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Nuova Casa della Salute. Fioritti:”Integrazione multiprofessionale”

Nuova Casa della Salute. Fioritti:”Integrazione multiprofessionale”

Nuova Casa della Salute. Fioritti:”Integrazione multiprofessionale”
| sabato 12 Marzo 2016

Prevista per oggi, Sabato 12 marzo, a Casalecchio di Reno (Bo) l’attesa inaugurazione della nuova Casa della Salute. L’intervista ad Angelo Fioritti, direttore sanitario dell’Azienda USL di Bologna

 

Angelo Fioritti, psichiatra, è il Direttore sanitario della Azienda USL di Bologna. In precedenza ha guidato a lungo il Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche della stessa Azienda, e in questa veste ha avuto modo di conoscere bene il territorio e le sue necessità. Anche a lui abbiamo rivolto domande che riguardano tanto lo specifico della nuova Casa della salute di Casalecchio che il progetto più generale.

 

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D. Anche in questo caso, come già con la Dr.ssa Gibertoni, vorremmo avviare la nostra chiaccherata partendo dal significato della nuova Casa della salute di Casalecchio. Al di là dell’ovvio e dell’evidente, cioè un edificio nuovo, molto bello, sicuramente gradito ai cittadini, cosa rappresenta questa nuova Casa?
R. E’ un elemento fondamentale per lo sviluppo della sanità territoriale in un Distretto che si è caratterizzato, tradizionalmente, per una dipendenza piuttosto forte dalle strutture di Bologna, in particolare dall’Ospedale Maggiore. Rappresenta, quindi, un momento importante per due ragioni. In primo luogo perché indica in maniera incontrovertibile la volontà di invertire la rotta, e procedere con determinazione verso una sanità maggiormente orientata sul territorio, la seconda perché rafforza l’autosufficienza del Distretto e, quindi, dà ai cittadini di quello stesso Distretto riferimenti chiari, ben visibili, riconoscibili, forti e convincenti.
D. Non è poco.
R. No, e aggiungo che sono convinto che i professionisti che operano in quell’area territoriale non tarderanno a cogliere tutti i vantaggi e le opportunità, in termini di progettualità, che questa nuova situazione comporta. Anche la qualità del nuovo edificio favorisce una maggiore coesione tra la comunità dei professionisti e la collettività che abita in quel territorio.
D. Come si inserisce questa nuova Casa della salute nel progetto più ampio della Azienda sulle Case della salute nella intera area metropolitana di Bologna? Quale sarà il suo ruolo?
R. La costruzione delle Case della salute sottende l’idea di una comunità che si prende cura di sé, della propria salute. Tutto ciò non può essere separato, quindi, dalla analisi della comunità nella quale la Casa si inserisce, dei suoi bisogni particolari, e dei professionisti che operano in quel contesto per assicurare la salute in quel territorio. Il Distretto di Casalecchio ha poco più di 110 mila abitanti, ed è suddiviso geograficamente in due ambiti abbastanza omogenei, anche dal punto di vista demografico e sociale, uno che riguarda la Valle del Reno, con Casalecchio e Sasso Marconi, ed uno che riguarda la Valle del Samoggia, con Valsamoggia. Con la nuova Casa della salute di Casalecchio questi territori cominciano ad avere tutto ciò che è necessario per garantire un’ottima assistenza territoriale. In particolare, l’insieme delle Case della salute di Sasso Marconi e di Casalecchio ci mettono in condizione di garantire in quel territorio tutte le attività che hanno a che fare con l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento e, soprattutto, tutto ciò che riguarda la presa in carico delle persone con patologie croniche, di quelle con disabilità psichiatrica ed esigenze nell’ambito della neuropsichiatria infantile, e delle persone che hanno problematiche rilevanti di carattere psico-sociale e socio-sanitario.
D. Quindi un puto di riferimento per la popolazione fragile?
Proprio così, un punto di riferimento che deve essere in grado di assicurare, oltre all’accesso, all’orientamento e all’accompagnamento la presa in carico delle popolazioni più fragili. Dal punto di vista fisico rientrano in questa macrocategoria gli anziani con patologie multiple, le persone con disabilità, primaria o acquisita, le persone con patologie croniche, quelle con patologie oncologiche. Non dimentichiamo poi le tossicodipendenze, e le persone che vivono in condizioni di vulnerabilità sociale e socio-sanitaria. Stiamo parlando, quindi, numeri alla mano, di 4-5.000 persone. Non è impossibile, quindi, immaginare di chiamare a questa sfida tutti i professionisti che operano nella zona, dai medici di medicina generale agli specialisti ambulatoriali, dagli esperti del Dipartimento d salute mentale, gli infermieri, dagli operatori socio-sanitari agli educatori. Mi sembra una impresa ampiamente alla nostra portata, ed è chiaro ed evidente che la Casa della salute consente di dare un luogo fisico, ancorché non esclusivo, a tutte queste professionalità. Noi conosciamo questo gruppo di 4-5 mila persone e, una volta censite, è ragionevole immaginare che la Casa della salute diventi rapidamente il loro punto di riferimento primario, dove trovano percorsi adeguati alla loro presa in carico.
D. C’è anche una dimensione culturale di questa nuova presenza sul territorio?
Certamente. La Casa della salute, come la Casa della conoscenza, che dista poche centinaia di metri, deve diventare un luogo di cultura, dove si fa informazione nei confronti della popolazione, ma si realizzano anche scambi culturali tra professionisti. Vogliamo che diventi un luogo vivo, vitale, frequentato, non un mero luogo di erogazione di prestazioni, ma un posto nel quale si guardi alla salute nella sua accezione più ampia e piena, che ha a cuore anche la realizzazione della dimensione comunitaria.

