Oliverio Ferraris: Piu’ consapevolezza contro manipolazione informazioni (DIRE – Notiziario settimanale Psicologia)
Roma, 9 mag. – “Quando una persona si presenta in Tv le sue parole valgono tra il 7 e il 10%, quello che conta e’ il linguaggio non verbale: come si posiziona sulla scena, come si veste, come viene valorizzata dal conduttore. La gente ricorda se una donna aveva un certo tipo di orecchini, ma puo’ confondere cio’ che ha detto con quanto affermato da altri. Molti votano per simpatia, colpiti soprattutto dal look e dagli aspetti coreografici, di cornice. È inquietante”.
Alla Dire la psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris racconta il perche’ del suo ultimo libro ‘Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori: riconoscerli per difendersi’ (Giunti Editore).
“Mi occupo da tempo di comunicazione, persuasione, manipolazione e di come attraverso lo spettacolo, gli schermi che ci seguono dappertutto, sia possibile deformare le notizie. Gia’ i filosofi greci avevano notato che e’ possibile lavorare sull’informazione- ricorda la scrittrice- attraverso una retorica che puo’ suggestionare gli ascoltatori e portarli su altri piani. Nel mondo contemporaneo i nuovi strumenti di comunicazione hanno determinato una sorta di salto di qualita’. È possibile conquistare lo spettatore con tutta una serie di tecniche- afferma Oliverio Ferraris- pensiamo solo alla pubblicita’ che continuamente ci manda dei messaggi a vari livelli, alcuni espliciti, altri impliciti e altri ancora subliminali. Non ci parla solo del prodotto, ci dice come bisogna vivere, a quale moda adeguarsi, chi e’ fortunato e chi no, come bisogna comportarsi per avere successo e cosi’ via.
Questo accade perche’ il nostro cervello non e’ solo logico- precisa la professoressa di Psicologia dello sviluppo de ‘La Sapienza’- e’ anche molto emotivo e si lascia conquistare dai sentimenti e dalle emozioni.
Un esempio. Nel 2003 il primo ministro inglese Tony Blair riusci’, grazie al lavoro dei suoi consiglieri e addetti stampa a surriscaldare l’opinione pubblica contro Saddam Hussein, accusato di possedere armi di distruzione di massa. Si seppe poi che quelle armi non esistevano ma intanto la Gran Bretagna era entrata in guerra contro l’Iraq a fianco degli USA”.
C’e’ una complessita’ nella comunicazione che “ci porta a imitare e a condividere senza riflettere, a semplificare, ad affidarci a chi compare spesso sui media. Soprattutto i giovani devono riflettere su tali strategie comunicative- sottolinea la docente- perche’ da li’ passano moltissimi messaggi, utilizzati per vendere una pentola, un prodotto commerciale o per promuovere un candidato nelle campagne elettorali. Si puo’ votare un personaggio perche’ ci ricorda uno zio, perche’ ci e’ simpatico o perche’ lo associamo a situazioni di vita quotidiana, ma nella realta’ non ne sappiamo nulla e solo piu’ tardi ci rendiamo conto di aver sprecato il nostro voto. I fattori di contorno possono avere un grosso impatto sulle scelte”.
