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2 Agosto. Il dolore senza tempo

Oggi sono smontata dal turno di notte, appena uscita dal lavoro mi sono resa conto che stava piovigginando e il tempo rifletteva in un certo modo il mio stato d’animo.

Oggi è il 2 agosto.

Francesco Guccini nella sua canzone intitolata Bologna canta “Bologna è una donna emiliana di zigomo forte, Bologna capace d’amore, capace di morte, che sa quel che conta e che vale, che sa dov’è il sugo del sale, che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita…”.

Oggi a Bologna è una giornata impressa nella memoria.

Nei miei ricordi d’infanzia ci sono mille aneddoti vissuti con i nonni, andare in centro per me era sempre un motivo di felicità perché la nonna mi portava a visitare tantissimi vicoli, mi spiegava i palazzi di Bologna, le torri, e il venerdì mi portava al mercato in piazzola.

Il 2 agosto di ogni anno mia nonna mi portava in stazione, mi teneva per mano e me la stringeva portandomi davanti alla lastra di marmo dove tuttora sono incisi i nomi e le età delle vittime della strage del 2 agosto 1980.

Ogni anno portavamo un fiore e lo lasciavamo in memoria di tutte le vittime.

Di tutti i nomi incisi in quella lapide commemorativa mi è sempre rimasto impresso il nome di Angela Fresu chi aveva solo tre anni, non perché tutte le altre vittime fossero meno importanti, ma probabilmente perché fin da bambina mi ero resa conto che anche da bambini si può morire.

Gli anni sono passati e anche alla maturità la mia tesina fu improntata sugli anni di piombo, dalla strage di piazza Fontana all’attacco al treno Italicus fino alla strage di Bologna.

Pur non avendo vissuto come diretta interessata poiché nacqui due anni dopo ho sempre vissuto I racconti di mia mamma che, lavorando in tribunale, visse molti processi e lavorò con vari esponenti delle forze dell’ordine e magistrati che si occuparono anche della strage di Bologna.

Sono passati 39 anni.

Oggi Angela Fresu avrebbe 42 anni, forse avrebbe una famiglia e forse avrebbe dei figli..

Nonostante tutto questo tempo non è stata resa giustizia alle vittime e ai loro familiari.

C’è un silenzio assordante il 2 agosto alla stazione di Bologna, nonostante il traffico sui viali, nonostante i treni che arrivano e partono, nonostante l’andirivieni di gente che transita in stazione.

Nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione il monumento alle vittime della strage è imponente, è ancora lì a ricordarci quella valigetta con 23 chili di esplosivo, posizionata a circa 50 cm d’altezza su un tavolino porta bagagli sotto il muro portante dell’ala Ovest della stazione.

L’esplosione fu imponente, studiata per creare il maggior danno possibile, l’onda d’urto insieme ai detriti causati dallo scoppio investì anche il treno Adria express 13.534 che sostava sul primo binario, vennero distrutti 30 m di pensilina e il parcheggio dei taxi antistante la stazione.

85 morti.

200 feriti.

I primi soccorsi vennero prestati da molti cittadini e degli stessi viaggiatori presenti, usciti miracolosamente incolumi da quell’inferno; vennero estratte persone dalle macerie, la corsia destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna (dove si trova la stazione) fu riservata alle ambulanze dai mezzi di soccorso.

Come mezzi di soccorso, non essendo sufficienti le ambulanze visto il gran numero di feriti, vennero utilizzati taxi, auto private, autobus; in particolar modo l’autobus simbolo della strage di Bologna fu il numero 37.

La strage di Bologna segna la nascita del sistema di emergenza 118 che proprio grazie a questo evento drammatico, ha saputo trarre insegnamento per migliorare il sistema dei soccorsi nell’ambito extra ospedaliero.

Quel giorno pur di prestare soccorso e cure alle vittime, medici, Infermieri, forze dell’ordine, Pompieri fecero ritorno dalle ferie e dal giorno di riposo; i reparti degli ospedali chiusi per le festività estive vennero riaperti per consentire il ricovero di tutti i pazienti.

Se prima negli anni 70 il soccorso extra ospedaliero aveva come riferimento vari numeri telefonici appartenenti alla Croce Rossa e a varie croci private, con l’attacco terroristico del 1974 al treno Italicus si evidenzia la problematica della centralizzazione delle chiamate delle ambulanze poiché il convoglio, fermo a San Benedetto Val di Sambro, viene soccorso quasi esclusivamente dai mezzi di soccorso della Toscana.

Nel 1978 avviene il deragliamento di un treno a Murazze di Vado, il CePIS (nato negli anni 60 con lo scopo di avere un servizio di trasporto tra gli ospedali efficiente, in grado di mobilitare I pazienti tra i vari poli ospedalieri) organizza lo smistamento dei feriti all’ospedale maggiore mettendo in evidenza un’organizzazione che diventa riferimento in una situazione di emergenza sanitaria.

Tra la fine del 1979 e la metà degli anni 80 la direzione organizzativa del CePIS viene affidata a un infermiere, Marco Vigna, che in collaborazione con il dottor Nardozzi della direzione sanitaria dell’Ospedale maggiore mise in atto una vera rivoluzione culturale organizzativa.

Verranno istituite convenzioni con le realtà territoriali quali pubbliche assistenze, cooperative e Croce Rossa per effettuare trasporti.

Proprio in quell’ambito vengono definite le strategie che consentiranno ristabilire l’effettiva messa in funzione di una centrale operativa unificata.

Alle 10.25 del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna c’è l’inferno, ci sono morti, ci sono feriti, ci sono corpi sotto le macerie, non c’è nemmeno il tempo di piangere, ci si rimbocca le maniche e si presta soccorso.

Grazie alla consolidata abitudine a lavorare insieme all’interno del CePIS e all’autorevolezza che questa organizzazione si è conquistata fanno sì che tutte le ambulanze cittadine, gli ospedali e gli eventi di soccorso si rapportino con essa.

Grazie a questa tragedia negli anni 90 verrà per la prima volta istituito il numero unico 118, forte dell’esperienza maturata negli anni dal CePIS nella gestione dei soccorsi.

Per me Bologna resterà sempre “una vecchia signora dai fianchi un po’ molli”, una di quelle donne che come le nonne sanno curare le ferite, ti cullano stringendoti al petto ricordando le sue vittime.

Ogni volta che andate a Bologna e vedete un’ambulanza ricordatevi della stazione.

Ogni volta che andata Bologna e vedete un autobus ricordatevi della stazione.

Ogni volta che andate a Bologna e vedete un cittadino qualsiasi ricordatevi della stazione.

Ogni volta che andata Bologna e vedete le forze dell’ordine e i pompieri ricordatevi della stazione.

Ogni volta che siete in ospedale a Bologna e vedete un medico e un infermiere ricordatevi delle vittime della strage di Bologna.

Ogni anno il 2 agosto in casa mia c’è sempre un fiore e una lacrima per tutte quelle vittime, ogni volta che mi capita di andare in stazione c’è sempre una carezza per Angela Fresu.

Sono passati 39 anni, il dolore dei familiari e la loro richiesta di giustizia sono rimasti in esauriti dalle 10.25 del 2 agosto 1980.

di Laura Berti

Foto di Paolo Ferrari tratte dalla mostra fotografica”La memoria del soccorso” dell’Opi di Bologna in collaborazione con l’Ausl di Bologna.

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Presentazione mostra 2 agosto-21