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Epatite C: tra 2 anni possibile eradicazione

Epatite C: tra 2 anni possibile eradicazione

Epatite C: tra 2 anni possibile eradicazione
| lunedì 23 Ottobre 2017

“SUFFICIENTE UNA SOLA PASTIGLIA AL DÌ PER BREVI PERIODI” (DIRE) Roma – L’eradicazione dell’infezione da Hcv(Epatite C) e’ possibile. E potrebbe mancare molto poco, forse un paio di anni. “Abbiamo dei farmaci talmente efficaci, da utilizzare in maniera semplice, con brevi periodi e con una sola pastiglia al giorno, che si pensa sia possibile trattare un numero sufficientemente ampio di persone per raggiungere questo obiettivo”.

Lo fa sapere il professor Massimo Andreoni, ordinario di Malattie Infettive all’Universita’ Tor Vergata di Roma, in occasione del Congresso nazionale di Salerno della Simit (Societa’ italiana di Malattie Infettive e Tropicali). “Circa il 90% delle nuove infezioni colpisce persone che fanno uso di sostanze in via endovenosa- spiega Andreoni- Inevitabilmente, quindi, in termini epidemiologici, dobbiamo iniziare a concentrarci su questi soggetti, perche’ si possa evitare di mantenere vivo questo focolaio epidemico in Italia”.

science-1336664_960_720-600x400I RISULTATI DEGLI ULTIMI STUDI – Secondo studi recenti, che hanno coinvolto anche la Regione Lazio, alcune campagne finalizzate a test rapidi condotti in questa tipologia di pazienti hanno dimostrato che piu’ del 30% dei soggetti si sono dimostrati positivi all’Hcv. Questo sistema aiuta a far emergere il sommerso e potrebbe funzionare. Un altro dato interessante e’ relativo ai soggetti che fanno uso di sostanze per via endovenosa, la percentuale di risposta al trattamento e’ virtualmente equivalente a quello della popolazione. Quindi il 90% di queste persone rispondono positivamente al trattamento. “Questi risultati- aggiunge Andreoni- ci fanno capire che dobbiamo andare verso questa direzione. E che servono campagne mirate all’individuazione di infetti appartenenti a questo gruppo. E’ importante, inoltre, creare dei modelli di esempio e di riferimento che stimolino questi individui a sottoporsi al trattamento. Questi, infatti, scarsamente aderiscono correttamente alla terapia. Ma prestando una particolar attenzione si potrebbe giungere finalmente all’eradicazione della malattia”.

L’EPATITE C IN ITALIA – Nel 2016, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanita’, l’incidenza e’ stata pari a 0,2 per 100mila. Non sono stati osservati casi nella fascia d’eta’ 0-14 anni, mentre l’incidenza maggiore si ha nella classe di eta’ 25-34 anni: 0,3 x 100mila abitanti. La diminuzione di incidenza ha interessato in particolar modo i soggetti d’eta’ compresa fra i 15 e i 24 anni. L’eta’ dei nuovi casi e’ in aumento, e gia’ da tre anni la fascia di eta’ maggiormente colpita e’ stata quella di mezzo tra i 35 e i 54 anni.

SINTOMI E CONSEGUENZE – In coloro che manifestano clinicamente sintomi, l’esordio della malattia e’ insidioso con anoressia, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%), mentre un’elevata percentuale dei casi, circa l’85%, arriva alla cronicizzazione. Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma. Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, per lo piu’ e’ compreso fra 6 e 9 settimane.

IL TASSO DI FALLIMENTO SI RIDUCE – Da gennaio 2015 ad oggi abbiamo trattato in Italia piu’ di 94mila pazienti con i nuovi farmaci antiretrovirali, con un alto tasso di successo. Mentre il numero dei casi che non ha risposto alle cure si assesta intorno al 3-5%. Prevediamo di trattare nei prossimi due anni altri 160mila pazienti, perche’ questa e’ la disponibilita’ che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha dato ai clinici italiani per trattare questa patologia. Stiamo procedendo in maniera rapida ed efficace.

senza-titolo-11-600x400L’EPATITE NELLE CARCERI – Si stima che nelle carceri siano 6.500 i portatori attivi del virus dell’epatite B. Tra il 25 e il 35% dei detenuti nelle carceri italiane sono affetti da epatite C: si tratta di una forbice compresa tra i 25mila e i 35mila detenuti all’anno. Proprio l’epatite C costituisce un esempio emblematico dei benefici che si potrebbero trarre dai nuovi Lea: dall’1 giugno, infatti, l’Agenzia italiana del Farmaco ha reso possibile la prescrizione dei nuovi farmaci innovativi eradicanti il virus dell’epatite C a tutte le persone che ne sono affette. Quindi una massa critica di oltre 30mila persone che annualmente passa negli istituti penitenziari italiani, potrebbe usufruire di queste cure per per guarire dall’Hcv, ma anche per non contagiare altri nel momento in cui torna in liberta’.

“È una sfida impegnativa- spiega il professor Sergio Babudieri, direttore delle Malattie Infettive dell’Universita’ degli Studi di Sassari e direttore scientifico di SIMSPe (Societa’ italiana di Medicina e Sanita’ Penitenziaria)- si tratta di un quantitativo ingente di individui, soggetti peraltro a un continuo turn-over e talvolta restii a controlli e terapie

. Un lavoro enorme, di competenza della salute pubblica: senza un’organizzazione adeguata. Pur avendo i farmaci a disposizione, si rischia di non riuscire a curare questi pazienti. La presa in carico di ogni persona che entra in carcere deve dunque avvenire non nel momento in cui questi dichiara di star male, ma dal primo istante in cui viene monitorato al suo ingresso nella struttura. Questa nuova concezione dei Lea significa che lo Stato riconosce che anche nelle carceri e’ necessaria un certo tipo di assistenza. Fino al 2016 non c’era alcuna regola: questa segnale puo’ essere un grande progresso”. (Cds/Dire)

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