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Dolore cronico per 45% donne contro 31% uomini

Ormai e’ un dato di fatto e anche la scienza lo conferma: nel dolore non esiste “par condicio”; le donne soffrono piu’ frequentemente degli uomini, per periodi piu’ lunghi e con una maggiore intensita’. A questa particolare predisposizione, pero’, non sempre corrisponde un’attenzione adeguata da parte di medici e opinione pubblica. Le differenti basi biologiche tra i due sessi, inoltre, determinano una diversa risposta ai farmaci, non soltanto in termini di efficacia ma anche di potenziali eventi avversi, ai quali le donne sarebbero piu’ esposte. Per questo motivo, e’ fondamentale identificare le terapie analgesiche meglio tollerate dall’organismo femminile, che possano essere impiegate con sicurezza in tutto l’arco della vita.

Se ne e’ parlato ieri a Milano, nell’ambito della campagna di sensibilizzazione sul dolore NienteMale, a un mese esatto dalla 2a Giornata Nazionale della Salute della Donna, indetta dal Ministro Lorenzin per il prossimo 22 aprile, proprio con l’obiettivo di fare luce sulle problematiche di salute femminili e le specificita’ di genere. Un’indagine svolta su oltre 85.000 adulti in 17 Paesi di tutto il mondo ha evidenziato come una sintomatologia dolorosa cronica di qualsiasi tipo affligga il 45% delle donne, rispetto al 31,4% degli uomini, associandosi nell’8% dei casi a depressione.

Un altro studio, condotto dalla Standford University su 11.000 persone, ha mostrato che, in situazioni cliniche sovrapponibili, le femmine soffrirebbero il 20% in piu’ dei maschi. Ma quali sono le sindromi algiche piu’ diffuse nel gentil sesso? Alcune sono del tutto specifiche, come la dismenorrea (che, secondo la Iasp, colpirebbe fino al 90% delle adolescenti e oltre il 50% delle donne adulte), o il dolore pelvico cronico. Altre si manifestano con piu’ frequenza, rispetto al sesso maschile: l’emicrania, ad esempio (3 volte piu’ ricorrente), la cefalea tensiva cronica (4 volte di piu’), l’artrosi (3 volte di piu’, in menopausa), la fibromialgia (6 volte piu’ diffusa), in generale i dolori muscolo-scheletrici (dal 35 al 59% dei casi, contro il 23-49% degli uomini), come la lombalgia. All’origine di questa maggiore vulnerabilita’, vi sono differenze a livello genetico, ormonale e anatomico, ma anche fattori psico-sociali. In particolare, gli estrogeni influiscono sul Sistema Nervoso Centrale, rendendolo piu’ reattivo agli stimoli algici.

“Le donne hanno piu’ sindromi dolorose e piu’ malattie che causano loro sofferenza- spiega Alessandra Graziottin, Direttore Centro di Ginecologia presso l’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano e Presidente Fondazione Graziottin per la cura del dolore nella donna Onlus- Sembra inoltre che riconoscano il problema dolore piu’ precocemente, per una sorta di meccanismo autoprotettivo. Ciononostante, ricevono molta meno attenzione diagnostica e terapeutica, ritrovandosi cosi’ costrette a soffrire di piu’ e piu’ a lungo, con l’avanzare dell’eta’. Dopo la puberta’, malattie infiammatorie e autoimmuni raddoppiano o addirittura triplicano nel sesso femminile, per l’effetto degli ormoni sessuali sulle cellule che regolano le difese immunitarie; in particolare, la fluttuazione degli estrogeni, nel corso del ciclo mestruale, stimola la liberazione di sostanze infiammatorie nei tessuti, con aumento dell’infiammazione e del dolore ad essa correlato. Quanto piu’ la sofferenza persiste, tanto piu’ aumentano i cambiamenti nel Sistema Nervoso Centrale, per cui il dolore si fa sempre piu’ autonomo rispetto all’infiammazione e diventa malattia in se'”.

“La maggiore prevalenza al femminile del dolore cronico e’ stata interpretata come una piu’ spiccata sensibilita’ delle donne agli impulsi dolorosi, che ha in parte radici culturali ma presenta importanti basi biologiche- precisa Diego Fornasari, Professore di Farmacologia, Universita’ degli Studi di Milano- Negli ultimi anni e’ emerso che i meccanismi endogeni deputati alla modulazione e al controllo del dolore funzionerebbero in maniera differente tra maschi e femmine, secondo l’assetto ormonale: in queste ultime, avrebbero un’attivita’ ridotta, il che spiegherebbe la soglia al dolore piu’ bassa. Ma la specificita’ di genere riguarda anche la risposta alle terapie: uomini e donne assorbono, distribuiscono, metabolizzano ed eliminano i farmaci in modo diverso. Questo implica che l’efficacia o la comparsa di effetti collaterali possano presentare differenze rilevanti e gia’ sappiamo che appartenere al sesso femminile costituisce, di per se’, un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di reazioni avverse. Le donne, ad esempio, possiedono minori quantita’ di enzimi utili al metabolismo di alcuni farmaci, come gli antidepressivi o certi oppiacei: cio’ potrebbe determinare un maggior accumulo nell’organismo”.

