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Camionisti e assistenti sociali: ecco le categorie con rischio cardiaco più alto

Camionisti e assistenti sociali: ecco le categorie con rischio cardiaco più alto

Camionisti e assistenti sociali: ecco le categorie con rischio cardiaco più alto
| sabato 11 Febbraio 2017

Il triste primato spetta ai camionisti, seguiti dagli assistenti sociali. I meno esposti sono gli agricoltori, i pescatori, gli artisti e i giornalisti. Le malattie cardiovascolari colpiscono anche in base al lavoro che si compie quotidianamente. È questo il messaggio emerso nei mesi scorsi da uno studio pubblicato dal bollettino del centro per la prevenzione e il controllo delle malattie statunitense.

 

VALUTATI SETTE PARAMETRI CLINICI E GLI STILI DI VITA
I ricercatori hanno valutato la salute del cuore sulla base di sette parametri: pressione, colesterolo, dieta, attività fisica, indice di massa corporea, diabete e fumo. I ricercatori hanno analizzato i dati di sessantaseimila lavoratori di ventidue diverse categorie professionali diverse, valutando la salute cardiaca secondo i parametri clinici e gli stili di vita. È stato così possibile determinare che i camionisti e i lavoratori nei servizi sociali hanno un rischio più alto di ammalarsi di poco superiore al quattordici per cento.

Al contrario, agricoltori, pescatori e operatori dei media sono rientrati in un range di sufficienza per tutti i parametri considerati. Al di fuori, per non più di due di essi, è rimasto soltanto il cinque per cento di loro. «I lavori nemici del cuore sono quelli sedentari e ripetitivi – commenta Salvatore Novo, direttore della divisione di cardiologia dell’ospedale universitario Giaccone di Palermo, a margine di un convegno sul rischio cardiovascolare organizzato nel capoluogo siciliano dalla Fondazione Internazionale Menarini -.

Lo studio americano ha messo in cima nella classifica dei lavoratori più a rischio i camionisti. L’assenza di movimento li porta ad accumulare peso. A ciò si aggiunge un’alimentazione scorretta, con pasti ricchi di grassi e consumati troppo in fretta. Il lavoro stressante o deprimente è dannoso anche perché altera il sonno veglia, i sistemi di secrezione ormonale e nella maggior parte dei casi anche del ritmo che riguarda la pressione nelle ore del giorno».

 

COLESTEROLO LDL: LIVELLI PIU’ BASSI PER CHI HA GIA’ AVUTO UN INFARTO O UN ICTUS
Vita sana, poco stress e controllo di peso corporeo, colesterolo e pressione. Sono questi i consigli principali per ridurre il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari. Le nuove linee guida europee consigliano di tenere sotto controllo il livello massimo del colesterolo, ma soprattutto il colesterolo Ldl, che nella popolazione generale deve essere minore di 115 mg/dl. Attenzione però: nelle persone che hanno già avuto un evento cardiovascolare, il colesterolo Ldl non deve superare la soglia dei 70 mg/dl.

Aggiunge Novo: «Inoltre non va dimenticata la familiarità: se un parente stretto è stato colpito da un evento cardiovascolare, come un infarto o un ictus, prima dei cinquant’anni, il rischio aumenta, come viene segnalato dalle nuove Linee Guida europee sulla prevenzione cardiovascolare». Per quanto riguarda invece la pressione, «i livelli consigliati sono di 140-90 per tutti, con una maggiore tolleranza per le persone anziane (si può arrivare a 160 di massima) e maggior rigore per le persone con diabete (130-85)».

 

L’ADERENZA TERAPEUTICA E’ FONDAMENTALE
La prevenzione cardiovascolare non si traduce soltanto in salute per i cittadini, ma anche in un risparmio per il Sistema sanitario. Secondo Novo, «la necessità di privilegiare l’attenzione agli stili di vita è oggi più che mai importante in un quadro di persistente crisi economica e di aumento dell’aspettativa di vita, con tutte le conseguenze legate alla crescita delle malattie croniche e di aumento di costi per i sistema sociosanitari di tutto il mondo».

Un messaggio che risulta rivolto anche alla popolazione, riluttante a cambiare stile di vita e a curarsi quando è necessario. Tanto è vero che quanti hanno bisogno di curarsi e non lo fanno raggiungono cifre alte. «Un anno dopo essere stato colpito da un infarto un paziente su quattro abbandona la terapia per ridurre il colesterolo, incrementando in alcuni casi fino al 50 per cento il rischio di complicanze che possono contribuire a un secondo attacco», conclude lo specialista.

Fonte: FABIO DI TODARO La Stampa

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