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Iodio: in gravidanza alla tiroide ne serve il 50% in più

Iodio: in gravidanza alla tiroide ne serve il 50% in più

Iodio: in gravidanza alla tiroide ne serve il 50% in più
| mercoledì 30 Agosto 2017

È un organo chiave per la regolarità del metabolismo e il corretto sviluppo. Ecco perché la funzione della tiroide è più delicata in gravidanza. Durante i nove mesi di gestazione la richiesta di iodio – minerale coinvolto nella sintesi di due ormoni tiroidei: il T3 e il T4 – aumenta di circa il cinquanta per cento. Di conseguenza è necessario che la quantità ingerita attraverso la dieta sia ottimale, oltre che la ghiandola efficiente.

Nelle aree caratterizzate da un insufficiente apporto di iodio, le cosiddette aree di endemia gozzigena, la gravidanza può rendere palese una condizione di ipotiroidismo: con importanti conseguenze non solo per la madre, ma anche e soprattutto per il feto. Ecco perché in gravidanza è importante saper riconoscere precocemente le donne con ridotta riserva tiroidea e mettere in atto le misure di correzione dell’ipotiroidismo materno: aumentando l’introito di iodio ed eventualmente somministrando l’ormone tiroideo.

Indicazioni per la dieta
Perché lo iodio è così importante per madre, feto e neonato? «Una carenza severa è stata associata con un aumento della prevalenza di gozzo nella madre e nel nascituro», sottolinea Andrea Giustina, ordinario di endocrinologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano durante i lavori del Congresso Cuem (clinical update in endocrinologia e metabolismo) conclusosi nei giorni scorsi nel capoluogo meneghino.

«Nelle aree di carenza da lieve a moderata, la quantità di iodio utilizzato dalla ghiandola tiroidea diminuisce gradualmente dal primo al terzo trimestre, a causa di un’aumentata escrezione renale. In gravidanza il fabbisogno di iodio aumenta dai canonici 150 microgrammi a 250 microgrammi al giorno. Lo stesso fabbisogno è richiesto dalla donna durante l’allattamento, per compensare le perdite renali e soddisfare le aumentate esigenze materne e neonatali».

Come garantirsi i quantitativi sufficienti attraverso la dieta? Tra gli alimenti che non devono mancare sulla tavola, ci sono i prodotti ittici: soprattutto molluschi e crostacei. Un buon contributo all’apporto viene anche dal latte e dai formaggi stagionati. Più modesto l’apporto di uova, cereali, carni e pollame. Tutto ciò considerando che con la cottura si perde circa il 30 per cento dello iodio. Tra i vari metodi, quelli che maggiormente tutelano il sale minerale sono la frittura e la cottura alla griglia.

Il ruolo del sale iodato
Fondamentale è inoltre l’utilizzo del sale iodato: un sale da cucina al quale viene aggiunto iodio sotto forma di ioduro o di iodato di potassio. Il prodotto è indicato anche nei bambini, per combattere la carenza iodica ed evitare i possibili deficit che ne possono derivare. Le uniche controindicazioni riguardano chi soffre di ipertiroidismo. Il sale arricchito di iodio ha lo stesso aspetto del sale per uso alimentare e non presenta odori o sapori particolari, né altera quello dei cibi a cui viene aggiunto. Ogni grammo di sale arricchito di iodio fornisce trenta microgrammi di iodio in aggiunta a quello già fornito con la dieta, una quantità che, in base alle nostre abitudini alimentari, non supera il cinquanta per cento del fabbisogno giornaliero.

Perché lo iodio è così importante?
Un normale introito di iodio e una normale funzione tiroidea rappresentano la conditio sine qua non per garantire un normale sviluppo neurologico del bambino sin dalle prime settimane di vita intra-uterina. «Livelli normali di ormoni tiroidei sono essenziali per la crescita dei neuroni, la mielinizzazione delle vie nervose e numerosi cambiamenti strutturali del cervello fetale – prosegue Giustina.
È importante ricordare che lo sviluppo neurologico fetale inizia intorno alla ottava settimana di gestazione, mentre fino alla dodicesima il feto non è in grado di produrre autonomamente gli ormoni tiroidei. Pertanto, in questa fase, lo sviluppo neurologico fetale dipende dal rifornimento di ormoni tiroidei materni».

Quando la carenza di iodio è persistente, anche la ghiandola tiroidea fetale avrà difficoltà a produrre una quantità adeguata di ormoni tiroidei e le conseguenze neurologiche possono essere anche severe configurandosi quello che in passato veniva descritto come cretinismo endemico: vale a dire il severo deficit intellettivo conseguente all’ipotiroidismo congenito associato al severo deficit di iodio. «Queste forme oggi sono per fortuna molto meno frequenti, ma studi clinici hanno suggerito che un ipotiroidismo materno-fetale anche lieve può comportare un difetto intellettivo del bambino durante l’età scolare», prosegue lo specialista.

Come comportarsi se la donna ha disturbi della tiroide prima di rimanere incinta?
Tra il 50 e l’85 per cento delle donne in trattamento per ipotiroidismo, hanno bisogno di un aggiustamento della levo-tiroxina durante la gravidanza, in modo da normalizzare i valori ormonali. Numerose ricerche hanno stabilito che sia necessario aggiustare la terapia aumentando il dosaggio quotidiano di levo-tiroxina già a partire dal sospetto della gravidanza.

La misurazione dei valori dell’ormone tireotropo (Tsh) consente di identificare le donne con ipotiroidismo e di modularne la terapia sostitutiva. Il TSH e’ l’ormone che regola la funzione tiroidea e risponde in maniera inversa alle variazioni degli ormoni tiroidei. Pertanto, un aumento del Tsh è indice di una ridotta funzione tiroidea.

Fonte La Stampa

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