 

D. Torniamo al Distretto.
R. Il Distretto di Casalecchio si è sempre caratterizzato per una forte dimensione territoriale. Sul suo territorio è presente un solo ospedale, Bazzano, e una clinica privata accreditata, Villa Chiara. La presenza di una Casa della salute come quella di Casalecchio rafforza e concentra, rendendola più visibile, la vocazione territoriale del Distretto, con la creazione di comunità coese e forti. Una vocazione agevolata anche dal fatto che quel Distretto per primo ha sperimentato l’Azienda di servizi alla persona, ha più dell’80% dei medici di medicina generale che lavora in gruppo, ed è un Distretto piuttosto equilibrato dal punto di vista socio-demografico ed economico, senza grandi squilibri tra la popolazione, ciò che consente di ridurre una serie di problemi di salute legati alle diseguaglianze. In alcune aree, come Casalecchio di Reno, registriamo indici di vecchiaia superiori al dato medio aziendale, ma sono bilanciati da altre aree territoriali, come Valsamoggia e Zola Predosa, decisamente più giovani. Alcuni indicatori, come gli indici di adesione alle campagne di screening per la prevenzione dei tumori (mammella, cervice uterina, colon-retto) segnalano che siamo di fronte ad una comunità che ha cura di sé, della propria salute, in maniera proattiva.

 

D. Quindi ci sono segnali evidenti della presenza di una attenzione verso temi che ci aspettiamo siano sviluppati dalla Casa della salute?
R. Certamente, in questo senso possiamo dire che la Casa della salute rafforzerà questa attitudine che la comunità di riferimento, dati alla mano, dimostra di possedere già.

 

