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La psicologia di Whatsapp e la cultura del sospetto

La psicologia di Whatsapp e la cultura del sospetto

La psicologia di Whatsapp e la cultura del sospetto
| martedì 27 Giugno 2017

Articolo di Stagnitta, responsabile area blog Ordine Psicologi Lazio (Dire – notiziario settimanale psicologia) Roma, 27 giu. –

whatsapp-2105015_960_720La doppia spunta blu di whatsapp ha fatto molto discutere. Lo psicoterapeuta sergio stagnitta, responsabile dell’area blog e blogger dell’ordine degli psicologi del lazio, sul suo sito (http://www.Sergiostagnitta.It/psicologia-whatsapp-ovvero-come-ali mentare-cultura-sospetto/) ha scritto un interessante articolo sulle ripercussioni psicologiche delle notifiche di lettura della notissima app che permette di scambiarsi messaggi testuali e vocali, foto e video: “prima la persona che inviava un messaggio tramite whatsapp poteva verificare se il messaggio era stato inviato correttamente (una spunta grigia) e se era stato ricevuto dal destinatario (doppia spunta grigia).

Adesso in pratica e’ possibile sapere anche se il messaggio e’ stato letto e, attraverso le info aggiuntive, esattamente a che ora. In rete le polemiche, tra parodie e tragedie, girano tutte intorno al fatto che non sara’ piu’ possibile dire al proprio interlocutore che il messaggio non e’ stato letto.

Quante amicizie e relazioni si interromperanno per colpa di questo nuovo strumento! Mi sono chiesto pero’ quale fosse la ‘fantasia’ alla base degli sviluppatori di whatsapp che evidentemente hanno sentito l’esigenza di aggiungere questo nuovo strumento; ma, soprattutto, mi sono chiesto se questo in realta’, piu’ o meno consapevolmente, non fosse il desiderio di milioni di persone che quotidianamente utilizzano questo sistema di messaggistica”. ricapitolando: “io mando un messaggio e con la prima spunta grigia mi dice che il messaggio e’ stato consegnato al server di whatsapp, la seconda spunta grigia mi dice che e’ stato consegnato al destinatario, cioe’ sta nel suo cellulare.

Questi due aspetti tutto sommato potrebbero essermi veramente utili, perche’ mi segnalano che non ci sono interferenze e i dispositivi funzionano correttamente, ma perche’ mi serve anche sapere se il mio messaggio e’ stato effettivamente letto? Se devo dare un’informazione importante ed ho la necessita’ che il mio interlocutore lo sappia forse e’ meglio chiamarlo, oppure se decido di utilizzare la messaggistica gratuita gli chiedo espressamente di confermarmi che l’ha ricevuto.

Ma se scrivo ‘ti amo’ alla mia compagna, perche’ ho necessita’ di sapere se e a che ora ha letto il messaggio? E se mi compare la doppia spunta blu e non mi risponde cosa vuol dire? Da quello che si legge in rete sembrerebbe che in questo caso il rischio potrebbe essere quello di attivare il vissuto di sospetto: ‘non sa cosa rispondere!’. 124451527-c4b746d8-742a-47ae-9282-ec9a46ace2d5

Ma perche’ di fronte a un semplice desiderio di esprimere un sentimento si attiva contemporaneamente la paura e il sospetto?– chiede lo psicoterapeuta- a mio avviso questo avviene perche’ prima ancora del vissuto di sospetto, quando noi mandiamo un messaggio, attiviamo anche un altro vissuto, ovvero quello della ‘pretesa’, che puo’ essere riassunto cosi’: se io compio un’azione, non sono solo mosso dal fatto che mi piace fare qualcosa per l’altro e basta, ma sono spinto dall’idea che l’altro mi debba ricambiare, pretendo una risposta precisa dall’altro e se non arriva vado in ansia (renzo carli definisce questi vissuti con il termine di: ‘neo-emozioni’)”. quindi la doppia spunta blu “facilita questa cultura della pretesa e del sospetto: quando invio un messaggio se fossi spinto dal solo desiderio di esprimere un sentimento non avrei la necessita’ di sapere se e quando lo legge il mio interlocutore, se invece sono spinto dalla pretesa e dal sospetto allora si’, devo sapere, perche’ dalla sua risposta dipende il mio umore. ‘so che hai letto il mio messaggio… Perche’ non mi rispondi!!! Perche’!!!’.

Mettendoci invece nei panni di chi riceve il messaggio va ancora peggio! Mi arriva un messaggio con scritto ‘ti amo’ che faccio? Potrei semplicemente pensare ‘che bello’, punto. Invece no, mi sento obbligato a rispondere, ormai la mia compagna sa che l’ho letto e se non rispondo alimento la cultura del sospetto. Quindi nella maggior parte delle volte rispondo, ma non e’ una risposta spontanea, libera, diventa la risposta alla implicita pretesa dell’altro. Non solo, ma cosa rispondo? Se invio una semplice faccina mi si recriminera’ che ho risposto banalmente ad un sentimento alto, se invece non ho voglia di rispondere allora la recriminazione si fa piu’ seria: ‘non mi ami quanto ti amo io!’ o peggio ‘hai un altra!’.

Il problema non si pone solo tra relazioni intime, ma anche nella amicizie. Mi arriva un messaggio, forse so da parte di chi, non lo apro perche’ ho paura di dare al mittente l’informazione che si aspetta, ovvero che l’ho letto, e se non ho una risposta pronta da dare che si fa? Ormai sa che l’ho letto, sta aspettando la mia risposta. Ho l’ansia… mando un messaggio, ho la conferma che e’ stato ricevuto, non mi risponde, penso che non sono stato abbastanza simpatico da scrivere cose degne di una risposta, o peggio sto infastidendo l’altro. potrei continuare cosi’ all’infinito con tutte le varianti possibili- afferma stagnitta nel suo articolo- pero’ il significato di cio’ che sto scrivendo e’ sempre lo stesso: rischiamo di vivere nella cultura del sospetto dove in ogni istante abbiamo bisogno di conferme che non fanno altro che alimentare altri sospetti e quindi altre richieste di conferma. Forse il modo migliore per uscire dall’impasse- conclude- e’ provare a rispondere come segue: ‘cosi’ adesso sai che se e’ blu e non ti ho risposto e’ perche’ non volevo'”. (Wel/ Dire)

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