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Rapporto Cittadinanzattiva: Pazienti ‘in cronica attesa’

Rapporto Cittadinanzattiva: Pazienti ‘in cronica attesa’

Rapporto Cittadinanzattiva: Pazienti ‘in cronica attesa’
| mercoledì 3 Maggio 2017

Si aspettano mesi per visita, giorni al Ps per avere posto letto (DIRE – Notiziario settimanale Sanita’)

Roma, 3 mag. – Si attende anni per una diagnosi, mesi per una visita, un esame di controllo o per ricevere un ausilio, giorni al Pronto Soccorso per un posto letto. Per contro, il tempo dedicato alla visita e quindi all’ascolto e’ sempre piu’ ridotto, le ore dedicate all’assistenza domiciliare ed alla riabilitazione sono troppo esigue.

È la condizione in cui vivono le persone con patologie croniche e rare che emerge dal XV Rapporto nazionale sulle politiche della cronicita’ ‘In cronica attesa’, presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva.

elderly-1461424_960_720Le persone con malattie croniche e rare e i loro familiari devono sopperire a molte carenze, utilizzando il proprio tempo e le proprie risorse economiche: fino a 10.000 euro l’anno per l’assistenza psicologica, l’acquisto di farmaci e parafarmaci, la riabilitazione a domicilio; fino a 60.000 euro l’anno per pagare la retta della residenza sanitaria assistita.

A questo si aggiunge la burocrazia ‘trita-diritti’ perche’ non si snelliscono le procedure burocratiche, come nel caso del rilascio di piani terapeutici per i farmaci o di protesi e ausili, l’assegnazione del contrassegno auto per invalidi o il rinnovo della patente. Anzi capita che anche quando la semplificazione c’e’, nella sua applicazione diventi strumento per restringere i diritti, come nel caso dell’invalidita’ civile e dell’handicap. Al Rapporto di quest’anno hanno partecipato 46 associazioni aderenti al CnAMC, rappresentative di oltre 100mila cittadini affetti per il 64% da patologie croniche e per il restante 36% da malattie rare.

Le stesse sono state intervistate tramite un questionario strutturato a partire dai punti cardine del Piano nazionale delle cronicita’ varato a settembre 2016, al fine di individuare gli elementi positivi e quelli critici su cui occorrera’ lavorare per garantire una reale presa in carico dei pazienti. Il 38,3% degli italiani dichiara di avere almeno una patologia cronica e di questi circa il 70% dichiara di essere comunque in buona salute. Ipertensione (17,1%), artrosi/artrite (15,6%) e malattie allergiche (10,1%) sono nell’ordine le tre malattie croniche piu’ diffuse.

Per quanto riguarda le malattie rare, in Italia si stima ci siano tra i 450mila e i 670mila malati rari. Oltre il 60% delle associazioni segnala la carenza di servizi socio-sanitari sul proprio territorio (ad esempio logopedia, riabilitazione, assistenza domiciliare, servizi di trasporto) e le difficolta’ di orientarsi fra i servizi, piu’ del 50% evidenzia difficolta’ in ambito lavorativo, legate alla propria patologia, disagi nel comunicare la malattia, difficolta’ economiche.

Nel rapporto con il medico, il 78% riscontra di aver poco tempo a disposizione per l’ascolto, di aver visto sottovalutati i propri sintomi (44%), la poca reperibilita’ (42%) e la scarsa empatia (26%).

Ancora indietro sui programmi di prevenzione: non solo perche’ il nostro Paese investe 83Ç a persona (cifra inferiore a quella di paesi come il Regno Unito, la Germania, Danimarca, Olanda e Svezia), ma anche perche’, come dichiarano le associazioni, ben il 56% non e’ stato coinvolto in programmi di prevenzione nel corso dell’ultimo anno. Laddove svolti, tali programmi riguardano per lo piu’ l’alimentazione corretta (24%) e i corretti stili di vita (20%).

