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La pennichella pomeridiana non deve durare più di 30 minuti

La pennichella pomeridiana non deve durare più di 30 minuti

La pennichella pomeridiana non deve durare più di 30 minuti
| domenica 9 Ottobre 2016

Via libera alla siesta, purché non duri più di 30 minuti. E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge da uno studio presentato nelle scorse settimane all’European Association for the Study of Diabetes. Chi prolunga invece il sonnellino oltre l’ora al giorno aumenta del 45 per cento il rischio di diventare diabetico. Un risultato curioso che non manca però di essere criticato da molti degli addetti ai lavori: non è infatti ancora del tutto chiaro se il diabete sia la conseguenza o la causa dell’allungarsi della pennichella.

Per arrivare a formulare questa teoria gli autori dello studio -gli scienziati giapponesi della University of Tokyo- hanno analizzato i dati di oltre 20 studi sulle abitudini comportamentali in fatto di sonno di 300 mila persone. Dai risultati è emerso che più tempo viene speso per riposare durante il giorno e maggiori sono le probabilità di sviluppare diabete. La percentuale arriva al 45 per cento se si dorme oltre l’ora. Quando invece la siesta si limita al di sotto dei 30 minuti non vi è alcun rischio aumentato.

Secondo gli autori una breve sosta può ripristinare i ritmi circadiani modificando le anomalie del nostro sistema endocrino causate dalla mancanza di sonno notturno. Non è un caso -spiegano gli autori- che chi dorme poco di notte è più affamato, possiede livelli di cortisolo più alti e soffre di disturbi nel metabolismo dei carboidrati. Una spiegazione plausibile -almeno sulla carta- che non riesce però a fugare tutti i dubbi.

«Lo studio –dichiara Naveed Sattar, professore di Medicina Metabolica all’Università di Glasgow -mostra un’associazione tra lunghi riposi e diabete. È probabile che i fattori di rischio associati con il diabete provochino questa sonnolenza. L’iperglicemia, ad esempio, provoca sonnolenza. Detto ciò il desiderio di dormire potrebbe quindi essere un precoce indicatore di diabete e non il responsabile della malattia».

 FONTE LA STAMPA

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