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L’Italia e’ il primo mercato del gioco d’azzardo in Europa. “Fenomeno dirompente”

Un giro d”affari di oltre 80 miliardi e 800 mila giocatori patologici: e’ l’azzardo in Italia raccontato nel testo “La dea bendata. Viaggio nella societa’ dell’azzardo”. Becchetti: “Quando passiamo dal Pil al benessere, il saldo della piaga dell’azzardo diventa largamente negativo” (RED.SOC.)

la-dea-bendataROMA – Un “fenomeno socio-economico dirompente”, una sorta di “overdose” ma il rischio e’ che ci si trovi soltanto di fronte alla punta di un iceberg. E’ il gioco d’azzardo in Italia raccontato dal Quaderno della Fondazione Tertio Millennio intitolato “La dea bendata. Viaggio nella societa’ dell’azzardo” presentato nei giorni scorsi durante il Salone dell’Editoria sociale a Roma. Curato dal giornalista Marco Dari Mattiacci, con la prefazione di Leonardo Becchetti, ordinario di economia politica all’universita’ Tor Vergata di Roma, il testo e’ un dossier dettagliato sul gioco d’azzardo in Italia, su i ricavi per lo Stato e i costi non solo economici per i cittadini, individuando anche quale dovrebbe essere il ruolo delle banche per contrastare un fenomeno che colpisce in silenzio il paese intero.

Con 1.400 euro di spesa procapite annua, infatti, secondo quanto afferma il testo l’Italia e’ il primo mercato del gioco d’azzardo in Europa e il terzo mercato nel mondo. “Un giro d”affari di 84,5 miliardi-si legge nel testo -, cui si aggiungono gli altri 23 ricavati illegalmente delle mafie. Piu” del 5 per cento del Pil, praticamente la terza impresa del Paese, fiorente e in crescita, che non risente della crisi ma che, anzi, su di essa prospera”. Negli ultimi anni, poi, si e” registrata una vera e propria esplosione delle possibilita” di gioco. “In 10 anni abbiamo passivamente assistito all’occupa­zione totale del territorio italiano da parte delle macchine mangiasoldi – aggiunge il testo -. Degli 8.057 comuni italiani, ne sono rimasti soltanto 923 senza slot e stiamo parlando di comuni con una media di 561 abitanti (il piu’ grosso di questi comuni ne ha 3.856)”. Un giro d’affari, quello italiano, che anche nel panorama mondiale fa parlare di se”.

L’ammontare del giocato mondiale ogni anno e’ di circa 380 miliardi, spiega il testo, e di questa “cifra spropositata l’incasso dell’industria del gioco italiana rappresenta piu’ del 22 per cento. Piu’ di 475 mila le macchine per il gioco d’azzar­do distribuite lungo la penisola, di cui oltre 50 mila videolottery, 2 mila concessionari, 5 mila gestori, 13,6 mila punti au­torizzati per le scommesse e per il gioco online, 15 milioni di giocatori abituali. L’Italia e’ quindi uno dei mercati (se non il mercato) piu’ importanti a livello globale”.

2931388574_5bb43324e1_z-600x400Ma quanto ci guadagna lo Stato? Secondo quanto riportato nel Quaderno, ogni anno circa 8 miliardi di euro netti entrano nelle casse dello Stato grazie ai giochi. “Una gran quantita’ di denaro a prima vista – si legge nel testo -, ma non cosi’ grande, se paragonata al giro d’affari, che nel 2014 e’ stato di 84,5 miliardi, ancor meno se si tiene conto del fatto che i costi sociali delle patologie derivanti dal gioco vengono stimati in 5-6 miliardi di euro (tra costi sanitari e crollo della capacita’ lavorativa)”. L’analisi dei trend degli ultimi dieci anni, inoltre, mette in discussione la convenienza pubblica nella gestione di questo settore. “Prendiamo il 2011 – spiega il testo -: nell’anno in cui l’Italia subiva la durissima manovra economica del governo Monti, l’incasso dei giochi sfiorava gli 80 miliardi di euro, segnando una crescita di quasi il 30 per cento sull’anno precedente. Le entrate erariali, tuttavia, rimanevano pressoche’ stabili”.

Sul piatto dei costi del gioco d’azzardo per l’intera societa’, pero’, occorre mettere prima di tutto il gioco patologico che conta gia’ “800 mila persone colpite e circa 2 milioni di soggetti a rischio soltanto in Italia, praticamente 1 persona su 25, considerando i maggiorenni.

Una vera e propria piaga sociale”, aggiunge il testo. “La principale giustificazione addotta dallo Stato per il suo atteggiamento debole ed accondiscendente verso l’azzardo – scrive Becchetti nella prefazione – e’ che il settore contribuisce significativamente alle entrate del Paese . Lo Stato ha guadagnato, nel 2014, 7.9 miliardi di tasse dal gioco (di cui 4,3 da videolotterie e slot machine). E ne paga qualche miliardo per curare i danni dell’azzardo patologico (800 mila persone tra cui il 5,6 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni)”. Per Becchetti, pero’, “nel valutare la piaga del gioco d’azzardo, non possiamo accettare un approccio riduzionista nella definizione di cosa sia il valore per l’economia e per la societa”.

Il paradigma dell”economia civile ricorda sempre che il valore non e’ il Pil ma e’ lo stock dei beni spirituali, relazionali, culturali, economici di cui una comunita’ puo’ godere sul territorio. Da questo punto di vista il saldo della piaga dell’azzardo, quando passiamo dal Pil al benessere o al senso e alla soddisfazione di vita, diventa largamente negativo. Quello di cui abbiamo bisogno e’ un”accurata valutazione costi-benefici, prima in termini strettamente economici (entrate fiscali) e poi in termini di benessere del “contributo” dell”azzardo per smontare la presunzione della sua indispensabilita’ per la nostra felicita’”. (www.redattoresociale.it)