La via d’uscita e’ nella consapevolezza. “Bisogna prendere consapevolezza di questi meccanismi, ben noti agli specialisti della comunicazione che sanno benissimo cosa puo’ funzionare. Ad esempio, nel 1952, quando Richard Nixon correva per la vicepresidenza negli Stati Uniti, si trovo’ a dover rispondere all’accusa di avere utilizzato denaro pubblico per la sua campagna elettorale- ricorda la professoressa de ‘La Sapienza’- cosa non ammessa negli Usa. A quel punto Nixon acquisto’ mezz’ora di Tv per parlare ai suoi concittadini. In questi 30 minuti non accenno’ mai al denaro e all’accusa che gli era stata rivolta, disse soltanto che era un buon cittadino, un buon padre di famiglia, un ottimo marito, che voleva bene alla moglie e agli amici, e mentre parlava vicino al camino veniva inquadrato il suo cane dal volto onesto. Al termine della trasmissione Nixon chiese ai telespettatori di inviare al partito repubblicano dei telegrammi, delle lettere, per dire se egli doveva lasciare oppure andare avanti con la campagna elettorale. La reazione dei telespettatori? Un diluvio di telegrammi a suo favore e non perche’ avesse spiegato il problema, ma perche’ aveva fatto una buona performance. Si era comportato come un bravo attore e aveva utilizzato il cane e il caminetto come nuove strategie di comunicazione per colpire l’emotivita’ e l’immaginazione dello spettatore. Da allora tutti i presidenti degli Stati Uniti – rivela Oliverio Ferraris- fanno il discorso del caminetto e quasi tutti hanno un cane, da Regan a Clinton, da Bush a Obama. È una sorta di alter ego che piace allo spettatore”.
Il 10 maggio “vado a parlare ai giovani del liceo ginnasio statale Terenzio Mamiani di Roma, perche’ i ragazzi sono molto interessati a queste tematiche”.
– Ultimamente l’attenzione e’ sulle ‘fake news’, cosa ne pensa? “Li’ la manipolazione e’ evidente come nel caso delle accuse di Blair a Hussein”, risponde la psicoterapeuta. “Alcune sono piu’ facili da smontare, perche’ paradossali, altre invece sono piu’ subdole. Oggi con internet la diffusione di queste false notizie e’ rapidissima”.
– Puo’ fare un esempio di fake news subdola? “Mi viene in mente un caso clamoroso del secolo scorso- continua la psicoterapeuta- sempre negli anni ’50 le industrie del tabacco americane incominciarono a temere che diminuissero i fumatori perche’ alcune universita’ statunitensi avevano dimostrato che il fumo attivo e passivo causava il tumore ai polmoni”. Cosa fecero? “Decisero di pagare degli attori di Hollywood affinche’ fumassero in continuazione nei film. Molti di questi attori sono poi morti di tumore: John Wayne, Bette Davis, Humphrey Bogart, Joan Crawford e molti altri fumavano in maniera smodata. Lo spettatore in sala, imitandoli, fumava a sua volta. Solo negli anni Novanta fu introdotto il divieto di fumo nelle sale cinematografiche”.
Un esempio di “manipolazione clamorosa a fin di bene fu quella di Gianni Minoli in una puntata di Mixer del 5 febbraio 1990. Quella volta Minoli mostro’ un documentario d’epoca in cui il giudice Sansovino confesso’ di aver truccato, d’accordo con altri membri del Tribunale elettorale, i risultati del referendum del ’46 con cui venne abolita la Monarchia in Italia. Molti spettatori – in particolare coloro che avevano partecipato al referendum – seguirono attentamente e con emozione crescente la trasmissione. Solo alla fine della proiezione Minoli rivelo’ l’inganno: il giudice che compariva nel filmato era in realta’ un attore. Il vecchio documentario era stato girato qualche settimana prima con dei figuranti. Tutto era falso, tranne la profonda emozione vissuta da milioni di spettatori”, spiega Oliverio Ferraris. “Di fronte a queste narrazioni viviamo delle emozioni e, siccome l’emozione e’ vera, siamo indotti a pensare che anche cio’ che viene raccontato e mostrato sia vero. Purtroppo quello che vediamo puo’ essere vero ma anche falso. Con quella trasmissione Minoli volle dimostrare come sia possibile manipolare l’informazione, tanto da dire, alla fine della trasmissione: ‘Bisogna imparare a diffidare della televisione e delle immagini che vengono rappresentate’. Possiamo estendere il discorso all’uso delle euristiche in televisione, alle pseudo statistiche- conclude- ai falsi esperti e ai cosiddetti opinionisti che si pronunciano su qualsiasi cosa pur di avere visibilita’”. (Wel/ Dire)