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Tumori, ogni giorno 1000 persone ricevono la diagnosi

Tumori, ogni giorno 1000 persone ricevono la diagnosi

Tumori, ogni giorno 1000 persone ricevono la diagnosi
| martedì 27 Settembre 2016

seno_tumore-300x179Due tendenze opposte ma chiare: aumentano i nuovi casi di tumore fra le donne e diminuiscono fra gli uomini. Nel 2016 le italiane colpite dalla malattia sono 176.200 (erano 168.900 nel 2015): in particolare quest’anno sono stimati 50mila nuovi casi di tumore del seno (erano 48mila nel 2015), da ricondurre anche all’ampliamento della fascia di screening mammografico in alcune Regioni, che ha prodotto un aumento significativo dell’incidenza tra i 45 e i 49 anni. Per gli uomini, invece, si assiste a un fenomeno opposto, con 189.600 nuove diagnosi e un calo del 2,5% ogni 12 mesi (erano 194.400 nel 2015): i ‘big killer’ iniziano a far meno paura, dunque, in particolare le neoplasie del polmone, prostata, colon-retto e stomaco. È il censimento ufficiale, giunto alla sesta edizione, che fotografa l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Aiom (Associazione italiana di Oncologia Medica) e dell’Airtum (Associazione italiana Registri Tumori), raccolto nel volume ‘I numeri del cancro in Italia 2016‘ e presentato oggi a Roma presso l’auditorium del ministero della Salute.

Ogni giorno circa mille persone ricevono la diagnosi– fa sapere il professor Carmine Pinto, presidente nazionale Aiom-. È un numero importante che evidenzia il peso della patologia oncologica e lo sforzo continuo per migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi, ma anche di qualità di vita. Oggi le due neoplasie più frequenti, quella della protesta negli uomini e del seno nelle donne, presentano sopravvivenza a 5 anni che si avvicinano al 90%, con percentuali ancora più elevate quando la malattia è diagnosticata in stadio precoce. Risultati sicuramente incoraggianti”. Nel 2016, intanto, sono stimate complessivamente più di 365mila nuove diagnosi di cancro: la neoplasia più frequente è quella del colon-retto (52mila), seguita da seno (50mila), polmone (41mila), prostata (35mila) e vescica (26.600). Dai confronti nazionali, poi, si conferma ancora una differenza nel numero di nuovi casi fra nord e sud.

“Da un lato al meridione persistono fattori protettivi- sottolinea la professoressa Lucia Mangone, presidente Airtum- che rendono ragione di una bassa incidenza di alcune neoplasie. Dall’altro, la minore attivazione degli screening programmati al sud spiega i valori di sopravvivenza che, per alcune sedi tumorali, rimangono inferiori a quelli registrati al nord. I dati raccolti nel libro rispondono a elevati standard di qualità in termini di completezza e permettono di offrire una stima molto precisa dell’incidenza anche nelle aree non coperte dai Registri tumori e, quindi, di elaborare le proiezioni al 2016. Abbiamo dedicato inoltre un capitolo alle neoplasie rare, che colpiscono ogni 12 mesi in Italia 89mila persone. La sopravvivenza a cinque anni è pari al 55% rispetto al 68% dei tumori più frequenti. Devono essere programmati percorsi dedicati per questi malati, perché sono numerosi i pazienti e le famiglie che, per la frammentazione delle competenze o in mancanza di punti di riferimento, sono spesso costretti a onerosi spostamenti con costi sociali elevati”.

Per la prima volta, nel volume realizzato da Aiom e Airtum, un capitolo approfondisce il ruolo del test per la determinazione dell’Antigene prostatico specifico (Psa). “Agli inizi degli anni ’90- spiega ancora Pinto- l’introduzione di questo esame ha modificato profondamente l’epidemiologia del tumore della prostata. Il principale aspetto negativo dell’esecuzione non controllata di questo test è il rischio di sovradiagnosi, cioè di individuazione di tumori che non avrebbero dato luogo a sintomi e non sarebbero stati diagnosticati a causa della loro lenta crescita. Uno studio condotto in Europa su 162.387 uomini ha evidenziato, grazie a questo test, una netta riduzione della mortalità per carcinoma prostatico, pari al 21%. Ma i risultati non sono sufficienti a giustificare un’attività di screening su tutta la popolazione. Non sono infatti evidenti effetti nella diminuzione dei decessi tra gli over 70 e servono strategie migliori per minimizzare sovradiagnosi e sovratrattamento e individuare i gruppi a rischio. Nel frattempo, gli uomini dovrebbero essere informati e avere accesso al test del Psa, se lo desiderano, dopo un’attenta valutazione delle ricadute positive e negative e, soprattutto, dopo una valutazione medica”.

medici_chirurgia-300x214Oltre al Psa, nella VI edizione dei ‘Numeri del cancro’ è approfondito anche il tema dello screening per il tumore della cervice uterina, uno più frequenti nelle giovani donne (under 50), al quinto posto con 2.300 nuove diagnosi stimate in Italia nel 2016. Alcuni programmi di screening, fanno sapere gli esperti delle due società, hanno sostituito il pap-test con il test Hpv (Human Papilloma Virus) nell’ambito di progetti pilota o attività di routine, a seguito della pubblicazione delle raccomandazioni del ministero della Salute nel Piano nazionale della prevenzione 2010-2012. “Il nostro Paese, primo in Europa insieme all’Olanda- dice la dottoressa Stefania Gori, presidente eletto Aiom- ha deciso di innovare questo programma di prevenzione dando indicazione ai decisori regionali di spostarsi verso l’Hpv come test primario dello screening cervicale. È un cambiamento che sta progressivamente prendendo piede: il test Hpv viene proposto a partire dai 30-35 anni con intervallo quinquennale, mentre nella fascia di età precedente, fra i 25 e i 30 anni, si continuerà a utilizzare il pap-test con intervallo triennale”. Numerosi studi hanno quindi evidenziato una maggiore sensibilità del test Hpv nell’individuazione di lesioni tumorali rispetto al pap-test. “Attualmente in Europa- prosegue Gori- diversi documenti di indirizzo lo propongono come test primario e in Italia questo protocollo è al vaglio della Conferenza Stato-Regioni per la sua adozione a livello nazionale. Diverse Regioni hanno già rivisto in questo senso i programmi di screening anche in funzione di una maggiore efficienza”.

I dati dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) indicano per il 2013 (ultimo anno disponibile) 176.217 (98.833 fra gli uomini e 77.384 fra le donne) decessi attribuibili a tumore, mille in meno rispetto al 2012, tra gli oltre 600mila decessi verificatisi in quell’anno. Le neoplasie sono la seconda causa di morte (29% di tutti i decessi) dopo le malattie cardio-circolatorie (37%). Il tumore che ha fatto registrare nel 2013 il maggior numero di decessi è quello al polmone (33.483), seguito da colon-retto (18.756), mammella (12.072), pancreas (11.201), stomaco (9.595) e prostata (7.203). “La mortalità continua a diminuire in maniera significativa in entrambi i sessi come risultato di più fattori- aggiunge infine Pinto- quali la prevenzione primaria (e in particolare la lotta al tabagismo, alla sedentarietà e a diete scorrette), la diffusione degli screening su base nazionale e il miglioramento diffuso delle terapie in un ambito sempre più multidisciplinare e integrato”, conclude.

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