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A chi va in Russia per i mondiali si raccomandano vaccinazioni contro morbillo, parotite e rosolia

La Nazionale di Roberto Mancini non ci sarà, per cui in prima battuta il consiglio potrebbe sembrare non tarato sugli italiani. Ma siccome le malattie infettive non colpiscono sulla base del tifo sportivo, vale la pena di ascoltare alla lettera il consiglio diffuso alla vigilia dei Mondiali in programma in Russia dal 14 giugno al 15 luglio.

«Tutti coloro che partiranno per seguire il torneo devono assicurarsi di essere al passo con tutte le vaccinazioni in particolare quella contro il morbillo, la parotite e la rosolia», ha avvisato l’Organizzazione Mondiale della Sanità con una nota in cui è stato ribadito come «l’aumento dei viaggi internazionali rappresenti un’occasione in cui aumenta il rischio di trasmissione di malattie infettive».

La Russia (oltre 600 casi da gennaio), al pari dell’Ucraina e dell’Italia, è uno dei Paesi in cui ormai è in corso un’epidemia di morbillo. Il rischio è quello di contrarre l’infezione e di vedere aumentare i casi di importazione che potrebbero riguardare gli italiani non adeguatamente vaccinati che entreranno in contatto con chi sarà rientrato dall’Est Europa.

Vaccinazione o immunoprofilassi?

Si prevede che circa un milione di persone provenienti da tutto il mondo si recherà in Russia per seguire i Mondiali di calcio, a cui non prenderà parte l’Italia. Dei 32 paesi che parteciperanno alla Coppa del Mondo, 28 hanno già segnalato casi di morbillo nel 2018.

In particolare undici nazioni hanno segnalato, messe assieme, 1194 casi. In cima alla lista c’è il Venezuela (904 casi), seguito dal Brasile (173), dagli Stati Uniti (63), dalla Colombia (25), dal Canada (11), dall’Ecuador (7), dal Messico (4), dall’Argentina (3), dal Perù (2) e da Antigua (1). La vaccinazione trivalente andrebbe effettuata o richiamata almeno 15 giorni prima di partire.

Diversamente potrebbe essere più efficace l’immunoprofilassi passiva, consistente nell’iniezione delle immunoglobuline umane, contenenti anche anticorpi anti-morbillo e in grado di prevenire la malattia o modificarne il decorso clinico, se somministrate entro sei giorni dal contatto. Pertanto, nei casi in cui non sia possibile procedere con la vaccinazione, le immunoglobuline devono essere somministrate il prima possibile: preferibilmente entro le 72 ore e comunque non oltre i sei giorni dall’esposizione.

Preoccupa la situazione dell’Ucraina

Nel 2017 in Europa il morbillo ha provocato trenta vittime e ha colpito complessivamente 14451 persone: circa il 400 per cento in più rispetto all’anno precedente. E la situazione non è migliorata nell’anno in corso, se il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc) fa sapere che in Romania sono già stati rilevati 2712 casi, in Francia 2173, in Grecia 1948 e in Italia 805. Focolai di morbillo sono in corso pure in Gran Bretagna, Albania, Georgia, Serbia e Turchia. La maggior parte dei casi è stata registrata in persone con più di quindici anni, a conferma della necessità di dover controllare lo stato vaccinale degli adulti.

Quanto allo scenario dei Mondiali, preoccupa la situazione dell’Ucraina: già quindicimila i casi riportati nel 2018 (nove decessi). «L’unico vero strumento capace di proteggerci è il vaccino – chiosa Massimo Andreoni, ordinario di malattie infettive all’Università di Roma Tor Vergata -. La diffusione dello scorso anno e l’aumento di mortalità deve far riflettere sull’importanza che assume la profilassi. La causa principale dell’esplosione del morbillo, infatti, è proprio l’alto numero di persone non protette che permette una più ampia circolazione del virus. Più le persone non si vaccinano, maggiore è il rischio di registrare un aumento dei casi».

Fonte La Stampa