Un percorso per curare in modo innovativo gli anziani colpiti da patologie ematologiche. Facendo collaborare professionisti diversi e sperimentando nuove cure, sempre più personalizzate, che migliorino la qualità della vita e permettano, quando possibile, di curarsi a casa. Una novità che solo al Sant’Orsola può interessare oltre 500 anziani ogni anno, presentata durante il convegno “Slow Medicine in Ematologia: le patologie mieloidi in geriatria”, organizzato dalla dottoressa Marialia Lunardelli (Geriatria) e dal professor Giovanni Martinelli (Ematologia).
La frequenza delle patologie onco-ematologiche sale sia tra i giovani sia negli anziani. Nel 2015 gli over 65 presi in carico dal Sant’Orsola sono stati complessivamente 529, 362 in day hospital e 167 ricoverati. Tra questi ultimi, però, solo il 40% è entrato nel reparto di Ematologia. Dei restanti 100 il 49% era in Medicina generale e il 30% in Geriatria, anche a causa della presenza di altre patologie. Arrivano, infatti, in Ematologia l’82% dei ricoveri programmati ma solo il 6% di quelli con accesso in urgenza, che avvengono – appunto – per altre problematiche.
“L’obiettivo del nostro percorso – spiega la dottoressa Lunardelli, direttore di una delle due Unità operative di Geriatria del Policlinico – è codificare una collaborazione tra professionisti all’interno della quale il paziente anziano e la sua famiglia trovino attenzione, risposte ed aiuto per affrontare le diverse fasi della malattia. Anche quando la guarigione non è possibile vogliamo offrire cure personalizzate, capaci di garantire il livello più alto possibile di qualità della vita e autonomia”. Un’attenzione che, all’interno del Policlinico di Sant’Orsola, si traduce anche nella sperimentazioni di farmaci innovativi.
“Con lo sviluppo di metodologie diagnostiche sempre più precise nella caratterizzazione della biologia del tumore – spiega il professor Martinelli – e grazie alla disponibilità di farmaci altamente specifici, l’oncoematologia si sta orientando verso la cosiddetta Precision medicine”. Tra le sperimentazioni in corso le due più promettenti, avviate nel novembre 2015 e marzo 2016, si propongono di inibire un oncometabolita, consentendo così di bloccare la progressione della malattia. Si sta lavorando, inoltre, per migliorare alcuni farmaci già in uso, rendendo possibile assumerli anche per via orale e non solo attraverso trasfusioni. “È una frontiera di grande interesse – prosegue il professor Martinelli – perché consentirebbe di ridurre l’ospedalizzazione, migliorando la qualità della vita degli anziani che potrebbero così essere curati a casa in sicurezza”.
fonte: Aosp.bo.it