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Social Network. L’immagine di se’ in un like

Social Network. L’immagine di se’ in un like

Social Network. L’immagine di se’ in un like
| sabato 12 Agosto 2017

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Tutti i frequentatori dei social networks come Facebook, Twitter, Instagram avranno almeno una volta postato un’immagine della propria persona (un selfie, una foto scattata da amici, l’immagine del tatuaggio appena fatto o del nuovo taglio di capelli) e con intrepida attesa aperto dopo poche ore la propria pagina del profilo per verificare quanti amici e conoscenti hanno dato il consenso e quanti hanno espresso il loro personale parere su quello spicchio di vita condiviso.
L’immagine di sé sembra passare in quegli istanti proprio attraverso quell’immagine, quel frammento del proprio corpo o della propria vita al cospetto di un giudizio che a volte per diversi motivi tarda ad arrivare.


Cosa succede se quel like, quel cuoricino rosso o quel retweet non arriva? Cosa accade nella mente di un un adulto? E in quella di un adolescente?

La differenza la fa solitamente la solidità con cui la personalità ha avuto modo di strutturarsi negli anni. Un adolescente, alle prese con la costruzione burrascosa della propria immagine, potrebbe avere una maggiore vulnerabilità di fronte a questo tipo di esposizione. Il livello di integrazione della propria identità e la capacità di dare la giusta dimensione all’esperienza digitale sono elementi fondamentali. Quest’ultimo aspetto risulta molto complesso in quanto, in un’epoca dove la gran parte degli aspetti relazionali passano attraverso “il setaccio dei social networks”, è un po’ difficile non dare importanza al parere della community del web.
Quel che è certo è che non abbiamo più molto tempo per aspettare il parere degli altri, siamo sempre iperconnessi e quindi ci aspettiamo di avere una risposta super veloce.
Quando le nostre condivisioni hanno pochi riscontri o tardano ad arrivare può succedere qualcosa nel sistema dell’autostima che in quel momento può accusare un duro colpo: “non son degno di un like!”

Il like, il cuoricino, il retweet possono diventare indici fondamentali per misurare quanto la collettività apprezzi la nostra immagine e quanto tutto questo possa rientrare nella desiderabilità sociale.
Questo avviene anche attraverso parole, frasi, commenti, ma l’esposizione attraverso le immagine è sicuramente la via più diretta e più sensibile al giudizio, soprattutto per i ragazzi più giovani.
Dilagante la moda dei selfie solitari dove ci si mostra con espressioni serie, tristi, seducenti, allegre o arrabbiate. In quella posa si cerca di far arrivare agli altri la propria persona modellata secondo l’esigenza del momento. Se pur in maniera non spontanea ci si espone molto, si getta nel mare del web quello che è il desiderio di noi come persone, come vorremmo apparire agli altri nell’attesa che qualcuno tiri su il suo amo.

A volte è talmente necessario ottenere la considerazione attraverso un commento che viene accettato anche se ha un’accezione negativa :“Nel bene o nel male purché se ne parli” parafrasa un brano del ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde e sembra a volte essere proprio così: se ne dicano cose positive o spiacevoli ma l’importante è che si ottenga una reazione negli altri perché diversamente sarebbe come aver gettato un sasso in un pozzo senza fine.

Lo sapevi che…

È stato pubblicato dalla casa editrice Taylor e Francis Group uno studio dal titolo “Minacce alla appartenenza su Facebook: ostracismo in agguato”. Tale indagine ha misurato che l’accumulo di post che non si guadagnano nemmeno un “mi piace” e la conseguente assenza di interazione possono condurre alla svalutazione di sé. La ricerca è stata condotta da un team della scuola di psicologia presso l’Università di Queensland in Australia.

In un primo esperimento è stato diviso il campione in due gruppi: uno attivo sul social network, l’altro passivo (non doveva scrivere o postare nulla ma solo osservare il gruppo attivo). Le persone costrette all’immobilità digitale su Facebook per due giorni hanno dichiarato che l’esperienza aveva pesato negativamente sul loro benessere personale. Nel corso di un secondo test, invece un campione, ignaro della condizione sperimentale, è stato sottoposto alla condizione di non ricevere alcun feedback al proprio materiale condiviso e ai personali commenti. La sensazione più diffusa tra i sottoposti all’esperimento è stata l’invisibilità e la percezione di bassa autostima.

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