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Rigurgito e reflusso, normali nel lattante. Cosa fare se proseguono oltre i 4 anni

Rigurgito e reflusso, normali nel lattante. Cosa fare se proseguono oltre i 4 anni

Rigurgito e reflusso, normali nel lattante. Cosa fare se proseguono oltre i 4 anni
| giovedì 2 Marzo 2017

Il reflusso e il rigurgito sono fenomeni naturali nel neonato: la brevità dell’esofago, l’immaturità della valvola del cardias, la dieta lattea liquida e la postura pressoché orizzontale sono fattori che facilitano il transito dallo stomaco all’esofago del cibo che il neonato può sputare, eruttare vigorosamente e anche deglutire (la cosiddetta «ruminazione»).

Gli episodi di reflusso hanno generalmente un andamento peggiorativo nei primi mesi, raggiungono un picco intorno ai 4-5mesi per poi diminuire progressivamente e lentamente con la crescita, fino a scomparire. Eppure, il fenomeno è spesso motivo di preoccupazione per le neomamme, anche a causa dell’interessamento delle vie aeree, che a volte vengono ostruite temporaneamente dal latte rigurgitato causando al bambino una breve apnea momentanea.

Ne abbiamo parlato con il dottor Graziano Barera, primario di Pediatria, Neonatologia e Patologia Neonatale IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Professore, come distinguere singoli episodi fisiologici da una malattia da reflusso?

«Il rigurgito è funzionale per l’età, così come lo sono singhiozzi, eruttazioni o coliche, e nel 90% dei casi sparisce entro il secondo anno di età. Come indicato da linee guida ormai consolidate, il reflusso non è mai patologico quando non compromette la normale reattività del bambino. In particolare, non è patologico quando non causa sintomi di malessere, dolore e sofferenza (distress), come disagio o pianto; quando non compromette la crescita regolare del bambino; quando non compromette la normale alimentazione (come quando il bambino rifiuta il pasto, con inarcamento del dorso se sollecitato ad alimentarsi) e quando non altera il comportamento del bambino».

Quando il reflusso non rispetta queste condizioni, va pensato come patologico?

«Esatto. Esso è meritevole di attenzione quando la quota di latte persa con il rigurgito interferisce con la crescita, quando c’è dolore in fase di rigurgito e in fase alimentare a causa dell’esofagite (determinata dalla risalita dell’acido nell’esofago). A partire dal secondo semestre, vi è il rischio – per quanto sovrastimato – di un coinvolgimento della laringe: la posizione sempre più eretta del bambino fa sì che il reflusso non sia più visibile, come prima, come rigurgito e il contatto del materiale acido con la mucosa respiratoria causa lesioni a carico della laringe e corde vocali. Una tosse lieve persistente è il sintomo di una laringite cronica posteriore (aritenoidite)».

Come viene diagnosticata la malattia da reflusso in età pediatrica?

«Si ricorre agli stessi esami di diagnostica strumentale in uso con gli adulti: la ph-impedenziometria nelle 24 ore consente di quantificare il reflusso, misurarne la composizione e il livello di acidità e di associare a questi dati la sintomatologia per una diagnosi più precisa. Con l’endoscopia, più invasiva e quindi eseguita con sedazione, si identificano le cause del reflusso persistente patologico, individuando anomalie strutturali e funzionali, si valutano i danni ai tessuti che possono essere prelevati per eseguire una biopsia».

Quali sono i trattamenti farmacologici per la prima infanzia? 

«Anche in età pediatrica, si prevede l’impiego di tre classi di farmaci: gli antisecretori gastrici, i gastroprotettori e i procinetici. Il soppressore della secrezione acida gastrica utilizzato è la ranitidina (e solo in caso di fallimento si valuta l’eventuale ricorso agli inibitori della pompa protonica, non indicati al di sotto dei 12 mesi); l’anti-acido è l’acido alginico, che contrasta il reflusso e ne riduce l’entità creando una barriera meccanica, una cappa basica flottante che, in caso di reflusso, è la prima a superare la valvola del cardias; infine, il domperidone, farmaco procinetico che riduce la probabilità di un reflusso, è poco usato e l’assunzione non deve comunque mai andare oltre i sette giorni. Naturalmente sarà il pediatra a valutare il miglior trattamento necessario, valutando rischi e benefici».

Quali accorgimenti possono essere adottati in casa?

«Premesso che non vi è nessuna indicazione a trattare un “reflussore” non patologico, si può comunque provare a ridurre l’entità del reflusso ponendo il bambino in posizione inclinata di 30gradi e, se il neonato si nutre di latte adattato, ricorrendo a latti “ispessiti” a base di fibre ben tollerate (farina di carrube o amidi di mais o riso modificati) la cui funzione – vale la pena ribadirlo – è unicamente cosmetica e in nessun modo terapeutica. Infine, si può diminuire la quantità di cibo consumata in ogni singolo pasto, aumentandone la frequenza, per ridurre l’entità della distensione dello stomaco del neonato. Nel caso di allattamento al seno, invece, non bisogna mai intervenire e mai modificare i ritmi alimentari dell’infante. Infine, da evitare assolutamente la posizione prona, efficace sì nel limitare il rigurgito, ma eleva il rischio di morte in culla».

E se il reflusso non scompare entro i 4 anni?

«Se il reflusso non scompare entro il quarto anno di età, la condizione può trascinarsi fino alla seconda infanzia, all’adolescenza e all’età adulta. In questo caso, potremmo essere in presenza di alterazioni anatomiche o funzionali da indagare, ma questa eventualità accade, secondo studi di valutazione dell’andamento nel tempo del fenomeno, solo nel 5-10% dei casi».

FONTE LA STAMPA

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