“In ambito sanitario, il numero delle segnalazioni di abusi e maltrattamenti su bambini piccoli, da zero a cinque anni, e’ molto basso. Eppure in quella fascia di eta’ i servizi sanitari sono quelli piu’ vicini ai minori, la scuola viene dopo.
Le cause? Sono tante, ma una e’ legata alle ridotte competenze dei sanitari su questo tema perche’ non tutti i corsi di laurea affrontano il tema, tanto meno i corsi di specializzazione”.
A parlare e’ Massimo Masi, pediatra e coordinatore scientifico del gruppo dell’Emilia-Romagna su maltrattamento e abuso sui minori, intervenuto agli Stati generali 2017 sul maltrattamento all’infanzia del Cismai, a Bologna.
“Come gruppo, abbiamo prodotto alcuni ‘Quaderni per il professionista’ su singole competenze specifiche che possono essere importanti per riconoscere i segnali di abuso e maltrattamento su un minore”, ha detto Masi. Della collana, curata dal Servizio di assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari della Regione Emilia-Romagna, fanno parte due quaderni, il primo contiene raccomandazioni per la valutazione clinica e medico-legale, il secondo riguarda le fratture e gli abusi e contiene raccomandazioni per il percorso diagnostico. Altri tre sono in preparazione.
“La formazione sul campo va bene, ma il problema va affrontato a monte- ha aggiunto Masi- ecco perche’ uno degli obiettivi da porsi a livello nazionale e’ inserire il riconoscimento del bambino maltrattato o vittima di abusi tra gli obiettivi formativi delle scuole di specializzazione di pediatria, ginecologia e ostetricia che non prevedono accenni al problema”. Altra problematica riguarda la storia clinica dei minori che accedono al Pronto soccorso degli ospedali con lesioni fisiche.
“Quando ci si trova di fronte il caso urgente di un bambino con una lesione fisica deve poter avere a disposizione tutta la storia clinica di quel bambino, il numero degli accessi, i motivi per cui e’ stato in quell’ospedale o in altri – ha precisato Masi – Cosa che oggi non e’ possibile, in primis perche’ i sistemi informativi delle Asl non dialogano e poi perche’, anche se volessero farlo, non potrebbero perche’ una delibera del Garante della privacy lo impedisce”. Questa delibera “va superata: si potrebbe ovviare cosi’ al problema della migrazione delle famiglie maltrattanti da un ospedale all’altro per evitare di essere rintracciate”. (Redattore Sociale)