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La metafora del semaforo: così reagiamo agli stimoli esterni

La metafora del semaforo: così reagiamo agli stimoli esterni

La metafora del semaforo: così reagiamo agli stimoli esterni
| venerdì 20 Gennaio 2017

LA TEORIA POLIVAGALE DI PORGES: LA NOSTRA RISPOSTA AI TRAUMI

Il neurofisiologo americano Stephen Porges ha negli ultimi anni divulgato il risultato di suoi studi decennali a proposito della risposta dell’essere umano al trauma. I suoi studi, iniziati con l’osservazione clinica di neonati, hanno toccato branche differenti della medicina, dalla neurofisiologia alla cardiologia, dalla pediatria alla psicoterapia cognitiva, per giungere alla formulazione di quella che viene definita Teoria Polivagale.

Porges ha osservato che a seconda di come noi interpretiamo un evento ritenuto minaccioso, si mettono in moto al nostro interno differenti circuiti nervosi, con conseguenze dirette sul nostro comportamento.

Di fronte a una stimolo potenzialmente minaccioso (per esempio un passante che ci fermi per strada di notte), Porges spiega che potremo avere tre tipi di risposte, e per rendere più semplice la comprensione di questo meccanismo propone l’immagine del semaforo, distinguendo tre livelli di minaccia percepita: verde, gialla e rossa.

LA METAFORA DEL SEMAFORO: I TRE TIPI DI RISPOSTA

redhead-1913641_960_720RISPOSTA VERDE
Quando ci troviamo a fronteggiare un evento che riteniamo non minaccioso (per esempio un estraneo che ci chiede un’informazione con tono gentile) siamo di fronte a uno stimolo/minaccia che ci porta a quella che Porges chiama risposta Verde.

In situazioni di questo tipo attiviamo un circuito nervoso (Social Engagement System), che ci predispone a un confronto sociale, consentendoci cioè di guardare il nostro interlocutore negli occhi, di identificarci in lui e ascoltare cosa ha da dire in modo pacato, di interagire e cercare una collaborazione.
Questo tipo di risposta ci permette di godere della presenza dell’altro senza allarmarci (Porges definisce questa condizione «immobilità senza paura»).

RISPOSTA GIALLA
Se interpretiamo poi lo stimolo a noi davanti come maggiormente minaccioso (per esempio un estraneo che ci ferma per strada con fare aggressivo), entriamo in un assetto che l’autore chiama «di risposta Gialla». In questi momenti la nostra vigilanza aumenta, e ci predispone a una reazione duplice: la risposta di fuga e -laddove questa non fosse possibile – la risposta di attacco. In altre parole, cerchiamo di allontanare la minaccia e la fronteggiamo quando non siamo in condizione di farlo.
In questa condizione di «mobilizzazione» (ovvero di tendenza alla reazione, alla fuga o all’attacco), entrano in gioco altri circuiti nervosi che, per una legge gerarchica, disattivano il prima citato Social Engagement System.  In questa condizione, quindi, non ricercheremo l’interazione con il nostro «interlocutore minaccioso», ma passeremo ai fatti preparandoci a una reazione di attacco/fuga.

Questo tipo di risposta è una risposta antica, evoluzionisticamente parlando: non serve pensare, e proprio perchè non serve pensare, le funzioni «superiori» del cervello come la memoria e il linguaggio lasciano il posto a reazioni più istintive e veloci.  É la risposta messa in atto da un ragazzo interrogato da parte di un professore autoritario: minacciato dal ruolo dell’interlocutore, entra in uno stato di minaccia che Porges classificherebbe come «risposta Gialla», appunto, senza potersi avvantaggiare delle normali capacità cognitive (come il linguaggio e la memoria) e andando quindi «in palla».

little-boy-1635065_960_720RISPOSTA ROSSA
Quando infine percepiamo che lo stimolo è soverchiante (stiamo per esempio subendo un’aggressione fisica da parte di un estraneo, in un luogo isolato) ed è totalmente impossibile cercare un dialogo (risposta VERDE), scappare o attaccare (risposta GIALLA), la parte più antica del nostro Sistema Nervoso Autonomo si attiva, conducendoci a reazioni estreme.

In situazioni di questo tipo, arriviamo a sperimentare dei momenti di assenza e di distacco dal momento presente (sintomi dissociativi) fino allo svenimento (sincope vagale). In questo modo la mente cerca di fuggire da sè stessa, intanto che il corpo si disattiva (questo comportamento, la morte simulata o feigned death, ha la funzione in natura di stoppare l’attacco da parte di un predatore su una preda, interpretata come già morta).

Questa è la risposta che Porges chiama risposta Rossa, caratterizzata da uno stato di «immobilizzazione spaventata» in cui le altre risposte non sono possibili.

Come si osserva in questa semplicistica sintesi della Teoria Polivagale, la mente risponde agli stimoli minacciosi tentando diverse vie, che vengono attivate in modo gerarchico: quando non funziona il tentativo di socializzare, passerò alla reazione di attacco/fuga (perdendo l’uso di funzioni cognitive come memoria, linguaggio, empatia, ma vivendo in un presente animalesco che deve consentirmi di preservare la mia incolumità) e infine, dove questo non sia possibile, metterò in atto risposte di annullamento della coscienza così da stoppare il mio persecutore dalle sue violenze.

TEORIA POLIVAGALE NEL LEGGERE LE REAZIONI NELLA VITA QUOTIDIANA
Riconducendo tutto questo alla nostra vita quotidiana osserviamo che, pur non trovandoci in una giungla minacciosa in cui ogni giorno dobbiamo fare i conti con possibili predatori, viviamo quotidianamente minacce e attacchi al nostro territorio «di sicurezza».

La Teoria Polivagale è molto potente perchè può divenire un filtro attraverso cui possiamo scoprire il nostro stile di risposta prevalente: come reagiamo agli imprevisti? Che tipo di risposta tendiamo a mettere in atto di fronte a una possibile minaccia alla nostra sicurezza?

È inoltre utile per trovare una spiegazione ad alcune risposte comportamentali di difficile comprensione (per esempio l’«andare in palla» prima citato, oppure la reazione di svenimento, o ancora comportamenti apparentemente animaleschi messi in atto da persone in condizione di forte minaccia, etc.).

E’ dove esiste uno stile dominante di risposta (quando cioè reagiamo a uno stimolo ambiguo sempre allo stesso modo, con lo stesso tipo di risposta -per esempio allarmandoci a ogni problema, al di là della natura del problema stesso) che si crea un quadro di problematicità: manca la possibilità di produrre con flessibilità tutte e tre le risposte (verde, gialla e rossa) a seconda del contesto, dando la giusta «misura» a problemi magari molto diversi fra loro.

Fonte: RAFFAELE AVICO La Stampa.it

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