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A Bologna la VIII Conferenza nazionale delle politiche della professione

A Bologna la VIII Conferenza nazionale delle politiche della professione

A Bologna la VIII Conferenza nazionale delle politiche della professione
| martedì 19 Gennaio 2016

Dirigenza infermieristica: come stare dentro il sistema? La domanda della presidente Ipasvi Barbara Mangiacavalli che martedi 19 Gennaio ha aperto a Bologna la giornata su “La mappa di un percorso.  La dirigenza infermieristica gestionale e professionale: focus sullo stato dell’arte e prospettive di sviluppo”, ha avuto risposte chiare.

“Riteniamo strategico, per la dirigenza infermieristica e per tutta la categoria professionale che questa Federazione rappresenta – ha detto Mangiacavalli –  avere un quadro completo, reale ed esaustivo dei possibili sbocchi, come anche delle eventuali limitazioni che possono presentarsi a questo futuro sviluppo. Gli infermieri dirigenti puntano, grazie alla loro sempre maggiore qualificazione professionale, a contribuire a disegnare una riorganizzazione delle strutture e di appropriatezza non solo delle prestazioni, ma anche dei percorsi di cura e dei modelli organizzativi. E per farlo c’è bisogno di attivare un confronto sugli ambiti in cui l’azione può essere svolta. Infatti – conclude la presidente Ipasvi – oltre alla questione ‘normativo-regolamentare’ c’è anche la questione del significato e dell’opportunità di avere un livello manageriale e di governo delle risorse assistenziali nei nostri sistemi complessi: quali risultati assistenziali, organizzativi, di sistema, realizza la dirigenza infermieristica? Quali sono gli elementi di forza e di valore che la presenza dell’infermiere dirigente dà al sistema salute?”.

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A dare risposte  sono stati esponenti di spicco accademici, della Pubblica amministrazione, delle Regioni, del Governo e della professione.

 

La legge Madia di riforma della Pubblica amministrazione deve rivedere i modelli, ha sottolineato Carlo Mochi Sismondi, presidente Forum Pa, non per lasciare tutto come è ora, ma per rivoluzionare la visione e il ruolo della Pa che deve essere soprattutto agile, nel senso di dare un po’ meno attenzione all’efficienza e un più all’efficacia, rispondendo alla necessità di semplificazione che i cittadini richiedono. E a proposito di dirigenza, sottolinea Mochi Sismondi, vanno rivisti i termini del concetto di dirigenza che deve essere analoga a quella che l’Ocse riconosce e non con le anomalie italiane in cui intere categorie sono definite tali, ma dirigenti non sono.

 

Per gli infermieri il concetto di dirigenza parte da lontano, ha spiegato la senatrice Annalisa Silvestro, membro del Comitato centrale Ipasvi. Ma il suo punto di arrivo, ha sottolineato, deve essere quello che va oltre il concetto di gestione e rende applicabile alla clinica e all’assistenza le capacità della categoria. A partire dalle nuove competenze che devono svilupparsi lungo i due assi – manageriale e clinico, appunto – perché nel lavoro pubblico ciò che conta realmente è la qualità della prestazione professionale e quella degli infermieri deve essere ed è a tutto tondo. Silvestro  a sollecitato gli infermieri a manifestarsi in maniera sempre più incisiva nel sistema, cercando anche il confronto con il legislatore “per fare in modo che impostazioni legislative tengano conto delle esigenze rappresentate dalla comunità”. Un atteggiamento che però, ha evidenziato Silvestro, non va confuso con la difesa dell’esistente: “A volte si pensa che chiudersi in se stessi e nell’esistente rappresenti un modo per mettersi al riparo dalle criticità, ma è proprio restando chiusi e immobili in uno spazio delimitato che si rischia di fare la fine del topo”. La senatrice ha quindi sollecitato gli infermieri ad essere sempre più “aperti, sensibili e permeabili al cambiamento”. Cambiamento che, ha evidenziato Silvestro, “è richiesto con forza dal contesto sociale, economico e culturale, ma anche dalla domanda di salute dei cittadini”.