Quali sono, allora, gli analgesici meglio tollerati dal genere femminile? “Studi clinici e di farmacosorveglianza, oltre a una lunga tradizione d’uso- prosegue Fornasari- consentono di identificare qualche molecola rivelatasi particolarmente sicura nella donna. Una di queste e’ il paracetamolo, che ha un buon profilo di safety anche in gravidanza o in post-menopausa, quando comorbidita’ e politerapie possono esporre le pazienti anziane fragili al rischio di interazioni farmacologiche. Inoltre, e’ interessante notare che nella femmina in eta’ fertile la produzione di cannabinoidi endogeni, sostanze con un’azione analgesica naturale, tende a diminuire in certe fasi del ciclo ovarico, aumentando la sensibilita’ al dolore. Avendo il paracetamolo anche un effetto modulatorio positivo sul tono endocannabinoide, si puo’ ipotizzare che questa molecola sia di aiuto alla donna, contribuendo ad alzare la soglia di tolleranza alla sensazione dolorosa”.

“Nella donna in eta’ fertile- puntualizza Graziottin- le forme di dolore piu’ comuni sono quelle correlate alla mestruazione, come ad esempio dismenorrea e dolore pelvico cronico. Il paracetamolo puo’ essere considerato un farmaco di prima linea nel trattamento della dismenorrea primaria e delle comorbidita’ associate, per le sue caratteristiche di maneggevolezza, sicurezza e minori effetti collaterali rispetto ai Fans. In gravidanza, sono lombalgia e dolore nella regione pelvica a presentarsi piu’ di frequente: e’ bene ricordare che anche nella gestante il dolore cronico non va trascurato, perche’ potrebbe essere lesivo per il feto. In questi casi, paracetamolo e’ tuttora l’analgesico considerato piu’ sicuro per la mamma e il bambino, come ribadisce l’ultimo statement della Society for Maternal-Fetal Medicine. In post-menopausa si moltiplicano invece i dolori ossei, articolari e muscolari, per via della carenza estrogenica. Una terapia ormonale su misura e’ la prima efficacissima cura antalgica, perche’ va a trattare la vera causa del problema, ma puo’ essere integrata vantaggiosamente da un analgesico ben tollerato come paracetamolo, che le Linee Guida Eular indicano come farmaco di prima scelta nel controllo del dolore artrosico”.

Ma come si curano le donne, nell’ambito dell’automedicazione? In questo senso, e’ fondamentale la figura del farmacista, al quale spesso si rivolgono per scegliere la terapia piu’ opportuna. “Le sindromi algiche sono tra le condizioni piu’ frequenti che vengono sottoposte al farmacista- rivela Eugenio Leopardi, Presidente Unione Tecnica Italiana Farmacisti (Utifar)- Un terzo dei cittadini esce dalla farmacia con un consiglio: di questi, circa il 20% e’ costituito da consulenze per la risoluzione di stati dolorosi, molto spesso richieste proprio dalle donne, che sono le maggiori consumatrici di farmaci. Non a caso, 6 volte su 10 l’analgesico viene dispensato a una paziente di sesso femminile.

Il ruolo del farmacista e’ di grande importanza per guidare la donna nella scelta consapevole del principio attivo piu’ indicato, favorendo i prodotti con un buon profilo di efficacia e safety, come paracetamolo, e chiarendo che il ricorso ai Fans va evitato se si e’ in terapia con anticoagulanti, se si soffre di gastrite o reflusso e in caso di gravidanza. Nella sua attivita’ di counselling, il farmacista deve anche mettere in guardia dai possibili rischi di un selvaggio e protratto ‘fai da te’, che potrebbe causare ritardi diagnostici, interazioni farmacologiche o danni da abuso.

In generale, comunque, il ricorso all’automedicazione per ridurre sindromi dolorose e infiammatorie lievi e transitorie si basa soprattutto sull’impiego di analgesici centrali e Fans. Come evidenziano i dati Ims sui primi 3 principi attivi senza obbligo di ricetta (Otc e Sop), nel periodo febbraio 2016 – gennaio 2017, in farmacia sono state vendute circa 26 milioni di confezioni di paracetamolo, 16,5 milioni di ibuprofene e 10 milioni di acido acetilsalicilico”. “Gli analgesici nella donna devono essere utilizzati con grande appropriatezza- conclude Fornasari- proprio a fronte della maggiore frequenza e intensita’ con cui il genere femminile e’ esposto al dolore. Soprattutto in momenti particolari della vita, e’ bene ricorrere a farmaci che la farmacoepidemiologia ha dimostrato essere sicuri. Il paracetamolo, consigliato anche nella scala dell’analgesia dell’Oms, e’ un presidio fondamentale nel trattamento del dolore nella donna. In virtu’ della sua ottima tollerabilita’, e’ spesso impiegato in formulazioni a dose fissa con altri farmaci, come antinfiammatori e oppiacei, e rappresenta un punto di riferimento nelle terapie multimodali, che utilizzano contemporaneamente piu’ analgesici per colpire i diversi meccanismi patogenetici del dolore, con un’azione sinergica che garantisce un’efficacia maggiore, a fronte di dosaggi piu’ bassi”. (Comunicati/Dire)