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Ezio Bosso, anche gli angeli amano la musica

Ezio Bosso, anche gli angeli amano la musica

Ezio Bosso, anche gli angeli amano la musica
| venerdì 15 Maggio 2020

“La musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare.”

Francesco Guccini cantava “Bologna è una donna emiliana di zigomo forte, Bologna capace d’ amore, capace di morte, che sa quel che conta e che vale, che sa dov’è il sugo del sale, che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita…”.

Bologna è quella città che assomiglia a un abbraccio.

Bologna è buon cibo, risate e culla per gli artisti, li coccola col buon cibo, con le passeggiate sotto ai portici e la vista dei colli.

Oggi Bologna si è svegliata triste perchè ha salutato Ezio Bosso, direttore d’orchestra, pianista e compositore.

Ezio Bosso conviveva con una malattia neurodegenerativa autoimmune simile alla SLA provocata da un tumore cerebrale per cui era stato già operato nel 2011.

Non oso immaginare cosa implichi la consapevolezza di convivere con queste due malattie, non so se provasse dolore (ma sappiamo come sono queste patologie…) quello che immagino è che gli saranno state fatte le migliori cure possibili.

La terapia del dolore viene gestita molto bene dai medici e dai colleghi che lavorano con i pazienti oncologici e con pazienti con malattie neurodegenerative.

Le malattie neurodegenerative sono un insieme variegato di malattie del sistema nervoso centrale, accomunate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni. A seconda del tipo di malattia, il deterioramento neuronale può comportare deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie, disturbi comportamentali e psicologici.

Ezio Bosso ci ha sempre dato lezioni di resilienza sul suo modo di vivere la malattia, ci ha insegnato a cogliere i lati positivi anche delle cose tristi, si è definito come un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono.

Uno dei suoi pensieri che, a mio parere, rappresenta lo specchio della sua resilienza è “Si dice che la vita sia composta da 12 stanze. 12 stanze in cui lasceremo qualcosa di noi che ci ricorderanno. 12 le stanze che ricorderemo quando saremo arrivati all’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza dove è stato, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. Stanza, significa fermarsi, ma significa anche affermarsi. Ho dovuto percorre stanze immaginarie, per necessità. Perché nella mia vita ho dei momenti in cui entro in una stanza che non mi è molto simpatica detto sinceramente. È una stanza in cui mi ritrovo bloccato per lunghi periodi, una stanza che diventa buia, piccolissima eppure immensa e impossibile da percorrere. Nei periodi in cui sono lì ho dei momenti dove mi sembra che non ne uscirò mai. Ma anche lei mi ha regalato qualcosa, mi ha incuriosito, mi ha ricordato la mia fortuna. Mi ha fatto giocare con lei. Si, perché la stanza è anche una poesia.

Questa mattina sono smontata dal turno di notte e, leggendo la notizia della sua morte, il mio primo pensiero è stato “ma nooooo” poi a mente fredda credo che bisognerebbe fare un passo indietro e un inchino rispettoso, perchè anche alla Morte va portato rispetto nel suo agire.

Egoisticamente mi dispiace che sia morto un professionista della musica del suo calibro, ma umanamente e professionalmente so cosa vuol dire amare qualcuno che vive una malattia terminale e quanto faccia male anche a chi lo circonda, perché la malattia non riguarda solo il singolo ma anche tutto il contorno di familiari e amici, così come la morte; per la mia esperienza è stato devastante emotivamente vedere il mio nonno stare male e consumarsi (per me il nonno è sempre stato una “roccia”) posso anche dire che quando il nonno ci ha lasciati ho ringraziato che fosse morto senza soffrire, perché non è tanto la morte, quella tocca a tutti, quanto il come e nella nostra realtà devo dire che ci sono delle associazioni (Fondazione Seragnoli, ANT, Cure Palliative, Assistenza Domiciliare, etc) e dei professionisti specializzati proprio nella gestione della terapia del dolore, che non vuol dire imbottire il paziente di farmaci, ma significa farlo vivere alleviando il dolore della malattia o accompagnarlo nella morte senza sofferenze inumane.

Ecco Ezio, che la terra ti sia lieve e che la vita per quanto beffarda ti possa aver regalato un sollievo dal dolore per poterci salutare con uno dei tuoi calorosi sorrisi.

Chissà magari ora starai suonando delle melodie meravigliose per tutti i genitori, nonni, figli, amici e parenti che ti avranno preso per mano mostrandoti la meraviglia di vivere sulle nuvole con il sole che ti scalda le guance e la luna e le stelle che ti incantano di notte.

Buon viaggio.

Articolo di Laura Berti

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