 

Federico Lega, professore associato dell’Università Bocconi, ha confermato il ruolo crescente dell’infermiere, descrivendone una responsabilità trasversale e multidisciplinare, inserendolo nel ciclo strategico delle aziende e trasformandolo nella “quarta gamba” della responsabilità aziendale. Secondo Lega, infatti, la professione di infermiere è quella che di più conosce cosa fare per i servizi alla persona. E in questo i professionisti non si devono limitare ad agire secondo indicazioni altrui, ha detto, ma presentare idee e proposte, con maggiore responsabilità e titolarità, nella consapevolezza di essere obbligati a fare bene. Gli assi di sviluppo della professione, secondo Lega, sono quattro: 1) la specializzazione come progressiva padronanza di specifici saperi e tecniche (parti del dominio infermieristico) più evidente nel cure, maggiori difficoltà nel care implica comunque una responsabilità nei confronti di colleghi; 2) l’innalzamento come funzione di supervisione e coordinamento che, pur allontanando dal “fronte operativo”, rimane espressione di una solida competenza professionale (il dominio infermieristico); 3) l’allargamento come conduzione di team multiprofessionali (assunzione di responsabilità su risultati complessi) sulla base di competenze professionali ampie (oltre il dominio infermieristico); 4) l’arricchimento, come partecipazione a pieno titolo alla Direzione Strategica delle aziende sanitarie (e dei sistemi sanitari regionali)

Per rendere reali queste novità però ci sono ostacoli da superare.

Il primo è la revisione di una legislazione complessa che, ha spiegato Grazia Corbello, dirigente alla direzione generale delle risorse umane e delle professioni del ministero della Salute, ha realizzato norme che innescano forme di dirigenza quasi in contrasto tra loro e che dovrebbero essere rese trasparenti e uniformi per consentire di sapere di chi si parla e cosa fa rispetto al Servizio sanitario nazionale La revisione dei contratti, ha sottolineato Corbello potrebbe, anzi dovrebbe, essere l’occasione per chiarire le situazioni e dare certezze. Il ministero della Salute, ha aggiunto sta lavorando sul monitoraggio dell’applicazione delle norme nei diversi sistemi regionali anche per gli incarichi di struttura complessa. E sta eseguendo un focus sulle disposizioni normative e contrattuali lacunose o da coordinare e approfondimenti per l’elaborazione di proposte di revisione della disciplina concorsuale “anche al fine di valorizzare i titoli di studio, formativi e di carriera”.

Quello dei contratti, tuttavia,  non è un settore facile.

Sergio Gasparrini, presidente dell’Aran, parla chiaro: per rinnovarli e per sedersi a un tavolo valido servono risorse che non ci sono. Gasparrini ha detto chiaramente che i 300 milioni stanziati dal Governo servono a coprire lo 0,25% di un rinnovo che per raggiungere aumenti del 2,5% dovrebbe prevedere almeno 2-3 miliardi di disponibilità economiche. Così le condizioni per una trattativa economica non ci sono e il presidente dell’Aran ha spiegato di averlo ben chiarito al Governo. L’altro scoglio per l’apertura dei tavoli è la revisione delle aree contrattuali che, secondo Gasparrini, va assolutamente conclusa prima dell’avio della trattativa, prevedendone anche una specifica per la sanità. Gasparrini ha concluso che per il contratto saranno essenziali quattro presupposti spesso dimenticatoi o fraintesi: partecipazione, relazioni sindacali, comunicazione e confronto. Solo così, secondo il presidente Aran, sarà possibile rivedere ruoli e competenze, definendo il vero assetto della componente essenziale della sanità: le risorse umane

Massimo Garvagalia, assessore al Bilancio della Regione Lombardia e presidente del Comitato di settore Regioni-Ssn ha sottolineato in questo senso che se è vero che non c’è copertura per i contratti, per ottenere risultati tangibili nella riforma della Pa e nel nuovo modello di Servizio sanitario nazionale che si vuole disegnare, è necessario capire chi c’è che ci lavora e cosa fa – e anche in questo senso andrà il monitoraggio richiesto alle Regioni da effettuare nei primi mesi 2016 sulle piante organiche -, infermieri compresi che stanno assumendo, anche per la nuova demografia della popolazione, un ruolo e una posizione sempre più di primo piano.

Secondo Garavaglia il nuovo contratto, pur con risorse ridotte, potrà anche rappresentare un’opportunità per trovare “soluzioni utili alla sostenibilità del sistema”. Per Garavaglia, il primo passo è quello di “fare una fotografia del sistema” per capire “chi c’è che ci lavoro e cosa fa”, quindi “mettere a regime quelle sperimentazioni già avviate in alcune regioni con buoni risultati”.

