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Gran Bretagna, realizzato con successo doppio trapianto di mani

Non vede l’ora di poter afferrare di nuovo una birra, di abbottonarsi da solo la camicia e di salire in sella alla sua amata bicicletta. Chris King, 57enne di Doncaster, nel Regno Unito, è vicinissimo a realizzare il suo sogno. Dopo essere stato il primo paziente nel paese di Sua Maestà a ricevere un doppio trapianto di mani non sta più nella pelle e vuole subito mettere alla prova le nuove arrivate.

L’eccezionale intervento è stato eseguito al Leeds General Infirmary e, a distanza di pochi giorni, King ha già ammesso di sentirsi di nuovo in forma. L’uomo è reduce di un incidente sul lavoro che, tre anni fa, causò la perdita di entrambe le mani, eccetto i pollici. Ora è la prima persone nel Regno Unito ad esser stata sottoposta a un doppio trapianto di mani.

Chris King, 57enne di Doncaster. La Stampa
Chris King, 57enne di Doncaster. La Stampa

L’OPERAZIONE E’ STATA DIFFICILE E COMPLICATA
Questo trapianto è stato tutt’altro che semplice. La maggiore difficoltà è stata quella di “attaccare” le nuove mani, adattandole ai “resti” di quelle del paziente stesso. Perché King non ha perso le due mani per intero: base e pollici sono rimasti illesi dall’incidente. “Per quanto ne so è la prima volta che viene eseguito un trapianto di mano che non è partito sopra il polso”, spiega Simon Kay, il chirurgo plastico consulente che ha fatto il “miracolo”. Inoltre, un trapianto di mano, a differenza del trapianto di un organo interno, richiede una certa sensibilità estetica. “A nessuno importa come si presenta il proprio rene, ma quanto a lungo invece funzionerà”, sottolinea Kay. Per le mani è invece diverso: non si tratta solo di trovare un donatore compatibile. “Non dobbiamo solo abbinare le mani immunologicamente, nello stesso modo in cui facciamo per abbinare reni e fegato, ma hanno anche bisogno di avere un aspetto appropriato perché le mani si vedono per tutto il tempo”, riferisce il chirurgo. Un trapianto simile, infatti, potrebbe avere un impatto psicologico sul paziente che riceve le mani, che potrebbe non sentirle mai proprie.

IL RECUPERO DEL PAZIENTE STA ANDANDO BENE
Ma King sembra non badarci e non vede l’ora di ricominciare la sua nuova vita. Il recupero sta infatti andando molto bene. “Non potevo desiderare di meglio”, dice King. “E’ meglio di una vittoria alla lotteria perchè sento tutto di nuovo”, aggiunge. L’intervento è stato eseguito negli ultimi giorni, ma King ha già fatto qualche piccolo movimento dicendo che le sue nuove mani sono “assolutamente straordinarie”. Ora non vede l’ora di togliere le bende. “Sono le mie mani”,dice soddisfatti. “Sono davvero le mie mani. Il mio sangue sta passando dentro di loro”. Questo trapianto gli ha ricordato come si sentiva prima dell’incidente, quando aveva entrambe le mani. “Si è effettivamente aperto un ricordo – racconta – perché, dopo l’incidente, non riuscivo mai a ricordare come erano le mie mani. Quella parte del mio cervello si era spenta”. Dice di ricordare perfettamente l’incidente, ma ha detto di non provare dolore e di non soffrire per il trauma. Ora è pronto a buttarsi tutto alle spalle e a riprendere la sua vita normale. Il suo sogno è quello di andare di nuovo sulla sua bici e di iniziare a fare cose semplici, come giardinaggio.

L’INCONTRO CON IL PAZIENTE ZERO
A regalargli questo sogno è stato Mark Cahill, la prima persona ad aver ricevuto un trapianto di mano nel Regno Unito nel 2012. E’ stato proprio Cahill, infatti, a incoraggiarlo a sottoporsi all’intervento e a presentargli il chirurgo Kay, lo stesso che aveva eseguito il primo trapianto. Ora King e Cahill sono buoni amici. “Un giorno ci stringeremo la mano”, scherza King. “E’ una cosa meravigliosa”, aggiunge. I medici, invece, pensano al futuro. Il team del Leeds General Infirmary spera di poter eseguire dai due ai 4 interventi di trapianto di mano in un anno. Attualmente ci sono già 4 persone in lista di attesa. Dal canto suo King invita le persone a donare le proprie mani e a dichiarare il proprio intento alle famiglie. “Non c’è dono più grande che si possa fare”, dice.

Articolo di VALENTINA ARCOVIO – La Stampa