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Malattie neurologiche: il tempismo è il principale alleato

La Brain Awareness Week è un’iniziativa che è andata sempre più diffondendosi con l’aumentato interesse nei confronti delle neuroscienze, anche dopo quella che è stata chiamata la decade del cervello (1990-2000), sia in Europa che negli Stati Uniti, come testimoniano anche i due grandi progetti Human Brain Project e Brain Initiative. Una delle ragioni delle grandi aspettative verso le neuroscienze risiede nell’emergenza costituita dalle malattie neurodegenerative, in continua crescita, che in Europa hanno costo stimato di 800 miliardi di euro.

IL FATTORE TEMPO: CRUCIALE NELLA DIAGNOSI E NEL TRATTAMENTO

Insomma, bisogna fare presto. L’urgenza riguarda i risultati della ricerca di base e clinica, la tempestività di diagnosi ed interventi in alcune patologie come l’ictus e in altre, come le demenze, l’individuazione anticipata dell’esordio della malattia. «Il fattore tempo – ha spiegato il professor Leandro Provinciali, Presidente della Società Italiana di Neurologia SIN che ogni anno partecipa alla Settimana del Cervello organizzando eventi ed iniziative (vedi l’elenco qui) – è cruciale in medicina e, in particolare, in ambito neurologico; il neurologo, infatti, lotta contro il tempo per limitare i danni al cervello, nel vero senso della parola. La rapidità e l’accuratezza dell’intervento neurologico, subito dopo la comparsa dei primi sintomi, consentono di ridurre o annullare i danni che spesso condizionano fortemente la qualità di vita dei malati. Oltre a ciò, la diagnosi precoce risulta preziosa in molte malattie: ad esempio, nella Malattia di Parkinson e nella Sclerosi Multipla è basilare per mettere in atto una strategia terapeutica che possa cambiare la storia naturale della malattia, tenendo sotto controllo i sintomi».

ICTUS: PRENDERE TEMPO SIGNIFICA PERDERE IL CERVELLO

È una lotta contro il tempo quella dell’intervento in caso di ictus ischemico: agire entro le sei ore significa riuscire a limitare i danni dovuti alla mancata ossigenazione dei tessuti cerebrali non irrorati. «La nuova frontiera per la cura dell’ictus ischemico in fase acuta è la combinazione di trombolisi sistemica, che consiste nella somministrazione di un farmaco capace di disostruire l’arteria cerebrale occlusa, e trombectomia meccanica, eseguita con device meccanici per via endovascolare» spiega Elio Agostoni, Direttore della Struttura Complessa Neurologia e Stroke Unit del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, che spiega di aver fin qui eseguito il trattamento combinato su 130 pazienti con risultati anche migliori di quelli emersi nei trial clinici. «L’efficacia della terapia dipende dal tempo e qualifica l’ictus come un’emergenza tempo-dipendente. In particolare, la trombectomia meccanica dovrebbe essere eseguita il più precocemente possibile e potenzialmente entro le 6 ore dall’esordio dei sintomi», anche se è prevedibile che questo intervallo d’azione andrà aumentando anche grazie agli avanzamenti tecnologici.

ALZHEIMER: ATTESI PER FINE ANNO I RISULTATI DEL NUOVO FARMACO

La Malattia di Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza che nel mondo colpisce circa 25 milioni di persone e solo in Italia registra più di 600.000 casi. Dato l’allungamento delle aspettative di vita e l’invecchiamento progressivo della popolazione, le previsioni sono che 2050 vi saranno più di 100 milioni di persone affette, con crescenti costi sanitari ed un enorme impatto economico e sociale. Oggi sappiamo però che il disturbo cognitivo lieve (MCI) è una condizione che spesso precede di alcuni anni la demenza vera e propria. Il processo patologico che colpisce il cervello e che è responsabile della manifestazione clinica di MCI e poi di demenza precede di vari anni queste condizioni cliniche. Uno degli obiettivi su cui stanno lavorando i neuroscienziati è quello di riconoscere la malattia in fase preclinica individuando i soggetti che svilupperanno la demenza. Inoltre, l’altra direzione in cui si muovono i ricercatori è quella di impedire l’accumulo progressivo della proteina, chiamata beta-amiloide, che distrugge le cellule nervose ed i loro collegamenti. In che modo? «Si può inibirne la produzione oppure togliere la beta amiloide in eccesso con degli anticorpi monocolonali, nuovi farmaci in via di sperimentazione. Sono attesi per fine anno i risultati dei trial clinici in corso» ha annunicato il Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano Carlo Ferrarese, docente dell’Università di Milano-Bicocca dove quest’estate si terrà un convegno sull’argomento «Prediction and prevention of dementia: A new hope».

PARKINSON: DIAGNOSI PRECOCE E PREVEDERNE LO SVILUPPO

Una delle scoperte più importanti degli ultimi anni è rappresentata dalla dimostrazione che il processo neurodegenerativo alla base della Malattia di Parkinson, che con i 250.000 pazienti in Italia è la seconda malattia neurodegenerativa in termine di frequenza, inizia molti anni prima della comparsa dei sintomi motori e che, spesso, durante questa lunga fase possono essere presenti manifestazioni non motorie. Ricercatori e clinici sono molto attivi nella ricerca di criteri attendibili per la diagnosi di MP prodromica, fase in cui il processo neurodegenerativo è già iniziato, vi è presenza di segni e sintomi, ma ancora insufficienti per la diagnosi. «I markers clinici più importanti della fase prodromica sono rappresentati da alcuni disturbi del sonno (disturbo comportamentale del sonno REM e sonnolenza diurna eccessiva), dalla disfunzione olfattiva, dalla stipsi e dalla depressione» ha spiegato il professor Leonardo Lopiano, Direttore della Struttura Complessa Neurologia dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino. «Le indagini strumentali più importanti sono invece rappresentate dalle tecniche di imaging funzionale e dalla ecografia parenchimale transcranica». Intercettare i pazienti in una fase molto precoce del processo neurodegenerativo e a rischio di sviluppare la malattia ha una notevole rilevanza poiché permetterà di intervenire precocemente con farmaci neuroprotettivi.

SCLEROSI MULTIPLA: QUANTO E’ PERSO NON SI RECUPERA

Per la sclerosi multipla, malattia ad evoluzione spesso progressiva, non reversibile e con accumulo di importante disabilità, il fattore tempo è fondamentale. In primo luogo, perché quanto perduto non si recupera, quindi aspettare non ha senso e al contrario un intervento terapeutico tempestivo è fondamentale perché garantisce un minor accumulo di disabilità. Secondo, ha spiegato il professor Gianluigi Mancardi, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova, «perché attendere senza giustificazioni l’inizio di una terapia incisiva può voler dire, quando la malattia entra definitivamente nella fase progressiva, perdere le numerose armi terapeutiche che abbiamo ora a disposizione».

STILE DI VITA: PREVENIRE E’ POSSIBILE

Infine, ma non per importanza, il fattore tempo è fondamentale per la prevenzione delle malattie neurodegenerative. Fin dalla più giovane età adottare un’alimentazione corretta, combattere la sedentarietà e tenersi mentalmente attivi e curiosi sono strategie efficaci perché sempre più studi confermano l’importanza dello stile di vita e ne quantificano l’effetto in termini di riduzione del rischio.

FONTE LA STAMPA