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Tumore del Rene: immuno-oncologia aumenta del 27% la sopravvivenza

Tumore del Rene: immuno-oncologia aumenta del 27% la sopravvivenza

Tumore del Rene: immuno-oncologia aumenta del 27% la sopravvivenza
| domenica 24 Aprile 2016

L’efficacia dell”immuno-oncologia si estende al tumore del rene, che nel nostro Paese ha fatto registrare 10.400 nuovi casi nel 2015.

In poco piu’ di un anno ben 5 studi in cui e’ stata sperimentata una nuova molecola immuno-oncologica, nivolumab, sono stati interrotti in anticipo perche’ hanno raggiunto l’obiettivo ambizioso di un aumento della sopravvivenza.

Il melanoma ha aperto la strada, a seguire il tumore del polmone non a piccole cellule (nelle due istologie, squamoso e non squamoso) e, negli ultimi mesi, il carcinoma renale e i tumori del distretto testa collo.

Questo approccio innovativo permette anche di migliorare la qualita’ di vita dei pazienti. “È la dimostrazione che il meccanismo d’azione dell’immuno-oncologia ha un’efficacia trasversale, non limitata a una sola patologia, proprio perche’ stimola il sistema immunitario rinforzandolo nella lotta contro la malattia- spiega il prof. Sergio Bracarda, Direttore della Uoc di Oncologia Medica di Arezzo, Azienda Usl Toscana Sudest- Nivolumab e’ approvato negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento dei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato precedentemente trattati.

Lo studio di fase III che ha portato alla registrazione della molecola ha evidenziato un aumento della sopravvivenza del 27%, pari a piu’ di 5 mesi, rispetto allo standard di cura (25 mesi rispetto a 19,6 mesi)”. In diciassette anni (1990-2007) la sopravvivenza a cinque anni delle persone colpite da tumore del rene e’ aumentata del 10%. Per i casi diagnosticati piu” recentemente la sopravvivenza e’ pari al 69% per gli uomini e al 73% per le donne.

Passi in avanti importanti realizzati grazie alle terapie e alla diagnosi precoce. Il 60% circa delle neoplasie renali e” individuato casualmente, come diretta conseguenza dell”impiego, sempre piu’ diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico. Cosi’ in un comunicato Intermedia.

“Ma circa un quarto delle diagnosi avviene in stadio avanzato, con limitate possibilita’ di trattamento- afferma il prof. Giacomo Carteni’, Direttore dell”Oncologia Medica dell’Ospedale Cardarelli di Napoli- Nel cancro del rene la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci”.

Globalmente, il tasso di sopravvivenza a cinque anni, nei pazienti che ricevono diagnosi di tumore del rene metastatico o avanzato, e’ del 12,1%. Pertanto la disponibilita” di nuove armi come nivolumab potra’ migliorare in maniera significativa la capacita’ di gestione complessiva di questa neoplasia.

Nell”immuno-oncologia il beneficio clinico deve essere osservato in base alla sopravvivenza e puo’ invece sfuggire se si utilizzano i parametri ”classici” rappresentati dalla risposta oggettiva o dalla sopravvivenza libera da progressione.

Va inoltre messo in evidenza l”aumento significativo dei pazienti vivi nei diversi tempi di osservazione. In uno studio di fase 1, con un follow-up a 3 anni, e’ stato evidenziato il 44% di pazienti vivi”.

Anche l’impatto sulla qualita’ di vita e’ importante. “Nello studio di fase III- continua il prof. Carteni’- i pazienti trattati con nivolumab hanno manifestato un miglioramento dei sintomi correlati alla malattia e della qualita” di vita rispetto allo standard di cura. I risultati hanno evidenziato che entro 20 settimane di terapia i pazienti trattati con la nuova molecola hanno manifestato un significativo miglioramento dei sintomi, mentre i pazienti trattati con lo standard di cura hanno mostrato un evidente deterioramento entro la quarta settimana”.

Nel melanoma, grazie al trattamento con ipilimumab, il primo farmaco immuno-oncologico approvato, il 20% dei pazienti e’ vivo a 10 anni. “I dati a disposizione sono ancora poco maturi per utilizzare il termine lungosopravviventi nel carcinoma renale ed e’ necessario un follow up piu’ lungo. Cio’ che emerge e’ comunque l”aumento significativo di pazienti vivi nei diversi tempi di osservazione.

Alla luce della tendenza gia’ vista in precedenti studi con farmaci immuno-oncologici, e’ possibile che queste percentuali di sopravvivenza si mantengano anche negli anni successivi e che quindi si possa in futuro parlare di lungosopravviventi. Si stanno aprendo inoltre ulteriori prospettive molto interessanti grazie ad altri studi che stanno valutando combinazioni di farmaci, quali ipilimumab e nivolumab, atezolizumab e bevacizumab e altre ancora”, conclude il prof. Bracarda. (Comunicati/Dire)

 

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