. Un dettaglio tutt’altro che trascurabile anche in funzione di un obiettivo molto concreto”.

annalisa silvestro

Abbiamo però risentito parole che speravamo di non udire da parte di alcuni colleghi medici, L’Anao (6) afferma che “Lo scopo è quello di trasferire gli atti medici di base ad altre professioni sanitarie trascurando che anche un atto semplice si può complicare e diventare complesso OMISSIS Qui non stiamo parlando di riconoscimento delle competenze specialistiche degli infermieri, legittimo, ma dell’erosione più o meno consistente di competenze mediche nel campo della diagnosi e della cura.” Prosegue con “… a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato. Mentre il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico”. Ora dall’articolo si potrebbe desumere , erroneamente, che l’infermiere NON risponda “anche ad un preciso codice deontologico” (….) e che NON abbia “in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia” inoltre “Si prepara, in maniera irresponsabile, un ulteriore strappo nella tela già lacerata del carattere unitario del diritto alla salute dei cittadini, attraverso una balcanizzazione delle competenze professionali e della definizione degli atti medici, e dei relativi livelli di responsabilità, distinti in semplici e complessi a seconda della latitudine e dei rapporti di forza. Il rischio che gli apprendisti stregoni, ed i loro laudatori, sottovalutano è quello di smarrire il carattere unitario della persona malata non separabile in cellule da affidare ai medici e bisogni da delegare agli infermieri. La sanità italiana del terzo millennio avrà a simbolo, per dirla con Cavicchi, il malato segato in due, mezzo del medico, mezzo dell’infermiere, monadi autonome ed anarchiche”.

La Cisl Medici (7) afferma: “Per la CISL Medici quanto esposto in quelle note è una pietra miliare. Nell’affrontare questa “patata bollente” del comma 566 vogliamo non dare la possibilità a confusioni sia materiali che ideologiche: il medico svolga il suo ruolo, l’infermiere e le professioni sanitarie facciano quello per cui sono stati formati e chiamati. Sembra assurdo che si debba scrivere in termini così netti ma oggi, che il tema pare sia diventato di capitale importanza per questa categoria di lavoratori, appare necessario creare quelle differenze fra queste figure, medico, infermiere e professioni sanitarie, impedendo che si crei una contrapposizione che nel futuro potrebbe generare distorsioni comportamentali ed incomprensione nei ruoli da svolgere. Nessuno vuole impedire il diritto allo studio e alla formazione di coloro che da infermieri o professioni sanitarie andranno a collaborare con il medico, ma sia solo una collaborazione e non una interferenza. La classe politica trovi il coraggio di analizzare attentamente il problema e porre dei naturali paletti alle richieste di tali categorie. Oggi, minare all’interno la centralità del medico equivale a realizzare lo sfascio definitivo del suo ruolo e di questa professionalità, ed è bene sapere che la CISL Medici si opporrà con ogni democratica forma e in ogni opportuna sede istituzionale.“

Anche l’associazione dei Fisiatri è preoccupata (8) degli aspetti assistenziali affermando: “Il mal sottile del comma 566 significherà in buona sostanza riproporre un solco rivendicativo tra medici e professioni sanitarie, una nuova tensione e separazione nei contesti di lavoro, un decadimento relazionale e fiduciario che ridurrà qualità, efficienza, efficacia nella presa in carico delle persone disabili e per quanto sopra accennato determinare professionisti sanitari di serie A, B, C. Difatti negli ultimi anni abbiamo assistito alla materializzazione delle conseguenze di un divario esistente tra le aspirazioni di una classe dirigenziale infermieristica (ben rappresentata dalla Senatrice On. Silvestro), le capacità-competenze-aspirazioni espresse dai professionisti sanitari (infermieri, tecnici di radiologia, fisioterapisti…) che quotidianamente svolgono la loro encomiabile attività assistenziale nei reparti ospedalieri, negli ambulatori, sul territorio e la normativa che ne regolamenta ruolo e profilo professionale”.
Era da tempo che non avevamo il piacere di leggere questi toni!

Eppure non vi sono elementi che richiedano un tale scontro infatti, come ci ricorda Fassari (2), “Il comma 566, se è vero che rilancia l’accordo Stato Regioni, inserisce una premessa fondamentale prevedendo che tale accordo si debba fare “previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati”. Avere messo nero su bianco su una legge delle Stato che l’accordo “deve” avere la “concertazione” delle parti in causa (e quindi sia dei medici che degli infermieri e delle altre professioni che saranno via via coinvolte) cambia tutto. (OMISSIS) A questo punto i giochi si devono riaprire, piaccia o non piaccia. La bozza di accordo dell’aprile 2014 può e deve essere ridiscussa e sarà compito del Governo e delle Regioni, proprio in base al comma 566, ricercare il massimo consenso tenendo conto di osservazioni e modifiche delle parti in causa, per arrivare a “concertare” un testo sul quale sancire l’accordo finale.”
Quindi il comma ci “obbliga” a riprendere e “concludere una discussione che senza questo passaggio rischiava di essersi arrenata per sempre!

Per concludere concordiamo con la Senatrice (4) quando afferma che “Certo, molti si porranno il problema dell’innovazione inserita nel quadro dell’assenza di contratti e di blocco delle retribuzioni. Il nostro auspicio è che non si aspetti molto a mettere mano alla parete economica dei contratti ma in questo momento ci preoccupiamo, come è nostro compito, di porre quelle basi professionali sulle quali auspichiamo che le rappresentanze sindacali riescano a fare ancora meglio il loro lavoro, ossia valorizzare economicamente tutto questo. E proprio per questo aspetto è necessario sostenere le rappresentanze sindacali che davvero hanno a cuore la professione. La realizzazione di una diversa organizzazione del lavoro impostata sul riconoscimento del merito e delle diverse responsabilità, oltre che capace di riconoscere la diversità dell’apporto delle professioni sanitarie e delle loro specificità al processo di cura e di assistenza, non è facile.”

comma 566
È quindi con piacere che abbiamo letto che i sindacati (9) chiedono con forza che si riapra presto una stagione contrattuale in cui inserire l’aspetto della valorizzazione professionale (anche se la norma indica che da questo “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” almeno nel 2015!).

Quindi non è il nulla epocale, non è una minaccia ad altre professioni non è una rivoluzione ma bensì il ribadire e il portare a valore di legge che il tavolo sulle competenze avanzate dei professionisti sanitari (e per quanto mi riguarda degli infermieri!) deve arrivare a conclusione e che la sanità non può più permettersi di sottoutilizzare il cervello dei suoi professionisti!
Autore: Stefano Sebastiani @SebStefano

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Articolo pubblicato sulla Rivista n.2/2014 del Collegio IPASVI di Bologna, pag.18-20
Bibliografia di riferimento