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Attenzione al pesce che mangiate: come evitare le intossicazioni

Attenzione al pesce che mangiate: come evitare le intossicazioni

Attenzione al pesce che mangiate: come evitare le intossicazioni
| lunedì 8 Agosto 2016

Cosa c’è di più bello di una saporita cenetta a base di pesce con vista sul mare? Se il pesce, però, non è correttamente conservato prima di essere cucinato il rischio per i consumatori è quello di rimanere vittime di una intossicazione da istamina o sindrome sgombroide.

Tutta colpa dell’istamina

Se il pesce viene mal conservato o tenuto a temperatura ambiente per troppo tempo il rischio è che, suo malgrado, si arricchisca di istamina, una sostanza che non è mai presente al momento della pesca, ma che viene a formarsi a partire dall’istidina, un aminoacido molto abbondante negli sgombri e in tutti i pesci della famiglia quali tonno, tonno a pinne gialle, sardine, acciughe e aringhe.

L’istamina, quindi, viene a prodursi dopo la morte del pesce e tale trasformazione può verificarsi in ogni fase della filiera alimentare ovvero subito dopo la pesca, nei processi di trasformazione, nella ristorazione, ma anche nelle abitazioni private. «L’istamina e le altre sostanze vasoattive si formano per ildeterioramento di batteri presenti sulla cute dei pesci e ciò può avvenire in diverse fasi della filiera alimentare se non viene mantenuta la giusta temperatura» spiega il dottor Antonino Musarra, Presidente designato AAIITO Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri.

Quando è davvero intossicazione?

Il pesce mal conservato che si arricchisce di istamina non perde le sue caratteristiche organolettiche, non puzza e non è cattivo di sapore quando mangiato, quindi sospettare un’intossicazione al primo boccone è molto difficile. «Dato che la formazione di istamina in eccesso è causata essenzialmente da un inquinamento microbiologico e da temperature di conservazione inadeguate soprattutto in estate è essenziale cercare, per quanto possibile, di prevenire il verificarsi di queste due condizioni. Quindi oltre ad un controllo su provenienza e metodi di conservazione del prodotto è necessario, se consumato a casa, cercare di mantenere inalterata la catena del freddo» chiarisce il dottor Musarra.

La sintomatologia dell’intossicazione da istamina può comparire anche quando si consumano altri alimenti ricchi di istamina come spiega ancora il dottor Musarra: «Poiché i microrganismi coinvolti sono comunemente presenti nell’ambiente, possono favorire l’aumento delle ammine biogene (istamina ed altre) anche in altri cibi rapidamente deperibili e ricchi di particolari aminoacidi quali carni, salumi, latticini, succhi di frutta e vino. L’istamina, una volta prodotta attraverso questi processi, rimane inalterata nell’alimento qualunque sia il trattamento a cui l’alimento stesso viene sottoposto».

Come si manifesta l’intossicazione

La sintomatologia dell’intossicazione da istamina è a insorgenza rapida (entro 30 minuti dall’assunzione dell’alimento) e si caratterizza per la comparsa di nausea, vomito, diarrea, cefalea, rush cutaneo, disturbi respiratori e ipotensione. Tutto il quadro sintomatologico può estendersi dalle 4 alle 6 ore, ma interessare il soggetto anche per uno o due giorni.

I rimedi

«La terapia della sindrome sgombroide è essenzialmente sintomatica e prevede l’impiego di antistaminici e cortisonici– chiarisce il dottor Musarra- In casi di particolare gravità, caratterizzati dalla comparsa di disturbi respiratori e ipotensione, è necessario recarsi al pronto soccorso per un eventuale ricorso all’adrenalina e ad abbondanti somministrazioni di liquidi. In questo caso il paziente può essere trattenuto in osservazione anche fino a 24 ore».

E se la sindrome compare in un soggetto allergico?

Se, nonostante tutte le attenzioni al rispetto della catena del freddo a incorrere nella sindrome è un soggetto allergico, che cosa occorre fare ? Commenta ancora il dottor Musarra: « La convinzione che soggetti affetti da patologie allergiche non debbano assumere alimenti contenenti istamina o che ne favoriscono la liberazione è in larga misura da sfatare, a meno che non si tratti di alimenti nei confronti dei quali il paziente sia realmente allergico. Vi sono comunque delle condizioni nelle quali l’assunzione di alimenti istamino-liberatori va evitata o ridotta. Tali condizioni sono rappresentate dalla presenza di orticaria o altre sindromi istamino-mediate. In queste circostanze l’assunzione di tali alimenti (pesci, fragole, cioccolata, frutta secca) potrebbe peggiorare il quadro clinico o favorire la ricomparsa dei sintomi se in fase di remissione. Un’altra condizione è rappresentata da una intolleranza all’istamina la cui causa principale è dovuta alla presenza di bassi livelli di amminoossidasi. Le amminoossidasi sono enzimi in grado di metabolizzare l’istamina e le altre ammine biogene e possono essere basse in taluni soggetti per cause genetiche o acquisite (farmaci che le inibiscono, alcool, fumo, patologie croniche come la cirrosi epatica)».

FONTE LA STAMPA

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