Diagnosi in tempi lunghi ed esiti incerti: a volte occorrono anni di attesa, sofferenza, solitudine ed incertezza, accompagnati da costi non indifferenti, prima di arrivare ad una diagnosi certa di malattia cronica o rara. Piu’ della meta’ (58%) dice di non essere stato sottoposto a programmi di screening nel caso in cui ad un familiare sia stata riscontrata una malattia genetica e il 60% conferma un ritardo diagnostico.

La presa in carico del paziente con patologia cronica rappresenta il cuore del Piano nazionale della cronicita’ e il punto sul quale si misura la qualita’ dell’assistenza fornita.

Il 40% dichiara che sono stati coinvolti in progetti di cura multidisciplinari solo alcuni pazienti e in ugual percentuale (39%) addirittura nessun paziente. In merito alla riorganizzazione dell’assistenza prestata sul territorio, nonostante la legge abbia introdotto ad esempio le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) e le UCCP (Unita’ Complesse di Cure Primarie), il 39% non riscontra alcun cambiamento.

Di conseguenza, i cittadini, nel 68% dei casi devono ricorrere al Pronto soccorso.

E, ancora, non si accorciano i tempi di attesa nel percorso di cura: un’associazione su due afferma che non esiste un percorso agevolato che garantisca tempi certi per l’accesso alle prestazioni sanitarie.

A distanza di circa sette mesi dalla introduzione del Piano nazionale delle cronicita’, alla cui stesura ed approvazione abbiamo contribuito come Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, non possiamo permettere che questo rimanga solo sulla carta. Infatti, ci risulta che, ad oggi, solo le Regioni Umbria e Puglia abbiano recepito formalmente il Piano; altre, ma ancora troppo poche, si stanno muovendo e lo fanno in ordine sparso. Chiediamo che entro l’anno tutte le Regioni lo recepiscano formalmente con delibera e che il Ministero della Salute istituisca al piu’ presto la cabina di regia, garantendo la partecipazione di associazioni di cittadini e pazienti. Rispetto alle strategie di finanziamento del Piano, si potrebbe contare su circa 21 milioni di Euro, relativi al PoN GOV cronicita’ e sanita’ digitale per gli anni 2016-2023, ma anche su questo e’ necessario accelerare.Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici.

E ancora, servono segnali e impegni concreti per la vita quotidiana dei pazienti: un piano nazionale per la semplificazione della burocrazia, a cominciare dalle procedure per il rinnovo del piano terapeutico sui farmaci salvavita, per il rilascio di protesi e ausili, per superare gli ostacoli nel riconoscimento di invalidita’ civile ed handicap. Un impegno per assicurare percorsi di cura reali ed esigibili per tutti: deve essere direttamente il SSN a prenotare esami, visite e prestazioni di controllo per il cittadino con malattia cronica o rara e a garantirli in tempi certi’.

Una volta ricoverati bisogna, poi, in piu’ di un caso su cinque, fare i conti con pasti non adeguati e mancanza di attenzione. Per il 15% delle Associazioni non viene rispettata la dignita’ della persona a causa della dotazione del reparto. Quando il ricovero avviene in una struttura riabilitativa, lungodegenza o RSA, i cittadini segnalano lunghe attese per accedervi (68%), la mancanza di equipe multi-professionali (40%), la necessita’ di pagare una persona che assista il paziente ricoverato (32%) o il costo eccessivo della stessa struttura (28%).

In caso di assistenza domiciliare, il primo ostacolo e’ nella sua attivazione (63%), il numero insufficiente di ore erogate (60%) o la mancanza di figure specialistiche necessarie (45%). Per il 40% manca anche l’assistenza di tipo sociale.

