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L’importanza dei vaccini: nel 2018 di morbillo si muore ancora e non dovrebbe essere così

L’importanza dei vaccini: nel 2018 di morbillo si muore ancora e non dovrebbe essere così

L’importanza dei vaccini: nel 2018 di morbillo si muore ancora e non dovrebbe essere così
| mercoledì 14 Marzo 2018

Quasi ci siamo. Grazie al Decreto Legge della scorsa estate le coperture vaccinali continuano a salire e per quanto riguarda il vaccino esavalente -in attesa del dato definitivo nelle prossime settimane- il risultato pare raggiunto. Molto buoni anche i dati relativi alla copertura del vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia: in questo caso siamo intorno al 93%. Ottimi risultati che non devono però indurre ad abbassare la guardia. Affinché i casi di malattia siano prossimi allo zero occorre mantenere sempre alta la copertura. Se così non fosse assisteremmo nuovamente al ritorno di patologie -come il morbillo- che dovevano essere quasi debellate.

I vaccini funzionano meglio quando le coperture sono elevate
Alla base del successo delle vaccinazioni nel prevenire la diffusione delle malattie vi è il concetto di immunità di gregge. Con questo termine si intende quel fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale considerato sufficiente all’interno della popolazione, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate. Essere circondati infatti da individui vaccinati e dunque non in grado di trasmettere la malattia è determinante per arrestare la diffusione di una patologia infettiva. La soglia minima varia a seconda dell’infezione poiché i vari patogeni (virus e batteri in grado di scatenare la malattia) hanno differenti indici di contagiosità. In generale si considera il 95% quale quota minima per far sì che si verifichi questo fenomeno.

Perché è importante aver raggiunto la copertura per il vaccino esavalente?
Il primo vaccino ad aver raggiunto la quota del 95% di copertura grazie all’introduzione dell’obbligatorietà è quello esavalente, ovvero quello che copre da difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B ed haemophilus influenzae di tipo B. Anche se alcune di queste malattie possono apparire lontane -la poliomielite ad oggi nel nostro Paese è solo un ricordo – è opportuno ricordare che, ad esempio, in Italia dal 2015 ad oggi si è assistito a un aumento delle segnalazioni di infezioni causate da Corynebacterium diphtheriae, il batterio causa della difterite.

Nella forma più classica e grave, la difterite si presenta come malattia respiratoria che si manifesta a livello delle vie aeree superiori (naso, faringe, laringe, trachea), caratterizzate dalla presenza di pseudomembrane che, aderendo alle mucose, ostruiscono il passaggio di aria e causano la morte del paziente per soffocamento.

Il morbillo è tutt’altro che innocuo
C’è ancora da fare invece per il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia. Anche se la copertura sta arrivando al 93% i dati sui casi di morbillo nel 2017 e ad inizio 2018 sono tutt’altro che confortanti.

Nel 2017, i Paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europea hanno segnalato al Centro europeo per il controllo delle malattie 14.451 casi di morbillo (4643 nel 2016), inclusi 30 decessi.
Tutti i 30 Paesi eccetto due (Lettonia e Malta) hanno segnalato casi. La Romania è stato il Paese che ha inviato il maggior numero di segnalazioni (5560), seguita dall’Italia (5004), dalla Grecia (967) e dalla Germania (929). Dal 1 al 31 gennaio 2018 12 Regioni hanno segnalato al Sistema nazionale di sorveglianza integrata morbillo e rosolia 164 casi di morbillo. Il 93% circa dei casi era non vaccinato o aveva ricevuto solo una dose. Il 40% ha sviluppato almeno una complicanza, mentre oltre la metà è stato ricoverato. Sul totale relativo a quest’anno 2 persone sono morte per insufficienza respiratoria. Una malattia tutt’altro che innocua.

Varicella: un vaccino ancora poco conosciuto
Staccata ampiamente -i dati del 2016 prima dell’obbligatorietà indicavano il 46%- c’è la vaccinazione contro la varicella. La prima dose copre al 60% e per questo ci possono essere dei casi di infezione nel tempo che intercorre fra le due vaccinazioni, ma si tratta di una malattia più lieve e meglio tollerata. Pur colpendo principalmente i bambini, negli adulti la malattia dura di più e i sintomi sono più aggressivi rispetto a quanto avviene nei piccoli. Gli adulti infatti finiscono in ospedale soprattutto a causa di eruzioni cutanee estese, talvolta emorragiche o accompagnate da polmonite. Nei piccoli invece, seppur rari, vi sono problemi a livelli respiratorio. L’infezione solitamente produce immunità a vita ma resta nei gangli delle radici nervose spinali e nel 10-20% dei casi si risveglia provocando il Fuoco di Sant’Antonio. Un motivo in più per vaccinarsi.

Fonte La Stampa

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