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Mutilazioni, in Italia 35.000 le donne vittime

Mutilazioni, in Italia 35.000 le donne vittime

Mutilazioni, in Italia 35.000 le donne vittime
| mercoledì 8 Febbraio 2017
Campaign to stop Female Genital Mutilation
Fonte: Flickr/Campaign to stop Female Genital Mutilation

Roma, 8 feb. – Circa tre milioni di bambine sono a rischio di mutilazione genitale nei prossimi 10 anni. Oltre 200 milioni le donne che le mutilazioni genitali femminili (Mgf) le hanno gia’ subite. Questi, ad oggi, i dati relativi a una pratica, dichiarata violazione dei diritti umani dall’Onu nel 2012, che e’ ancora legata alle tradizioni di 28 Paesi africani e numerosi Paesi asiatici, e che riguarda oggi anche l’Europa: in seguito al fenomeno migratorio, secondo il Parlamento europeo, nel Vecchio continente sono circa 500mila le donne che hanno subito Mgf e 20.000 le bambine a rischio.

Se ne e’ discusso in occasione della XIV Giornata mondiale contro le Mutilazioni genitali femminili, durante un seminario organizzato dall’Istituto Dermatologico San Gallicano nella sala Tevere della sede della Regione Lazio di via Cristoforo Colombo, dal titolo ‘Abbandonare una pratica tradizionale pericolosa: la lotta alle Mgf’. “Dobbiamo abbattere i muri e incontrare le persone per convincerle ad abbandonare una pratica senza tradire la propria cultura, all’interno di una dimensione di rispetto delle culture ma anche della salute e della dignita’ di tutte le bambine del mondo” ha dichiarato Aldo Morrone, direttore Dermatologia clinica del San Gallicano.

“L’Italia – ha poi aggiunto – e’ tra i Paesi dove c’e’ forte la presenza di donne provenienti da zone dove queste pratiche sono comuni. Sono circa 30-35mila le donne, ma non abbiamo dati certi, che hanno subito una mutilazione nella loro vita e che sono presenti in Italia. Il problema emerge – ha spiegato – quando queste donne si presentano al Pronto soccorso o nei reparti di Pstetricia per un parto, perche’ cosi’ e’ reso impossibile l’intervento di un ostetrico, e bisogna effettuare un parto cesareo senza cui il rischio di morte della madre e del feto e’ molto elevato”.

Il seminario e’ stato un’occasione per discutere su come affrontare il problema anche nel nostro Paese e con il coinvolgimento delle comunita’ di migranti provenienti dai Paesi a forte tradizione escissoria, e per realizzare insieme al personale socio-sanitario, strategie di prevenzione e contrasto. “Non abbiamo piu’ notizie che l’infibulazione o pratiche simili avvengano in Italia, dove dal 2006 c’e’ una legge le proibisce – ha spiegato Morrone – ma a questa legge andavano accompagnate risorse per far si’ che potessimo incontrare le donne e fare abbandonare questa tradizione. Oggi non abbiamo conoscenza dell’uso di questa pratica nel nostro Paese- ha concluso- ma non possiamo escludere che ci siano ancora casi”. “L’Istituto Dermatologico San Gallicano – ha detto il direttore generale Ifo, Francesco Ripa di Meana – e’ da sempre attento alle problematiche di salute delle donne straniere, in particolare in Africa dove ha promosso varie attivita’ e la nascita di diversi ospedali per fronteggiare tale fenomeno ed oggi conferma il proprio impegno nel contrasto di tale pratica sia nei Paesi interessati al fenomeno e sia in Italia, anche come riferimento per molti operatori sanitari.

Questo impegno si colloca nella particolare attenzione che insieme all’Istituto nazionale Tumori Regina Elena rivolgiamo incessantemente alla salute delle donne”. (Red/ Dire)

Foto: Campaign to stop Female Genital Mutilation https://www.flickr.com/photos/unamid-photo

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