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A Pisa il primo trapianto di fegato ‘a caldo’

A Pisa il primo trapianto di fegato ‘a caldo’

A Pisa il primo trapianto di fegato ‘a caldo’
| venerdì 18 Marzo 2016

Un rivoluzionario programma di trapianto di fegato ha preso il via nell’unità operativa di chirurgia epatica e del trapianto di fegato dell’Azienda ospedaliero universitaria Pisana (Aoup) diretta dal professor Franco Filipponi, in cui l’organo destinato al trapianto viene conservato all’interno di una macchina e perfuso con sangue a 37°C, mantenendolo perfettamente vitale alla temperatura fisiologica di 37°C, esattamente come fosse nel corpo umano, prima dell’impianto nel ricevente. L’innovativa tecnica è stata introdotta dai chirurghi Davide Ghinolfi e Daniele Pezzati che, grazie alla collaborazione dei dottori Emanuele Balzano, Laura Coletti e Paolo De Simone, alcune settimane fa hanno eseguito con successo l’intervento, il primo mai fatto in Italia.

“Notizie come questa mi riempiono di soddisfazione- è il commento, in una nota, dell’assessore regionale al Diritto alla Salute, Stefania Saccardi-. E per fortuna ne arrivano molte dai nostri ospedali e dai nostri centri di eccellenza. Questo significa che la sanità toscana è in grado non solo di curare e assistere bene i suoi cittadini, ma anche di sperimentare tecniche innovative, come quella attuata a Pisa, che migliorano sempre le performance e ottengono risultati sempre più soddisfacenti. Mi congratulo con l’équipe del professor Filipponi e con tutti i professionisti che con impegno e dedizione hanno reso possibile questo intervento. È di due mesi fa la notizia che il Centro trapianti di fegato dell’Aou pisana è al vertice della classifica nazionale per numero di trapianti. Alla quantità si accompagna un’altissima qualità”.

Nella comune pratica clinica l’organo, nel periodo che va dal prelievo nel donatore al successivo impianto nel ricevente, viene conservato in ghiaccio ad una temperatura variabile tra gli 0 e i 4°C. Questo tipo di conservazione, pur avendo il vantaggio di rallentare il metabolismo, non protegge l’organo da danni che sono tanto maggiori quanto più prolungato è il tempo trascorso in questo ambiente non fisiologico. In questo caso invece, il fegato, dopo essere stato prelevato dal donatore e trasportato a Pisa, è stato alloggiato nella macchina che lo ha mantenuto perfettamente vascolarizzato con sangue umano ossigenato e ricco di componenti nutritive. Durante questo periodo ne sono stati monitorati i parametri funzionali e le capacità metaboliche. Il decorso post-operatorio del paziente è stato regolare.

Fonte: DIRE (www.dire.it)

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