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Quelle maschere colorate per i bambini in cura al Sant’Orsola di Bologna

Quelle maschere colorate per i bambini in cura al Sant’Orsola di Bologna

Quelle maschere colorate per i bambini in cura al Sant’Orsola di Bologna
| domenica 7 Agosto 2016

Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e Infermieri del reparto di Radioterapia del Policlinico di Sant’Orsola, diretto dal professor Alessio Morganti, aiutano i bambini colpiti da un tumore ad affrontare i trattamenti, indossando una maschera che li trasforma in supereroi contro la paura e la malattia. Lo racconta oggi Repubblica.

Nel tempo libero, gli operatori sanitari realizzano delle maschere per i piccoli pazienti che devono fare la radioterapia: “Loro scelgono i personaggi, noi le coloriamo. E col gioco aiutiamo a superare il trauma di quei momenti”.

Bambini e bambine che lottano contro il tumore che effettuano diverse e sedute di radioterapia. Michela e Angela, due donne fortissime, tecniche e veterane del reparto, ebbero anni fa l’idea di dipingere nel tempo libero delle maschere coi personaggi preferiti dai piccoli pazienti. Così durante le cure, mentre i fasci laser colpiscono le parti malate del corpo e bisogna stare assolutamente fermi per non sbagliare, i bimbi supereroi non si muovono. E persino un momento difficile può trasformarsi in un gioco.

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Foto di Paolo Righi – tratte dal sito La Repubblica

 

Foto di Paolo Righi - tratte dal sito La Repubblica
Foto di Paolo Righi – tratte dal sito La Repubblica

 

Foto di Paolo Righi - tratte dal sito La Repubblica
Foto di Paolo Righi – tratte dal sito La Repubblica

 

Foto di Paolo Righi - tratte dal sito La Repubblica
Foto di Paolo Righi – tratte dal sito La Repubblica

 

Foto di Paolo Righi - La Repubblica
Foto di Paolo Righi – La Repubblica

 

“Così i bambini entrano nel personaggio”

L’idea di colorare le maschere è nata per caso anni fa. Una bimba, Martina, doveva sottoporsi a una seduta. “Urlava, piangeva, non stava ferma. Quando i pazienti hanno più di 5 o 6 anni, cerchiamo di evitare l’anestesia generale, perché ha effetti pesanti. Così abbiamo dipinto una delle maschere con un gattino. Com’era brutta la prima! Ma ha funzionato: Martina è rimasta ferma per i quindici minuti della terapia. Da allora non abbiamo smesso. L’associazione Amici di Beatrice ci aiuta a raccogliere i fondi per i colori, per il resto ci autofinanziamo”. Le maschere, in realtà, non sono del tutto un gioco. Si tratta di “fogli” di plastica dura che, ammorbiditi nell’acqua calda, vengono modellati sul viso e le spalle del paziente sdraiato. Alle estremità hanno dei fori, perché vanno avvitate al letto: servono, appunto, a tenere una persona ferma. Un po’ fanno paura. Se sono colorate, l’effetto cambia.

Quando i bambini ci conoscono per la prima volta – racconta Michela – si spaventano. L’impatto iniziale è difficile. Allora spieghiamo come funziona la maschera e chiediamo come la vorrebbero colorare. Abbiamo pure un raccoglitore con alcuni modelli realizzati in questi anni: l’Uomo Ragno, Batman, Lilli e il Vagabondo, Minnie. Una volta ce ne hanno chiesta una che ricordasse il mare. L’abbiamo colorata di azzurro e disegnato dei pesci. Ecco, quando vedono le maschere e le “indossano”, i bambini entrano nel personaggio, ti ascoltano, non fai più fatica a parlare con loro”.

Leggi l’articolo intero su La Repubblica

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