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Attaccare al seno non e’ l’unica risposta a bisogni del lattante

Attaccare al seno non e’ l’unica risposta a bisogni del lattante

Attaccare al seno non e’ l’unica risposta a bisogni del lattante
| martedì 28 Febbraio 2017

“In certi casi si puo’ ipotizzare una connessione tra le condotte sbagliate nell’alimentazione dei primi anni di vita e lo sviluppo successivo dei disturbi del comportamento alimentare. Un nesso che puo’ andare tanto indietro da arrivare all’allattamento al seno. Spesso viene data alle madri un’indicazione che e’ scorretta secondo molti psicologi: quella di attaccare il bambino al seno ogni volta che piange, dimenticando di aggiungere ‘per fame’ “.

A spiegarlo alla Dire e’ Andrea Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica del Dipartimento di Pediatria e NPI della Sapienza Universita’ di Roma e past president dell’ECOG (European Childhood Obesity Group).

breastfeeding-2090396_960_720“Attaccare il bambino al seno ogni volta che piange, prima di aver individuato la causa di quel pianto, non e’ una risposta corretta- continua Vania- anzi e’ un invito a gestire qualunque variazione dello stato interno del lattante fornendo cibo: e’ un po’ come insegnargli ‘stai male, mangia, cosi’ stai meglio’. Questo chiaramente non e’ un buon prodromo per un corretto sviluppo dei comportamenti alimentari successivi”.

In questo modo “il bambino sviluppa una cattiva relazione con i propri stati interni. Se gli viene insegnato che la cura per qualunque alterazione dello stato interno e’ il cibo, il cattivo rapporto non sara’ con il cibo ma con se stesso. Se ci pensiamo questo cattivo rapporto con se stessi, mediato dal cibo, e’ una delle componenti alla base di molti disturbi della condotta alimentare”, spiega il medico. – Esistono disturbi della condotta alimentare in eta’ pediatrica? “Si- afferma il pediatra- ci sono disturbi che possono insorgere gia’ in eta’ molto precoci, pero’ non sono previsti in tutte le classificazione diagnostiche dei disturbi psichici. Non e’ tanto l’alimentazione in se’ che incide sul disturbo- chiarisce il past president dell’ECOG- quanto la qualita’ della relazione diadica madre-bambino nei primi periodi della vita”. – In ambito alimentare, qual e’ la maggiore difficolta’ che riscontra nella sua pratica lavorativa?

 

La gestione dell’allattamento

Se la mamma non viene educata a riconoscere quali siano i bisogni del momento del bambino e a rispondere correttamente ad essi, finisce per avere una modalita’ univoca di risposta. Questo non e’ favorevole”. Altri aspetti negativi legati all’alimentazione nei primi anni riferiscono “al mantenimento di quella che e’ una fase fisiologica di neofobia, di rifiuto di alimenti nuovi nel bambino piccolo. Si presenta intorno ai due anni di vita, ma ogni bambino supera la neofobia con l’aiuto della famiglia. A volte pero’, a causa di una cattiva gestione della relazione tra genitori e bambino, puo’ succedere che la neofobia venga mantenuta per tempi molto lunghi fino a strutturarsi, a diventare una struttura della personalita’ del bambino iperselettivo. Questo- sottolinea Vania- puo’ rappresentare un vero e proprio disturbo di condotta alimentare gia’ nella terza infanzia, alle elementari”. Un altro prodromo di un potenziale disturbo di condotta alimentare puo’ essere rintracciato in “un cambiamento radicale dello stile alimentare nella fase puberale.

Quando un preadolescente o adolescente onnivoro- continua il medico- ha un improvviso viraggio verso forme di vegetarianismo, anche molto strette, di veganismo, macrobiotica, crudismo e altro. È diverso il caso di un adolescente o preadolescente la cui intera famiglia decide di modificare lo stile alimentare, in questo caso lui si adegua ma e’ sempre una situazione normale. Invece se parliamo di una persona onnivora all’interno di una famiglia che rimane onnivora, l’improvviso cambiamento seguito dalla decisione, ad esempio, di mangiare solo semi di miglio puo’ essere il primo passettino rivolto, in realta’, al controllo eccessivo del peso e della forma fisica”. Vania sa che la “maggiore criticita’ da affrontare da un punto di vista globale, e non solo scientifico, e’ l’incapacita’ delle famiglie di gestire correttamente l’alimentazione del bambino e del ragazzo, demandando al bambino e al ragazzo le decisioni in tema di alimentazione. Se diventa un abitudine che un bambino decida la sua alimentazione e che la casa si trasformi in un ristorante, questo vuol dire che gli adulti hanno demandato i compiti genitoriali a un soggetto inadeguato a farlo, perche’ troppo giovane per poter compiere tali scelte. Questo e’ uno dei grandi temi di questi tempi ed e’ sempre piu’ pervasivo- conclude- per cui e’ importante informare piu’ attentamente i genitori, e rinforzarli nella necessita’ e correttezza di una maggior fermezza nel tenere testa alle richieste dei figli, quando sbagliate”. (Wel/ Dire)

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