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Il 5% degli adolescenti in Italia ha una dipendenza dai siti internet

Il 5% degli adolescenti in Italia ha una dipendenza dai siti internet

Il 5% degli adolescenti in Italia ha una dipendenza dai siti internet
| venerdì 21 Luglio 2017

Studio pubblicato sulla rivista Neuropsychiatry. Porno, shopping e gioco sono le aree in cui i giovani passano più tempo, fino a sviluppare un vero e proprio disturbo patologico

iphone-500291_960_720Adolescenti sempre più dipendenti dalla rete, in Italia sono il 5%.

Gli studi che hanno provato a quantificare il problema – in crescita da che internet ha invaso le nostre vite e tutti i settori di lavoro – sono diversi e usano diverse tecniche. Così le percentuale rilevate nei diversi paesi variano. Si va dall’1% dei giovani norvegesi all’8% di dipendenti da internet fra i giovani americani che hanno dai 18 ai 22 anni, fino agli adolescenti italiani colpiti per il 5% secondo uno studio realizzato da Roberto Poli, responsabile del servizio psichiatrico diagnosi e cura dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Cremona e autore dell’articolo. Nel 2012 Poli ha analizzato 2533 studenti delle scuole secondarie. Il 5% era dipendente e lo 0,79 % lo era in modo grave. La dipendenza dall’online può riguardare il gioco lo shopping, i social network ma soprattutto i siti porno. L’attrazione degli adolescenti per questi siti è presto spiegata: per ragioni ormonali hanno una maggiore attrazione verso la sessualità.

 

pokemon-1553971_960_720Dice Poli: «Gli adolescenti sono biologicamente e psicologicamente più vulnerabili alle dipendenze. Il virtuale può essere una fuga e pone una serie di problemi» continua. «Come influenze negative sul rendimento lavorativo o scolastico, tendenza all’isolamento dal mondo reale e preferenza del mondo virtuale e difficoltà a gestire e limitare il tempo online. Si rischia da un lato che non ci sia un adeguato sviluppo della maturazione psicosessuale e dall’altro anche di funzionamento sessuale come conseguenza dell’uso eccessivo della sessualità online».

Chi utilizza internet in modo ossessivo è di solito predisposto. «Il dipendente virtuale è spesso una persona timida, schiva, che rifugge dalla sessualità agita, perché il virtuale consente una presenza-assenza dell’altro» continua Poli. Il profilo del malato di internet è questo: giovane, maschio, un uso di internet in età precoce, la disponibilità di tanto tempo libero; gli uomini sono colpiti in misura doppia rispetto alle donne.

La dipendenza scatta quando la connessione dura più di 6 ore al giorno o 40 ore alla settimana e la conoscenza e l’utilizzo di Internet in età sempre più precoce è una delle cause dell’aumento delle patologie che sono spesso collegate ad altri problemi di tipo psichiatrico come ansia, depressione, disturbo ossessivo compulsivo. Chi già soffre di queste malattie più facilmente svilupperà una dipendenza.

E come tutte le dipendenze quella che ci trattiene online anche quando non vorremmo risiede nel nostro cervello: «Dal punto di vista neurobiologico nel cervello si attivano gli stessi circuiti cerebrali e gli stessi neurotrasmettitori implicati nella dipendenza da sostanze. Si attivano i cosiddetti circuiti di reward, cioè di gratificazione e rinforzo, con scarica di dopamina che è il neurotrasmettitore chimico del piacere».

 

E così si hanno vere e proprie crisi di astinenza quando non si può accedere ad internet:

«I sintomi sono gli stessi delle dipendenze classiche da sostanze ossia irritabilità, nel caso di impossibilità di accedere a internet e tolleranza, necessità di aumentare il tempo di permanenza in Internet e difficoltà a tornare offline»

Due buone notizie si aggiungono a questo quadro allarmante: manca un metodo «gold standard» , unico per misurare il fenomeno e cio in parte puo piegare le diverse percentuali a seconda dei paesi e serve che si sviluppi una misurazione comune. Poi, con l’aumento della diffusione del problema aumentano anche le possibilità di cura. «La dipendenza come tale va curata con percorsi psicoterapici e con presa in carico da parte dei Servizi Dipendenze territoriali che negli ultimi anni si sino attrezzati a curare non solo le dipendenze da sostanze, ma anche appunto le cosiddette dipendenze comportamentali».

Fonte www.lastampa.it

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