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Infertilità, in 4 donne su 5 è colpa dell’età: a 40 anni possibilità ridotte al 5%

Infertilità, in 4 donne su 5 è colpa dell’età: a 40 anni possibilità ridotte al 5%

Infertilità, in 4 donne su 5 è colpa dell’età: a 40 anni possibilità ridotte al 5%
| sabato 10 Febbraio 2018

Calo di nascite da record: è quanto rileva l’Istat nel suo bilancio demografico 2017. La popolazione residente al 1 gennaio 2018 scende a 60 milioni 494mila, segnando una diminuzione di centomila persone (-1,6 per mille) rispetto all’anno precedente. E’ nuovo minimo storico per le nascite, che hanno toccato il picco del -2% rispetto al 2016 con solo 464mila nuovi nati.

Sempre più spesso, però l’assenza di gravidanze non è una scelta, ma una conseguenza. “Alla base- spiega Luca Mencaglia, medico specialista in Ginecologia e ostetricia e direttore Unità operativa complessa Centro Pma Usl sud-est Toscana– vi sono soprattutto problemi sociali, come la carriera o il bisogno di indipendenza, o magari economici, e quindi la donna tende a ritardare la data del primo concepimento. Si tratta di un problema gravissimo, perché sappiamo che già a 30 anni il patrimonio follicolare di una donna è ridotto di oltre il 50%; a 35 anni rimane solo il 20%; a 40 si riduce al 5%”.

GLI ULTIMI DATI
In fatto di infertilità, non esiste un genere più colpito rispetto all’altro. Le cause più frequenti di infertilità sono divise al 50% tra il maschio e la femmina. Per quanto riguarda il primo, nella maggior parte delle volte la scarsa fertilità è una cosa congenita. Si nasce quindi con un’alterazione che porta ad una minor produzione di spermatozoi. Il 10% dell’infertilità maschile sono causate da testicolo ritenuto, vale a dire quando questo non scende dopo la nascita e rimane nell’addome. Poi ci sono una serie di concause, come stress, inquinamento e fumo, che possono essere cause dirette o secondarie.

IL PRIMO CONGRESSO NAZIONALE SULLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
Il 23 e il 24 febbraio, presso la Leopolda a Firenze, si terrà il 1° Congresso nazionale sulla Procreazione medicalmente assistita, organizzato da Luca Mencaglia. Tra i focus in programma, le regole italiane ed europee per la donazione di gameti e la diagnosi genetica preimpianto.

Pma Italia è la prima organizzazione di centri nazionali pubblici e privati nel campo della procreazione medicalmente assistita, nata con l’obiettivo di contribuire alla lotta contro la sterilità umana, promuovendo studi e ricerche e valorizzando il rapporto con i pazienti: è la Fondazione di Partecipazione Pma Italia, un progetto innovativo volto a trasformare lo scenario della medicina della riproduzione nel nostro Paese a beneficio sia degli operatori che dei pazienti.

Scopo principale della fondazione è divenire l’interlocutore di riferimento per tutti i Centri di Pma sia per gli aspetti tecnici che per quelli scientifici.

ITALIA PAESE DI VECCHI
Nelle donne la maggior parte dei problemi è legata all’età. Nell’80% dei casi osservati di infertilità, è l’età a rendere complicata la fertilità. Generalmente dopo i 38 anni il rischio aumenta esponenzialmente. Ultime ricerche hanno stabilito che la data della prima gravidanza si è spostata, dal 1970 ad oggi, dai 22 ai 36 anni. “Questo ha anche conseguenze- aggiunge Mencaglia- sul tasso di rimpiazzo della nostra generazione. Noi per sostituire la nostra generazione ogni donna dovrebbe avere due figli (esattamente 2,1). In questo momento in Italia, invece, siamo a 1,3. Questo significa che nel 2050 avremo l’86% di popolazione oltre 80enne, e quindi non attiva da un punto di vista lavorativo. Con conseguenze pericolose anche sul nostro welfare.

L’ingresso degli immigrati non cambia molto la situazione: all’inizio vengono con abitudini diverse, con un tasso di gravidanza più alto, ma dopo due anni si adeguano ai nostri tassi perché riscontrano le stesse difficoltà, se non addirittura maggiori”. Una correlazione, quella con l’età, che è molto meno forte, invece, nell’uomo. “Basterebbe pensare al caso di Charlie Chaplin- spiega Mencaglia- sicuramente un 25enne è molto più fertile rispetto a un 60enne, ma non è così ingente come nella donna. Il problema quindi è molto minore nel maschio”.

Fonte Dire

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