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Neonati abbandonati, SIN: “Le mamme devono sapere che non sono sole”

Neonati abbandonati, SIN: “Le mamme devono sapere che non sono sole”

Neonati abbandonati, SIN: “Le mamme devono sapere che non sono sole”
| domenica 4 Giugno 2017

” Le mamme devono sapere che non sono sole!” E’ così che secondo la Società italiana di neonatologia (Sin) si può prevenire l’abbandono dei neonati e contrastare l’infanticidio. Ed è così che forse si possono evitare tragedie, come quella della morte del neonato di Settimo Torinese (TO), ritrovato avvolto in un asciugamano in condizioni gravi. Per i neonatologi occorre un’azione di prevenzione, informazione e comunicazione sistematica e continuativa che riesca a giungere a tutte le donne in gravidanza, soprattutto le più sole e abbandonate. Il messaggio che, secondo gli esperti, dovrebbe passare è che se le mamme non vogliono tenere il proprio bambino possono contare su una rete di supporto psicologico e di assistenza che garantisce il totale anonimato. La sfida è raggiungere le madri giovani, e spesso giovanissime, con un’età compresa tra i 18 e i 30 anni. In larga percentuale sono donne straniere, ma molte anche italiane. Rappresentano un’ampia fetta di mamme che in grave difficoltà sociale, economica o psicologica, arrivano a fare scelte estreme che mettono a rischio se stesse ed il proprio bambino.

CON “NINNA HO” SI PUO’ PARTORIRE IN ANONIMATO SENZA RICONOSCERE IL BAMBINO
La Sin, ad esempio, sostiene e porta avanti da anni “ninna ho”, il primo progetto nazionale a tutela dell’infanzia abbandonata, nato nel 2008 per iniziativa della Fondazione Francesca Rava – NPH Italia Onlus e di KPMG Italia, che si rivolge a tutte quelle madri che trovandosi in difficoltà non sono in grado di potersi prendere cura del proprio neonato. Il progetto consente alle donne, sia italiane che straniere, di partorire gratuitamente in ospedale senza dare il proprio nome e senza riconoscere il bambino. “Qualunque sia la scelta della futura mamma, è fondamentale che il parto sia fatto in assoluta sicurezza – dice Mauro Stronati, presidente della Sin – in strutture ospedaliere affidabili che, se richiesto, possono garantire l’anonimato, un diritto di tutte le donne secondo la legge italiana. Nell’ambito della campagna d’informazione del progetto ninna ho, è inoltre attivo un numero verde 800320023, a disposizione dal lunedì al venerdì, per tutte quelle mamme che si trovano in difficoltà ed hanno necessità di un supporto psicologico ed informazioni”.

CON LA “CULLA PER LA VITA” IL NEONATO PUO’ ESSERE LASCIATO AL SICURO ANCHE MOLTO DOPO IL PARTO
Per le mamme che escludono il parto in anonimato, c’è anche la possibilità delle culle per la vita, strutture che accolgono i neonati anche in un secondo momento e dotate di riscaldamento, chiusura in sicurezza, presidio di controllo h24 e rete con servizio di soccorso medico. La culla per la vita è una versione moderna e tecnologicamente avanzata della medievale Ruota degli Esposti. È in un luogo facilmente raggiungibile, garantisce l’anonimato della mamma che vuole lasciare il bambino ed è dotata di una serie di dispositivi (riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h 24 e rete con il servizio di soccorso medico) che permettono un facile utilizzo e un pronto intervento per la salvaguardia del bambino. La culla per la vita è un’estrema possibilità di accoglienza e di vita che deve servire ad evitare un estremo gesto di rifiuto. Sono già presenti presso gli ospedali di diverse città italiane, come Napoli (A. O. Universitaria Federico II), Varese (Ospedale Materno Infantile Del Ponte), Parma (A. O. Universitaria), Padova (A. O. Universitaria), Firenze (A. O. Universitaria Careggi), Milano (Clinica Mangiagalli), Roma (Policlinico Casilino) ed anche a Brescia e Palermo. “Sono ancora pochi gli ospedali con una culla termica salvavita ma tutti hanno comunque un’equipe di medici che possono fare la differenza per una madre in una situazione di profondo disagio. In questi casi empatia e conoscenza dei diritti della donna possono trasformare una potenziale tragedia in un nuovo percorso di vita per un bambino a rischio”, conclude Stronati.

Fonte La Stampa

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