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Cervello: in calo i casi di ictus, nei giovani aumentano le demenze alcoliche

Le malattie neurologiche e neurodegenerative costituiscono motivo di grande preoccupazione per la società: da anni ormai le stime sul numero totale di persone affette sono inesorabilmente in crescita anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, nonostante la grande attenzione posta alla prevenzione per evitare la malattia e per tentare di posticiparne l’esordio. Malattie come demenze, Parkinson e sclerosi multipla compromettono il funzionamento cognitivo e motorio, aspetti fondamentali della vita delle persone, riducendone progressivamente l’autonomia, con pesanti conseguenze di natura psicologica ed economica, ma anche sociale.

 Nonostante gli enormi sforzi di ricercatori e clinici, neurologi e neuroscienziati, la sfida posta da queste malattie non è ancora vinta e per molte condizioni mancano ancora trattamenti efficaci. La settimana dedicata al cervello, appuntamento annuale che in Italia viene coordinato dalla SIN società italiana di neurologia, quest’anno è dedicata esattamente a questa problematica, con il motto «Curare il cervello migliora la vita».

«La neurologia ha ancora un ruolo sottostimato nel nostro Paese, con un conseguente svantaggio per i pazienti che nel 60% dei casi non si rivolgono al neurologo per le patologie competenti, ritardando così la corretta diagnosi», ha spiegato Leandro Provinciali, Presidente della SIN, alla presentazione della «brain awareness week» che si svolgerà fino al 19 marzo con una serie di iniziative in tutto il paese.

PAROLA CHIAVE: PREVENZIONE

Oggi, nonostante l’invecchiamento della popolazione e probabilmente grazie ad un miglior controllo dei fattori di rischio vascolare, l’incidenza di primi episodi di ictus (sia ischemici che emorragici) è diminuita del 29%. Nel nostro paese, sono 930.000 coloro che riportano effetti invalidanti a causa dell’Ictus, che registra 120.000 i nuovi casi ogni anno.

«Agire sulla prevenzione significa adottare dei buoni stili di vita, abolendo il fumo, riducendo il consumo di alcol, svolgendo un’attività fisica regolare e seguendo una dieta sana, controllare la glicemia e la pressione arteriosa e prestare attenzione alla fibrillazione atriale» ha spiegato Elio Agostoni, Direttore Dipartimento di Neuroscienze e direttore S.C. Neurologia e Stroke Unit del Niguarda di Milano e vicepresidente SIN.

I RISCHI DEI GIOVANI

Sarebbe un errore credere che i giovani siano immuni dalle malattie del sistema nervoso centrale; essi sono colpiti da malattie muscolari, infettive e infiammatorie, neoplastiche, neurodegenerative o immunomediate del sistema nervoso periferico, metaboliche o autoimmuni. «L’età d’esordio della sclerosi multipla, ad esempio, è intorno ai 25-30 anni, quindi in una fase decisiva nella vita di una persona, e andrebbe diagnosticata precocemente e curata fin da subito per evitare decorsi poi difficilmente trattabili» ha spiegato il professor Gianluigi Mancardi, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova.

Il cervello giovane ha certamente maggiori capacità di recupero rispetto a un adulto o un anziano: studi scientifici che hanno valutato l’outcome dopo traumi cranici hanno dimostrato che, se il trauma avviene in età prescolare, migliore è il recupero rispetto a soggetti in età scolare o adulti. E se i traumi, soprattutto quelli automobilistici, sono la causa più importante di disabilità neurologica in età giovanile, i neurologi hanno anche altre preoccupazioni: l’abuso acuto e cronico di alcol e di altre sostanze neurotossiche, come le droghe, ha sul sistema nervoso centrale conseguenze serie e durature.

«Danni permanenti a carico del sistema nervoso, fino a delirium, sindrome di Korsakoff e demenze alcoliche, sempre più diffuse tra i giovani» ha spiegato Leandro Provinciali. L’abuso cronico di tali sostanze determina un calo della memoria verbale, delle funzioni visuo-spaziali, della memoria di lavoro, dell’attenzione e della concentrazione, con un conseguente abbassamento globale delle funzioni cognitive e anche alterazioni strutturali cerebrali permanenti.

PARKINSON: LA RICERCA PROSEGUE

Vi sono patologie che possono beneficiare più di altre di innovazioni terapeutiche e tecnologiche con il conseguente miglioramento della qualità della vita. È il caso del Parkinson, come ha spiegato il professor Leonardo Lopiano, dell’Università di Torino e Direttore SC Neurologia 2U alla Città della Salute e della Scienza di Torino, illustrando le più recenti innovazioni riguardanti le terapie infusionali (infusione intestinale continua di levodopa) e la DBS, e le nuove tecniche riabilitative che si avvalgono della realtà virtuale per la somministrazione di stimoli appropriati per ciascun paziente o il ricorso a dispositivi tecnologici simili ad occhiali capaciti di emettere stimoli acustici per facilitare la deambulazione.

ALZHEIMER: SI ATTENDONO ANCORA CURE EFFICACI

«Queste malattie sono una delle sfide più grandi per l’umanità, devastanti a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e sempre più diffuse anche nei paesi in via di sviluppo» ha ribadito il professor Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano dell’Università di Milano-Bicocca e Direttore della Clinica Neurologica dell’Ospedale San Gerardo di Monza. Nel caso delle demenze, ad esempio, oggi la conoscenza dei meccanismi genetici e molecolari che portano alla malattia ha consentito l’avvio di molti studi che purtroppo non hanno ancora portato alla scoperta di un trattamento efficace.

Il tentativo è duplice: da una parte, impedire la formazione della proteina neurotossica beta amiloide e dall’altra evitarne l’accumulo (tramite sua rimozione), prima che vada a formare quelle celebri placche alla base di un’eventuale evoluzione patogenetica. «Toccherà attendere ancora un paio d’anni per avere i risultati degli studi clinici attualmente in fase III in termini di efficacia preventiva di queste strategie terapeutiche» ha concluso il professore «Nel frattempo, si continui a prestare massima attenzione al danno vascolare, fattore di rischio per la demenza». Un importante appuntamento per la comunità scientifica dei neurologi che si occupano di demenze è il congresso SINdem che si svolgerà dal 16 al 18 marzo a Firenze.

DIAGNOSI E DECORSO: L’IMPORTANZA DEL SONNO

Infine, il sonno, protagonista di un numero crescente di studi di grande interesse per diverse discipline. La sua regolarità, la sua quantità e la sua qualità possono essere indici importanti sia della presenza di eventuali patologie sia dell’andamento di condizioni note. Una buona qualità del sonno aiuta anche nella prognosi di molte malattie, anche neurodegenerative. Ma la domanda fondamentale, spiega professor Luigi Ferini Strambi, professore ordinario di Neurologia, Università Vita – Salute San Raffaele e Direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale San Raffaele di Milano – è la seguente «Può un sonno di buona qualità ridurre il rischio di patologie neurologiche?». Studi condotti in modelli animali hanno evidenziato che la privazione di sonno accelera l’aggregazione di β-amiloide (una proteina normalmente prodotta ma anche eliminata nel cervello sano) in placche extracellulari, che sono caratteristiche della malattia di Alzheimer. Dormire bene, curando anche eventuali disturbi del sonno, rappresenta un obiettivo importante nell’ambito di possibili strategie preventive per le malattie neurodegenerative.