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Tumore seno, ecco il test che fa evitare chemio dopo intervento

Tumore seno, ecco il test che fa evitare chemio dopo intervento

Tumore seno, ecco il test che fa evitare chemio dopo intervento
| venerdì 14 Luglio 2017

ROMA – In Italia ogni anno oltre 48mila donne ricevono una diagnosi di tumore al seno. La grande maggioranza affronta l’intervento chirurgico e, circa la metà, dopo l’operazione viene sottoposta a chemioterapia adiuvante, che spesso non risulta efficace. Oggi però un nuovo test genomico consente su pazienti operate per un cancro al seno di prognosticare un’eventuale ricaduta a 10 anni dalla diagnosi e le probabilità che la chemioterapia sia efficace. Per le pazienti significa non dover affrontare senza motivo i pesanti effetti collaterali della chemioterapia, con riduzione dei costi anche per il Servizio sanitario nazionale correlati al trattamento ed alle possibili complicanze. In Italia le pazienti eleggibili hanno la possibilità di effettuare gratuitamente il test grazie al programma di sperimentazione PONDx, avviato a febbraio 2016 e attualmente in corso in 11 centri del Lazio, tra i quali l’Istituto nazionale Regina Elena di Roma. Al momento sono state testate più di 600 pazienti solo nel Lazio, di cui più di 60 presso l’Ire. Analogo studio è stato condotto in numerosi centri ospedalieri in Regione Lombardia e in altri centri sul territorio italiano. I risultati del programma PONDx saranno presentati in occasione di vari congressi previsti nei prossimi mesi.

IL TEST E’STATO PROVATO SU 4.000 PAZIENTI

“Il test Oncotype DX®– spiega Francesco Cognetti, direttore dell’Oncologia medica dell’Istituto nazionale Regina Elena di Roma– ci aiuta a individuare meglio le pazienti che hanno una prognosi più sfavorevole e ci dice quali di queste possono giovarsi di un trattamento chemioterapico in aggiunta all’ormonoterapia sia in pre che in post-menopausa”. In particolare, aggiunge Cognetti, il test fornisce informazioni “su pazienti con tumore invasivo della mammella, linfonodi negativi o positivi fino a un massimo di 3, con recettori ormonali positivi, pazienti che in base ai prelievi anatomo-clinici e biologici sono in una zona di confine, in una fase in cui si può includere o escludere con certezza il trattamento chemioterapico rispetto alla sola ormonoterapia”. Oncotype DX®, incluso nelle linee guida di pratica clinica europee e internazionali, è stato valutato all’interno di 6 studi che hanno coinvolto circa 4mila pazienti con cancro mammario.

UNA DONNA SU 4 PUO’ EVITARE LA CHIEMIOTERAPIA

Il test può cambiare le scelte terapeutiche e permette di personalizzare il trattamento perché fornisce informazioni sulla biologia che è alla base dell’insorgenza di un determinato tumore mammario e della sua evoluzione successiva. “Questo test è in grado, in una percentuale abbastanza consistente di pazienti- fa sapere ancora il professor Cognetti- di evitare la chemioterapia:secondo le evidenze disponibili un quarto delle pazienti che sarebbero state sottoposte a chemioterapia sulla base dei criteri finora utilizzati possono evitarla mentre in circa l’8% di queste pazienti viene aggiunta la chemioterapia rispetto alla sola indicazione di ormonoterapia”.

L’ONCOLOGO COGNETTI: “DOVREBBE ESSERE OFFERTO DAL SSN”

La chemioterapia può produrre effetti collaterali sia acuti sia a lungo termine che incidono pesantemente sulla qualità di vita delle pazienti, sull’attività lavorativa, senza contare il peso economico sul Servizio sanitario nazionale: in particolare, la caduta dei capelliche interferisce sull’immagine e l’autostima delle donne, effetti relativi alla fertilità (amenorrea e sterilità); nausea, vomito, leucopenia, fatigue, anemia, astenia, mucosite, diarrea, cardiotossicità che può sfociare in circa il 5% delle pazienti anche in una insufficienza cardiaca. “Questo test rappresenta una grande opportunità per le nostre pazienti- conclude Cognetti- e, secondo noi oncologi, dovrebbe essere offerto dal Ssn perché è conveniente anche in termini di gestione delle risorse: evita l’uso di farmaci che non servono e riduce la frequentazione delle pazienti presso i nostri ospedali, dando loro la possibilità di vivere una vita normale, anche dal punto di vista sociale e lavorativo una serie di vantaggi che una politica saggia e lungimirante dovrebbe considerare rispetto al costo di un unico test”. Ecco l’elenco dei centri del Lazio in cui è attivo il programma PONDx: Policlinico Umberto I – Roma; Policlinico Agostino Gemelli – Roma; Istituto Nazionale Regina Elena – Roma; Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini – Roma; Ospedale Nuovo Regina Margherita – Roma; Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata – Roma; Università Campus Bio-Medico – Roma; Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli – Roma; Ospedale Fabrizio Spaziani – Frosinone. Ospedale Belcolle – Viterbo.

(fonte: www.dire.it)

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