D. Abbiamo citato più volte le comunità professionali e il loro ruolo. Ma che cosa sono effettivamente queste comunità, e come la Casa della salute può sostenere e concorrere a realizzare il percorso virtuoso che può avere un protagonista nelle comunità professionali?
R. Siamo in presenza, ormai da anni, di ospedali che concentrano al loro interno risorse professionali e tecnologiche e si trasformano, sempre di più, in luoghi nei quali si trascorrono periodi brevissimi solo in situazioni di acuzie che richiedono interventi tecnologicamente molto avanzati. In queste condizioni acquista un rilievo crescente il lavoro sul territorio. La comunità professionale ospedaliera è molto riconoscibile, anche grazie al fatto che c’è un luogo di lavoro unico, l’ospedale. Le stesse relazioni tra operatori sono rese più facili dalla convivenza in quello stesso luogo. Noi dobbiamo realizzare qualcosa di analogo anche sul territorio, anche se i luoghi interessati possono essere più di uno, e il luogo nel quale la comunità professionale può e deve incontrarsi, per riconoscere e condividere tempi e modalità di lavoro è la Casa della salute.
Se mettiamo insieme tutti i medici di medicina generale che operano in un bacino di utenza di circa 60.000 abitanti, tra 40 e 50, tutti i professionisti che sono impegnati nei percorsi di presa in carico domiciliare, ambulatoriale, consultoriale, il personale del Dipartimento di salute mentale, chi si occupa di prevenzione, chi opera nell’ambito delle attività socio-sanitarie, se guardiamo ad un territorio come quello di Casalecchio e di Sasso Marconi siamo in presenza, a spanne, di un gruppo di circa 150 professionisti, che equivalgono, grosso modo, a quelle attive in un piccolo ospedale. Queste persone, ancor più di quanto non facciano già oggi, devono riconoscersi e proporsi come una comunità che ha il compito di tutelare la salute di una determinata popolazione, quindi devono conoscersi e condividere pratiche e percorsi per una presa in carico sostenuta e convincente di quella popolazione fragile alla quale facevamo riferimento. Questo significa che la Casa della salute deve diventare un luogo di incontro, di formazione, di condivisione tra tutte queste figure che oggi risultano ancora non sufficientemente coerenti e organizzate, spesso divise per articolazione organizzativa di appartenenza, o per affiliazione al Servizio sanitario, dipendenti, convenzionati, ecc., o ancora sulla base della distinzione pubblico/privato. Ricordiamo, a tal proposito, che una parte della specialistica ambulatoriale o della diagnostica complessa sono svolti dal privato, che vuole avere la possibilità di entrare nella comunità professionale non solo come prestatore di opera o produttore di prestazioni. Se riusciamo a realizzare tutto ciò, rendiamo la presa in carico sul territorio convincente e credibile, e rassicurante almeno quanto ciò che il cittadino percepisce entrando in un ospedale.

 

D. La valutazione attenta del profilo epidemiologico dei territori nei quali le Case della salute sono inserite è agevole, o si tratta piuttosto di un work in progress che richiederà tempo?
R. L’analisi dei bisogni di un ambito di popolazione è estremamente importante, perché l’equità non consiste nel dare le stesse cose in maniera indifferenziata a tutti, ma piuttosto nel dare a ciascuno in relazione ai propri bisogni. E l’analisi dei profili di salute ci mostra come ci siano differenze, nei diversi territori, a volte anche significative, rispetto alle patologie cardiovascolari, piuttosto che a quelle respiratorie o alle dipendenze. E di questo stiamo tenendo conto, attraverso una programmazione più attenta, in alcuni casi già avviata, in altri casi ancora da realizzare. Per quanto riguarda più specificamente Casalecchio, possiamo dire che il suo profilo epidemiologico si attesta su valori medi all’interno dell’area metropolitana di Bologna. Le differenze più marcate le verifichiamo, invece, tra Bologna e i distretti più distanti, per esempio quello di montagna.

 

D. Il dibattito sulle funzioni delle Case della salute è stato accompagnato in tutti questi anni da alcune parole chiave, che spesso hanno visto grandi teorizzazioni, non sempre seguite da fatti concreti. Una di queste è prevenzione. Cosa possiamo aspettarci su questo terreno dalla Casa della salute di Casalecchio?
R. Il censimento della popolazione fragile che è stato effettuato ha consentito di individuare le persone che hanno maggior bisogno di essere prese in carico per condizioni di fragilità fisica o psico-sociale. Questa mi sembra una tipica strategia da medicina di iniziativa. Mi sembra un buon esempio di quanto possiamo fare in concreto per integrare attività di medicina generale o di cure intermedie. Si tratta, in definitiva, di procedere in questa direzione, con maggiore decisione, sistematicità e coerenza, e sicuramente l’avvio della Casa della salute di Casalecchio ci aiuta, perché diventa un punto di riferimento e di coordinamento certo. Un ulteriore aiuto ci arriverà dalle molte Associazioni di volontariato presenti, da sempre, nel territorio di Casalecchio. Sono convinto che svolgeranno un ruolo molto positivo a sostegno di attività di prevenzione e di promozione della salute. Di tutto ciò troviamo, peraltro, tracce abbondanti anche nel Piano regionale della prevenzione. Ma, insomma, direi che ci sono tutte le condizioni per fare un buon lavoro anche su questo terreno.