 

Perché, ha sottolineato il presidente del Comitato di Settore delle Regioni, “occorre capire che non è vero che ci sono 21 sistemi sanitari diversi, ma semplicemente c’è chi si è mosso più di altri e per questo consentire a tutti di raggiungere lo stesso livello, soprattutto nella responsabilizzazione delle professioni”. Anche in questa direzione, ha spiegato Garavaglia, andrà il monitoraggio richiesto alle Regioni da effettuare nei primi mesi 2016 sulle piante organiche -, infermieri compresi che, secondo il presidente del Comitato di Settore, stanno assumendo, anche per la nuova demografia della popolazione, un ruolo e una posizione sempre più di primo piano. Ma il ruolo del personale sarà essenziale anche per un altro aspetto, secondo Garavaglia.

“Razionalizzazione”, ha sottolineato Garavaglia, secondo il quale in sanità “non è giusto parlare di sprechi. Ci sono, però, aree in cui l’uso delle risorse può essere migliorato”. Ma “non esiste la bacchetta magica”, ha messo in guardia Garavaglia spiegando che le centrali uniche di acquisto hanno permesso, in Lombardia, risparmi non oltre i 600/700 milioni, “ma siamo lontani dai 3 miliardi di risparmi ipotizzati da qualcuno”.

Il modello che Garavaglia ha descritto e che dovrebbe essere la guida per i nuovi contratti segue in questo senso un percorso in cinque tappe: 1) fotografare ciò che è stato fatto finora, con un focus particolare sulle esperienze locali; 2) capire che non ci sono 21 sistemi sanitari diversi, ma semplicemente chi si è mosso più di altri e per questo consentire a tutti di raggiungere lo stesso livello, soprattutto nella responsabilizzazione delle professioni; 3) rivede gli attuali ruoli standard del personale perché alcuni non hanno più ragione d’essere; 4) aprire all’integrazione  sociosanitaria, cosa che la Lombardia ha fatto proprio con l’infermiere di famiglia e affidando il ruolo di direttore sociosanitario anche a questi professionisti; 5) responsabilizzare il personale sui risparmi e non sui tagli.

 

Gasparrini ha concluso che per il contratto saranno essenziali quattro presupposti spesso dimenticatoi o fraintesi: partecipazione, relazioni sindacali, comunicazione e confronto. Solo così, secondo il presidente Aran, sarà possibile rivedere ruoli e competenze, definendo il vero assetto della componente essenziale della sanità: le risorse umane.

“Basterebbe la capacità che avete di stare accanto alle persone, che il tecnicismo non dà, per rendere indiscussa la vostra leadership”. Così Francesco Bevere, direttore generale dell’Agenas, ha sottolineato all’VIII conferenza  di Bologna il nuovo ruolo che gli infermieri devono assumere nel Servizio sanitario nazionale, sia alla luce della formazione che il protocollo Agenas-Ipasvi sta percorrendo, sia nell’ottica di un miglioramento del sistema, della ricerca di un “reputazione” del professionista che supera anche la qualifica e il ruolo.

“Abbiamo bisogno di fare un passo avanti – ha detto Bevere – soprattutto in un momento in cui si guarda e si parla di innovazione tecnologica, farmaceutica, clinica. Gli infermieri sono professionisti che ‘guidano’, siete la futura leadership proprio per la caratteristica che la professione infermieristica integrata ha”.

Oggi, secondo Bevere, si cercano percorsi migliori, ma con vecchi sistemi. “Dobbiamo imparare a scegliere strade più difficili: quando si vuole cambiare qualcosa è sempre problematico perché non a tutti piace. Il percorso manageriale disegnato col protocollo Agenas-Ipasvi ha obiettivi diversi dal fornire al singolo partecipante un semplice diploma. Dobbiamo abbattere queste strade vecchie con concetti nuovi, con i fatti. Dobbiamo sperimentare un modello innovativo e, se vogliamo progredire, realizzare un cambiamento radicale dell’organizzazione del sistema,  fatta di persone. Si deve fare lo scatto necessario, trovare nuova linfa ed emergere. Gli infermieri in questo sono trainanti, tutto ruota introno alla vostra figura, piaccia o non piaccia. Il sistema reggerà, sarà sostenibile – ha proseguito Bevere – se ci sarà un cambiamento radicale dell’organizzazione. Non potete e non dovete restare spettatori e, al di là e al di sopra dei percorsi di studio, dovete essere protagonisti del cambiamento di cui siete parte. Agenas coinvolgerà gli infermieri con l’obiettivo di capire come si può migliorare il lavoro. E nel futuro vincerà non il singolo, ma il team che riuscirà meglio a difendere l’integrità e il valore della persona umana. La caratteristica a voi più congeniale”.

