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Il calore per trattare il diabete, al Gemelli si studia una nuova cura

Una sperimentazione clinica multicentrica, che coinvolge anche il Policlinico Universitario A. Gemelli, validerà l’efficacia di una terapia mininvasiva anti-diabete: attraverso Il “Sistema Revita” si elimina una parte della mucosa intestinale modificando così il rilascio di ormoni coinvolti nella malattia.

Un giorno non lontano il diabete potrebbe essere trattato usando il calore per rigenerare una mucosa intestinale “sana” agendo su una parte dell’intestino, il duodeno: è la promessa di una tecnica rivoluzionaria di chirurgia mininvasiva endoscopica. Agendo sulla mucosa intestinale il calore ripristina la normale composizione degli ormoni prodotti dall’intestino, migliorando il controllo della glicemia e quindi il diabete. La nuova promettente tecnica si chiama “rimodellamento della mucosa duodenale” (DMR) con il Sistema Revita – una consolle che permette di regolare a distanza e con la massima precisione il calore applicato alla mucosa – èstata sviluppata dalla azienda statunitense Fractyl Laboratories Inc. ed è al momento in corso di sperimentazione in un trial multicentrico (Revita-1) che vede protagonista anche l’Università Cattolica e il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, insieme a ospedali europei a Bruxelles, Londra, Amsterdam e Lovanio.

Il primo paziente è stato trattato al Policlinico A. Gemelli dal Prof. Guido Costamagna, direttore dell’Unità Operativa Complessa di di’Endoscopia Digestiva Chirurgica e leader riconosciuto a livello mondiale in endoscopia terapeutica.

diabete

Lo studio di fattibilità (eseguito in Cile per valutare, appunto, la fattibilità e la sicurezza della procedura) che ha coinvolto finora oltre 60 pazienti, ha dimostrato che il trattamento Revita ha un impatto sulla malattia duraturo nel tempo e di notevole entità.

Lo studio attualmente in corso si articola in varie fasi, una prima parte che prevede l’arruolamento di 50 pazienti in vari centri europei (al Gemelli a oggi ne sono stati trattati 7), e una seconda parte che prevede l’arruolamento complessivo di oltre 400 pazienti in Europa e Usa. “Ci auguriamo risultati definitivi degli studi attualmente in corso entro pochi anni”, spiega la professoressa Geltrude Mingrone, Direttore dell’Unità Operativa Complessa Patologie dell’obesità del Gemelli.

 

La malattia e i limiti delle terapie oggi in uso

Il diabete di tipo 2 è una malattia di proporzioni pandemiche non sempre associata all’obesità. Si stima che ne siano affetti circa 382 milioni di persone in tutto il mondo1 e l’incidenza della malattia sta aumentando a un ritmo allarmante sia nei paesi occidentali sia in quelli in via di sviluppo. Solo in Italia, quasi 4 milioni di persone ne soffrono, di cui il 90% del tipo 2.

Si tratta di una malattia complessa la cui patogenesi non è completamente conosciuta. Tra i fattori che contribuiscono allo sviluppo della malattia vi sono la predisposizione genetica, l’obesità, lo stile di vita sedentario e una dieta ad alto contenuto di zuccheri e grassi. La ricerca di base ha dimostrato che la dieta ipercalorica provoca cambiamenti nella mucosa duodenale (il rivestimento del primo tratto dell’intestino tenue). Questi cambiamenti alterano il segnale ormonale che regola la glicemia, contribuendo prima alla resistenza all’ormone insulina (principale regolatore della glicemia), poi alla disfunzione delle cellule del pancreas che producono l’ormone, infine all’insorgenza del diabete di tipo 2.

I pazienti difficilmente controllano la patologia per un lungo periodo di tempo e tendono a sviluppare complicanze micro e macrovascolari causate da iperglicemia (troppo zucchero nel sangue). Infatti il diabete di tipo 2 è la principale causa di insufficienza renale, di cecità e di amputazione del piede. Inoltre è un fattore di rischio significativo per il peggioramento della demenza e lo sviluppo di patologie cardiovascolari.

Attualmente il diabete 2 si controlla con farmaci somministrati per via orale, il più usato dei quali è la metformina. Sono disponibili diverse classi di farmaci ma con la progressione della patologia molti pazienti necessitano della terapia insulinica che viene somministrata per iniezione più volte al giorno.

L’efficacia dei trattamenti farmacologici è inficiata da diversi fattori tra cui la difficoltà di seguire le terapie. Vi è dunque la necessità di terapie alternative ai soli farmaci e dai risultati più duraturi.

diabeteprocedure

Il rimodellamento della mucosa duodenale (DMR) con il Sistema Revita è una nuova procedura endoscopica.

Ricerche effettuate dalla professoressa Mingrone e colleghi hanno dimostrato che la chirurgia bariatrica, che si attua per trattare obesità grave, può portare a miglioramenti duraturi del controllo glicemico rispetto alla terapia farmacologica e a una riduzione della mortalità e delle complicanze del diabete di tipo 2.

Diversi studi stanno cominciando a spiegare i meccanismi di base dell’effetto anti-diabete della chirurgia bariatrica. In particolare, l’esclusione del duodeno dal passaggio di nutrienti sembra comportare miglioramenti quasi immediati dell’insulino-resistenza. La mucosa intestinale è il più grande organo endocrino e rilascia ormoni per regolare l’equilibrio del glucosio sia a digiuno che dopo i pasti. Infatti, disfunzioni della mucosa intestinale (ipertrofia e iperplasia endocrina della mucosa duodenale) sono risultate correlate con il diabete.

Il DMR è una tecnica endoscopica di ablazione della mucosa duodenale in grado di normalizzare in maniera duratura i vari ormoni rilasciati dalla mucosa intestinale e coinvolti nell’insulino-resistenza e forse proprio nel meccanismo di controllo glicemico.

DMR avviene tramite l’introduzione trans-orale di un catetere a palloncino che fornisce una dose controllata di energia termica sulla superficie della mucosa. La console Revita fornisce un controllo preciso della temperatura che viene applicata alla superficie della mucosa in modo da garantire la sicurezza della procedura, risultata molto ben tollerata dai pazienti. La procedura dura un’ora circa e i pazienti vengono dimessi il giorno dopo.

“Finora – ribadisce la professoressa Mingrone – sono stati trattati oltre 60 pazienti, di cui sette al Policlinico A. Gemelli; si conta di arrivare a coinvolgere circa 40 pazienti in cura per il diabete presso il Policlinico”.

“La fase sperimentale si concluderà – conclude il professor Costamagna – nell’arco di due anni; se i risultati saranno positivi questo innovativo trattamento potrà essere esteso a tutti quei pazienti affetti da diabete che non riescono a tenere sotto controllo la terapia con i farmaci e che costituiscono circa la metà del totale.

 

Fonte: Policlinico Gemelli