 

D. Uno dei tratti distintivi della Casa della salute di Casalecchio e, più in generale, della progettualità che ad esse fa riferimento, sembra essere la “prossimità” dei cittadini alla Casa della salute, la loro vicinanza, vista come elemento del quale tenere conto.
R. Sì, la prossimità è diventato un elemento fondamentale della nostra programmazione sanitaria, e stiamo lavorando per riequilibrare sull’intero territorio dell’area metropolitana le attività tradizionalmente concentrate a Bologna. Stiamo riportando alcune di esse sul territorio, stiamo creando alcune agende riservate ai cittadini del territorio per la prenotazione di visite ed esami specialistici, e ci siamo posti l’obiettivo ambizioso di garantire l’autosufficienza dei territori per almeno il 70% delle attività specialistiche, in maniera da ridurre al minimo indispensabile le migrazioni interne alla stessa area metropolitana. Tutto ciò per agevolare i cittadini, ma anche per consentire l’aggregazione delle comunità professionali locali.

 

D. Quale sarà il contributo dei tre Dipartimenti territoriali (Cure primarie, Salute mentale e Sanità pubblica) alle attività della nuova Casa della salute?
In generale sono convinto che i professionisti impegnati nella nuova Casa della salute debbano avere un duplice punto di riferimento. Per quanto riguarda le competenze tecnico-professionali è bene che continuino a guardare ai Dipartimenti, per quanto attiene alle attività clinico-assistenziali e, soprattutto, le patologie croniche o multiple, il riferimento dovrà essere, invece, prevalentemente territoriale. Noi terremo presente questa impostazione in tutte le nostre attività di formazione, partendo dalla convinzione che tutta la medicina contemporanea ruota attorno a questa impostazione.

 

D. Il Dipartimento della Cure Primarie, per esempio, quale ruolo è chiamato a svolgere?
R. Ha un ruolo sicuramente preminente, perché è titolare della relazione con i medici di medicina generale, quindi con l’anello prioritario, il punto di primo accesso del cittadino alla sanità. Poi non dobbiamo dimenticare alcuni aspetti della specialistica, e l’attività dei Consultori. E’ una specie di fratello maggiore, in una famiglia nella quale sono presenti altre componenti, come la Salute mentale, piuttosto che la Sanità pubblica, così come il privato accreditato. E’ importante sottolineare il ruolo del Direttore del Distretto, che è il garante principale della integrazione di tutte queste componenti. Il Direttore di Distretto è una specie di Direttore generale sul territorio. E’ a questa figura che spetta la lettura dei bisogni di cura e di assistenza, e di salute su quel territorio, ed è a questa figura che spetta l’individuazione delle attività da svolgere e la verifica della coerenza e del coordinamento tra di esse, oltre che la qualità e l’efficacia di ciò che si mette a disposizione dei cittadini. Quindi un ruolo veramente fondamentale.

 

D. E per quanto riguarda, invece, la Salute mentale e la Sanità pubblica? Opereranno secondo schemi tradizionali, classici, oppure la Casa della salute li obbligherà ad innovare?
R. Sono pezzi del Servizio sanitario che hanno una vocazione e una dimensione territoriale da almeno 40 anni a questa parte. Hanno già mostrato, in qualche modo, che è possibile invertire la proporzione ospedale-territorio e puntare su attività prevalentemente territoriali. I bisogni della popolazione, nel frattempo, sono cambiati profondamente. C’è una domanda molto forte di prevenzione e promozione della salute, per esempio, oltre che di salute mentale. Sono convinto che occorra rafforzare la capacità di intervento sulle patologie minori, in collaborazione con la medicina generale. Per esempio dobbiamo sperimentare la presenza all’interno della Case della salute dello psicologo, per i disturbi minori, e rafforzare i percorsi di presa in carico della salute fisica sulle patologie mentali più gravi.

 

D. Avviandoci alla conclusione di questa chiaccherata, una parte consistente di ciò che ci aspettiamo dalla Casa della salute di Casalecchio è sostanzialmente legata alla possibilità di sperimentare una forte innovazione di ciò che le Case della salute sono state sinora. E’ così?
R. Sì, è così, e aggiungo che proprio per questa ragione abbiamo grandi aspettative.

 

D. E nell’immediato cosa cambierà, in concreto, per i cittadini?
R. Mi aspetto che riconoscano una diversa capacità di presa in carico da parte nostra. E che si sentano più compresi.

 

S.A.Inglese

 

Fonte: Sito Ausl di Bologna


 

 

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