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Superbatteri, Italia maglia nera in Ue per germi resistenti ad antibiotici

Superbatteri, Italia maglia nera in Ue per germi resistenti ad antibiotici

Superbatteri, Italia maglia nera in Ue per germi resistenti ad antibiotici
| lunedì 20 Novembre 2017

Italia, assieme alla Grecia, è la maglia nera in Europa per incidenza delle principali infezioni da germi resistenti agli antibiotici. Il rischio è quello di entrare in un’era post-antibiotica in cui anche banali infezioni possono mettere a rischio la vita.

L’allarme viene lanciato oggi da Santa Margherita Ligure dai maggiori infettivologi italiani della Sita (Società italiana di terapia antinfettiva) riuniti per l’International meeting on antimicrobial chemotherapy in clinical practice, in vista della giornata europea sulla consapevolezza dell’uso degli antibiotici prevista il prossimo sabato 18 novembre. L’emergenza di certo non è solo italiana: l’antibiotico-resistenza, infatti, è stata una delle tre priorità al centro del recente G7 dei ministri della Salute a Milano.

Per gli infettivologi italiani, se non si intensificano gli sforzi, se non si destinano risorse adeguate, se si pongono troppi vincoli all’uso dei nuovi antibiotici, se merci e pazienti non si impegnano a usare gli antibiotici in modo appropriato, l’avanzata dei “superbatteri” come il Kpc (klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice) potrebbe essere inarrestabile.

“L’Italia è sta ufficialmente richiamata dal Centro europeo per il controllo delle malattie che ci ha contestato un impegno non adeguato per contrastare le resistenze antibiotiche- denuncia Claudio Viscoli, presidente della Sita e direttore della Clinica malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova- l’uso degli antibiotici quando non necessario è collegato all’aumento di resistenze. Gli antibiotici sono un’arma miracolosa ma non dobbiamo abusarne altrimenti il rimedio rischia di non funzionare più”.

Negli ospedali dell’Unione europea, fino al 50% degli antibiotici viene usato in modo eccessivo o inappropriato. In questo contesto, l’Italia è uno dei Paesi in cui si registra il maggior consumo di antibiotici con 27,8 ogni mille abitanti al giorno.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità agli attuali tassi di incremento delle antibiotico-resistenze da qui al 2050 i superbatteri provocheranno almeno 10 milioni di decessi all’anno, diventando la prima causa di morte nel mondo. Già oggi in Europa si verificano 4 milioni di infezioni di questo genere all’anno con 25.000 decessi, che salgono a 700.000 in tutto il mondo. In Italia, invece, le infezioni di questa tipologia colpiscono 284.000 pazienti all’anno, tra il 7% e il 10% dei ricoverati, causando tra i 4.500 e i 7.000 decessi.

Oltre la sofferenza umana, c’è anche un aspetto economico, come ricorda il professor Viscoli: “Cinque giorni di ricovero in ospedale costano circa 2.500 euro a paziente. Qualunque tipo di intervento per ridurre l’insorgere di infezioni e lunghi ricoveri si paga da solo”.

All’interno degli ospedali, il luogo di principale diffusione dei superbatteri sono le terapie intensive: “Una vera e propria ludoteca per i batteri- denuncia Matteo Bassetti, dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine e vicepresidente della Sita- qui troviamo il peggio dal punto di vista delle resistenze”.

Ma tra i principali obiettivi da raggiungere c’è anche un forte contrasto al fenomeno dell’evasione dei germi dall’ospedale al territorio: gli ambienti più fertili, in questo senso, sono le residenze per gli anziani e le strutture per i lungodegenti. “All’interno di questi setting- prosegue Bassetti- i pazienti portatori di germi resistenti rappresentano oltre il 50% dei casi”.

Infine, conclude l’infettivologo, “c’è il problema completamente esterno a ogni tipo di situazione ospedaliera, rappresentato da tutte quelle infezioni che si verificano nei soggetti anche senza fattori di rischio per un germe resistente. Ad esempio, il 10% delle donne affette da cistite lo può acquisire da un germe resistente e non può più essere curata dal medico di base facendosi prescrivere a casa un antibiotico”.

Fonte: Agenzia Dire, www.dire.it

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