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Cibo, boom del ‘senza’. Colpa di moda e cattiva informazione che corre sul web

Cibo, boom del ‘senza’. Colpa di moda e cattiva informazione che corre sul web

Cibo, boom del ‘senza’. Colpa di moda e cattiva informazione che corre sul web
| mercoledì 9 Novembre 2016

Nelle scuole di Bologna sono sei i bambini, sui 18.000 che mangiano in mensa, ad avere un menu vegano. A dirlo è la presidente Camst Antonella Pasquariello, questa mattina, nel corso del convegno organizzato da Granarolo sulla sicurezza alimentare. Pasquariello, alla guida del colosso della ristorazione che serve le mense scolastiche di circa 900 Comuni, sottolinea l’aumento costante dei nuovi trend alimentari anche nelle scuole. “Andiamo sempre più verso un’alimentazione ‘senza’- ammonisce la presidente Camst- senza glutine, senza lattosio, senza carne. Dalle diete si toglie solo, per motivi sanitari, etici o religiosi. La parola su cui dovremmo focalizzarci invece è ‘con’, cioè integrare e accettare anche la diversità”. Il problema, sostiene Pasquariello, è che “manca la governance: da parte della pubblica amministrazione servirebbe una maggiore integrazione tra le diverse istanze”. A fronte di questi cambiamenti, però, “resta invariato il costo medio di un pasto che, come quattro anni fa, si attesta intorno ai 4,60 euro secondo i dati di settore”.

Alle prese con lo stesso problema è anche Granarolo. Negli ultimi anni, sottolinea il presidente Gianpiero Calzolari, i sostitutivi del latte sono cresciuti del 62%, i sostitutivi del formaggio del 34%, pasta e pane senza glutine del 33%. Ma non sempre si tratta di scelte consapevoli. “C’è anche moda e cattiva informazione- avverte il numero uno di Granarolo- la comunità scientifica dovrebbe aiutarci. Facciamo fatica, la Rete è difficile da controllare, orientare e soprattutto educare. C’è la tendenza ad ascoltare di più chi nega e fa allarmismo rispetto a chi rassicura. E’ più facile sparare robe non verificate sulla Rete, o anche sulla tv di Stato. Noi chiediamo solo di fare informazione e poi ognuno sceglie”. Le nicchie di mercato dovute ai nuovi regimi alimentari valgono nel complesso 286 milioni di euro.

Secondo i dati presentati da Nomisma, i consumi alimentari in Italia sono calati del 10% tra il 2000 e il 2015. L’anno scorso c’è stata “una leggera ripresa”, ma il semestre del 2016 ha dato di nuovo segnali “non positivi”. In questo contesto, il tasso di penetrazione dei prodotti biologici nelle famiglie italiane è passato dal 53% del 2012 al 74% del 2016. Il biologico in Italia rappresenta ormai il 3% del totale dei consumi alimentari, per un fatturato che ammonta a 2,6 miliardi di euro.

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