Sul fronte dell’assistenza farmaceutica, i cittadini denunciano limitazioni nella prescrizione da parte dei medici (35%), il costo eccessivo dei farmaci non rimborsati dal SSN (33%) o ancora la difficolta’ nel rilascio del piano terapeutico (33%). A volte le limitazioni sono imposte dalle aziende ospedaliere o dalla Asl per motivi di budget (28%) o a monte attraverso delibere regionali (20%). Pesanti le difficolta’ burocratiche soprattutto legate al riconoscimento dell’invalidita’ civile e dell’handicap e riguardano: per il 46% l’accesso all’indennita’ di accompagnamento, per il 39% il riconoscimento dell’handicap, per il 31% l’accesso alla pensione di inabilita’, per il 27% l’assegno mensile di invalidita’ civile, per il 15% l’indennita’ di frequenza. Sull’assistenza protesica ed integrativa, oltre la meta’ delle associazioni lamenta troppe differenze regionali.

In generale, le problematiche principali riguardano i tempi eccessivamente lunghi per la fornitura (35%), la scarsa qualita’ dei presidi erogati (23%) e un problema di scarsa quantita’ (18%).

Altro aspetto critico, la gestione del dolore: per il 62% delle associazioni, il personale sanitario sottovaluta il dolore; per il 38% manca un raccordo tra specialista e servizio di cure palliative. Inoltre, il 28% lamenta che i costi per una adeguata terapia analgesica siano a carico dei cittadini; il 24% ha difficolta’ a farsi prescrivere farmaci oppiacei.

Ancora molto poche le Asl (14% secondo le associazioni del CnAMC) che promuovono corsi di formazione per i pazienti e i loro familiari per la gestione della patologia, mentre ben l’80% delle associazioni ha coinvolto i propri associati in corsi su terapie e prevenzione, sostegno psicologico, aderenza terapeutica, campi scuola per i giovani.

Sull’appropriatezza, emergono criticita’ rilevanti: ben il 58% riferisce che i suoi sintomi sono stati sottovalutati con conseguente ritardo nella cura; uno su quattro segnala invece di aver dovuto fare esami inutili o perche’ non adatti alla propria patologia o perche’ ripetuti piu’ volte. In tema di aderenza terapeutica, il 59% riferisce che la mancata aderenza e’ dovuta ai costi indiretti della cura (spostamenti, permessi di lavoro etc..), il 52% alle difficolta’ burocratiche, il 39% a interazioni con altri farmaci, o ai costi della terapia. In altri casi interviene lo scoraggiamento perche’ non si ottengono i risultati attesi (36%) o perche’ si tratta di una terapia eccessivamente lunga e complicata (26%).

Sulla sanita’ digitale arranchiamo: il 64% dice di non essere stato coinvolto in nessun progetto di telemedicina e, nonostante la ricetta elettronica sia stata introdotta gia’ da alcuni anni, il 49% ritiene che essa non abbia prodotto alcun risultato, o solo in alcune realta’ (22%).

Malattie rare. Il primo problema per chi ha una patologia rara e’ la distanza dal centro di riferimento (68%) e di conseguenza i costi privati per lo spostamento e l’alloggio (61%). Segue, per un’associazione su due, la difficolta’ di arrivare alla diagnosi e la mancanza di centri di riferimento.

Ancora, la difficolta’ nel riconoscimento dell’invalidita‘ e/o dell’handicap (46%) e il mancato riconoscimento della patologia (43%). Sempre la stessa percentuale ha difficolta’ nell’acquisto di parafarmaci (colliri, pomate, alimenti particolari, ecc.) e nel pagare privatamente esami e visite specialistiche. Difficolta’ ancora piu’ pesanti, soprattutto dal punto di vista psicologico, quando si parla di bambini e ragazzi affetti da una patologia rara, che spesso devono rinunciare a partecipare alle attivita’ extrascolastiche (46%), si scontrano con problemi concreti come la presenza di barriere all’interno dell’edificio scolastico (42%) e talvolta subiscono situazioni come l’isolamento dai compagni o addirittura atti di bullismo (21%). (Red/ Dire) 08:08 03-05-17 NNNN

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