Per quanto riguarda le esperienze di direzione degli infermieri, secondo Edoardo Manzoni, direttore generale dell’Istituto Palazzolo di Bergamo, è “difficile fare programmazione in sanità, in un contesto così complesso. Ma soprattutto c’è da dire che nel nostro Paese, nelle nostre Regioni, cambiano troppo spesso le regole del gioco, leggi e regolamenti, per intenderci. Una sola certezza: i vecchi modelli organizzativi non stanno più in piedi, non sono più al passo con i tempi”. Siamo sepolti dall’oggi, sottraendo tempo al domani”.

Per Manzoni direttore generale pubblico e privato non possono essere la stessa cosa finché il privato non sarà responsabilizzato allo stesso livello del pubblico. “Per gestire bene la sanità – ha aggiunto – si deve fare quanto serve con quello che serve veramente, guardare più fuori che dentro, favorire alleanze, sinergie con associazioni, università e con tutti coloro i quali lavorano nel e per l’universo della salute”.

L’impegno di direttore sociosanitario delle aziende, ha spiegato  Flavio Paoletti, coordinatore sociosanitario dell’azienda per l’assistenza sanitaria n. 1 Triestina, è di essere responsabile dello svolgimento di attività di programmazione e di indirizzo delle attività sociosanitarie, esercitando funzioni di promozione, raccordo e relazione nelle medesime materie, nonché di vigilanza e controllo tramite i Distretti delle funzioni di cui al comma 1.

In particolare, fornisce linee guida sulle materie ad alta integrazione sociosanitaria alle Strutture operative aziendali, ai fini di assicurare un’omogenea impostazione strategica delle attività sociosanitarie nei Piani attuativo locale (PAL), nei Programmi delle attività territoriali (PAT) e nei Piani di zona (PDZ) e verifica le attività sociosanitarie tramite i distretti.  In Friuli, il coordinatore sociosanitario cioè il direttore sosciosanitario nelle altre Regioni) si avvale di un coordinamento sociosanitario in grado di assicurare:

– indirizzo ai Distretti dell’Azienda ai fini di una omogenea impostazione delle attività sociosanitarie ed ai fini dell’integrazione dei distretti con le altre strutture operative aziendali

– promozione, programmazione, indirizzo delle attività dei Piani di zona (PDZ) e dei Programmi attuativi annuali (PAA), nonché dei processi e delle attività socio sanitarie integrate del Piano delle attività territoriali (PAT), anche al fine di assicurare il supporto ai Direttori di distretto ed ai Responsabili del servizio sociale dei comuni per una omogenea impostazione strategica dei PAT/PDZ;

– orientamento della governance delle reti solidali di comunità finalizzandola a favorire lo sviluppo di una nuova presa in carico comunitaria, della promozione di un welfare di prossimità;

– coordinamento delle strategie e degli strumenti orientati all’integrazione e all’inserimento lavorativo fra i Servizi di salute mentale e delle dipendenze e il Servizio di inserimento lavorativo (SIL);

– gestione dei Servizi per la disabilità (insieme delle strutture diurne e residenziali), ove delegati;

– direzione dei Servizi sociali dei Comuni, ove delegati.

Sul territorio invece, come ha illustrato Fabia Franchi, direttore del distretto Casalecchio di Reno dell’Ausl di Bologna, il responsabile del distretto, che lavora in staff diretto col direttore generale, realizza le indicazioni della direzione aziendale

•Gestisce le risorse assegnate al distretto in modo da garantire

a)Accesso della popolazione alle strutture e ai servizi

b)Integrazione tra servizi e continuità assistenziale

•Supporta la direzione generale nei rapporti con i sindaci del distretto Il direttore di distretto si avvale di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali (Ufficio di Direzione Distrettuale).

I suoi obiettivi sono di assicurare la predisposizone del profilo di salute della popolazione di riferimento;

  • assicurare la gestione del FRNA nel territorio di riferimento e la integrazione sociosanitaria
  • assicurare il collegamento con gli organismi degli Enti Locali del territorio di riferimento
  • assicurare la funzione di garanzia al cittadino secondo i meccanismi previsti
  • assicurare il funzionamento degli organismi di partecipazione locale
  • oltre gli obiettivi specifici annuali assegnati nell’ambito del processo di negoziazione di budget e del processo della retribuzione di risultato
  • elaborare annualmente un documento di lettura dei bisogni sanitari e socio-sanitari della popolazione di riferimento
  • collaborare con la Direzione Aziendale nella funzione di committenza ai provider pubblici e privati, declinandola nei riguardi della popolazione di riferimento
  • assicurare lo sviluppo delle Case della Salute, coinvolgendo i Dipartimenti di produzione territoriali ed ospedalieri.

 

Fonte: FNC IPASVI

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