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Siamo quello che respiriamo: così l’inquinamento ambientale aumenta il rischio di tumore

Siamo quello che respiriamo: così l’inquinamento ambientale aumenta il rischio di tumore

Siamo quello che respiriamo: così l’inquinamento ambientale aumenta il rischio di tumore
| lunedì 5 Febbraio 2018

Meno inquinanti atmosferici migliore salute per tutti: un’equazione semplicissima sulla carta, molto più difficile da risolvere nei fatti. Si potrebbe sintetizzare così la necessità di migliorare le condizioni di salute della popolazione mondiale e la difficoltà nel concretizzare realmente tale obiettivo, riducendo effettivamente i livelli di inquinamento.

«Noi non siamo solo quello che mangiamo, ma anche l’aria che respiriamo. E, di questi tempi, la nostra aria non gode di ottima salute!- spiega il dottor Diego Serraino Direttore della SOC Epidemiologia Oncologica e del Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, IRCCS Centro di Riferimento Oncologico di Aviano – L’inquinamento ambientale e le possibili ricadute sullo stato di salute della popolazione continuano a destare una crescente preoccupazione nei cittadini e nelle persone responsabili della salute pubblica e sanitaria. Tuttavia, sebbene prioritarie, le azioni tese a salvaguardia della salute devono forzatamente trovare un difficile equilibrio con altri aspetti cruciali della nostra organizzazione sociale, in primis le dinamiche occupazionali (la questione sociale), il rispetto dell’ambiente (la sostenibilità ambientale) e lo sviluppo tecnologico.

La ricerca di questo equilibrio si inserisce in un complesso scenario caratterizzato da un aumento della sensibilità dell’opinione pubblica con frequenti segnalazioni di presunte aggregazioni di malattie in aree caratterizzate dalla presenza di sorgenti inquinanti, in particolare tra le persone che risiedono in prossimità di insediamenti industriali, inceneritori, strade statali e autostrade, porti e aeroporti».

Gli inquinanti ambientali sono cancerogeni?
A questa domanda, nel corso degli anni, hanno cercato di rispondere moltissimi studi scientifici: le evidenze fin qui raccolte permettono di affermare l’esistenza certa di un nesso di causalità fra esposizione a vari inquinanti atmosferici (innanzitutto le polveri sottili, il famoso PM10 ) e insorgenza del carcinoma polmonare e l’esistenza di un’associazione fra inquinamento atmosferico e aumentato rischio di carcinoma della vescica. A tal proposito il dottor Serraino commenta: «Quasi 8 italiani su 10 ritengono che l’inquinamento atmosferico occupi il primo posto tra le minacce per l’ambiente; molti di essi collocano l’inquinamento atmosferico tra le principali cause di malattia e morte, soprattutto tra i bambini e gli anziani.

I numeri in tal senso, purtroppo, parlano chiaro – prosegue il dottor Serraino- l’aria inquinata è in qualche modo coinvolta, direttamente o indirettamente, come concausa per la presenza di altri importanti fattori di rischio quali il fumo di sigarette o malattie già presenti,in circa 80-90.000 delle 550.000 morti che si registrano ogni anno nella popolazione italiana. Sono molte le malattie, soprattutto a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, che possono insorgere o in vicinanza a episodi di picchi di inquinamento (la cosiddetta “emergenza smog”) o anche dopo decenni, come conseguenza di esposizione prolungata all’inquinamento atmosferico. È per questo motivo che a pagarne più pesantemente le conseguenze sono i cittadini delle aree urbane o metropolitane, dove si concentrano più fonti di inquinamento atmosferico, dal traffico autoveicolare alle emissioni industriali, al riscaldamento domestico o alla contemporanea presenza di porti e aeroporti. Malattie respiratorie acute quali asma e bronchiti ricorrenti sono le più frequenti complicanze a breve termine dell’inquinamento atmosferico ma non rappresentano un pericolo immediato per la vita. Al contrario, invece, dell’infarto del miocardio che è una delle più frequenti morti causate dall’aria inquinata».

Tumori e inquinanti ambientali: qual è la situazione in Italia?
Quando si parla di genesi tumorale e inquinanti ambientali nel nostro Paese, non possono non venire alla mente i casi di cronaca relativi alla Terra dei fuochi o all’Ilva a Taranto: nello specifico, attualmente in Italia, esistono più di 40 siti di interesse nazionale per le bonifiche denominate SIN, ovvero aree in cui è stata registrata una contaminazione ambientale di tale rilevanza da indurre allarme sociale per chi vi abita.

Non a caso, per definizione l’OMS definisce i SIN come aree che ospitano, o hanno ospitato, attività antropiche che abbiano prodotto, o possano produrre, contaminazione del suolo, delle acque superficiali o di falda, dell’aria e della catena alimentare, la quale dia luogo, o possa dare luogo, a impatti sulla salute umana.

Per quanto riguarda gli studi disponibili sull’effettiva corrispondenza fra inquinamento ambientale e sviluppo dei tumori il dottor Serraino conferma: «Le evidenze raccolte permettono di considerare molto probabile, sebbene non ancora definitivamente accertata, l’associazione tra inquinamento atmosferico e aumentato rischio di carcinoma della vescica. Relativamente all’inquinamento atmosferico come causa accertata di carcinoma polmonare, un aumento consistente del rischio di tumori polmonari è stato documentato attraverso studi di coorte e caso – controllo su milioni di persone, tra cui molte migliaia di casi di persone con tumore del polmone, in tutti i continenti, ma soprattutto negli USA e in Europa inclusi studi di coorte in non fumatori. In Italia, lo studio ESCAPE, ha coinvolto le città di Roma e Torino, e la provincia di Varese con risultati del tutto sovrapponibili alle altre realtà europee».

Cosa fare concretamente per limitare gli inquinanti ambientali?
La risposta a questa domanda non è né univoca né scontata. E’ bene essere realisti e sapere che è difficile approntare soluzioni efficaci nel breve termine, ma è anche giusto avere la consapevolezza che molto è stato fatto sia in Italia, sia in Europa, e rispetto ad alcuni anni fa, i livelli di inquinamento dell’aria sono migliorati e raramente si eccedono i livelli di legge definiti a livello europeo.

Il dottor Serraino puntualizza: «I limiti normativi stabiliti dall’Europa tuttavia, non sono ritenuti ancora sufficienti per la salvaguardia della salute umana dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che spinge per ulteriori progressi. Non è chiaro se esista una dose soglia al di sotto della quale le concentrazioni di inquinanti nell’aria non siano più dannose per la salute umana, ma è ben noto che a ogni aumento di PM10 di 10 microgrammi per metro cubo di aria, il rischio di malattia e morte aumenti del 4-8%. Ecco quindi che è necessario ridurre il più possibile la concentrazione degli inquinanti, non solo di PM10 ma anche l’ozono, il monossido di carbonio, i derivati dello zolfo e dell’azoto».

«In effetti – aggiunge infine Serraino – andando a confrontare i valori limite di legge con quelli suggeriti dall’OMS, emerge un vertiginoso aumento della quota di popolazione esposta a concentrazioni di inquinanti atmosferici dannosi per la salute. Prendendo, ad esempio, l’esposizione al PM10, circa il 20% della popolazione italiana è esposta a concentrazioni medie annuali superiori ai limiti di legge: al contrario, questa percentuale sale a circa il 60% usando il criterio suggerito dall’OMS. Simili osservazioni valgono per l’ozono e gli altri inquinanti gassosi o particolati».

Fonte La Stampa

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