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Gli “Artisti del terrore”: un gruppo di infermieri bolognesi, attraverso un monologo teatrale, rispondono ai complottisti

Gli “Artisti del terrore”: un gruppo di infermieri bolognesi, attraverso un monologo teatrale, rispondono ai complottisti

Gli “Artisti del terrore”: un gruppo di infermieri bolognesi, attraverso un monologo teatrale, rispondono ai complottisti
| sabato 9 Gennaio 2021

“Non è stato facile ingannarvi”. Un video surreale quello realizzato dagli “Artisti del terrore”, ovvero un gruppo di infermieri bolognesi che con un monologo teatrale hanno voluto rispondere a negazionisti e complottisti che da mesi ridicolizzano l’impegno degli operatori sanitari, e anzi, li chiamano “assassini”. “Ebbene sì, avevate ragione, tutto questo era pura finzione”: una “grande messa in scena”, finanziata “da Big Pharma e oscuri miliardari”, ma anche “registi e scenografi ingaggiati per le nostre oscure trame”. E poi migliaia di famiglie, “formate e pagate per fingere di aver perso un loro caro”, con tanto di “tariffario del dolore”, finti i reparti covid, migliaia di ventilatori comprati e mai usati. Anche gli operatori sanitari morti “in realtà sono vivi, anch’essi pagati” con “un mantenimento a vita in un posto paradisiaco, molto in alto”. Ma “abbiamo sottovalutato la vostra arguta intelligenza, la vostra acquisizione nelle scienze acquisita dal vostro smartphone”

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Antonio Capodieci, infermiere di Pronto soccorso del Maggiore di Bologna, con l’aiuto di un suo amico e collega infermiere, Gianluca La Rocca, ha voluto realizzare un video in cui mettere in scena un monologo surreale attraverso cui rispondere ai complottisti che da mesi ridicolizzano l’impegno degli operatori sanitari.

Nel video, l’infermiere prestato ad attore, Gianluca La Rocca cerca di assecondare in modo ironico e surreale tutte le teorie negazioniste e complottiste come se fossero vere, mostrandone l’irrazionalità e ridicolizzandole fino al paradosso. Una risposta, quella degli “Artisti del terrore” – è questo il soprannome scelto dal gruppo di infermieri-artisti bolognesi – che soppianta lo stile tipico degli haters.

La narrazione è infatti priva di insulti e/o minacce, ma adotta il “paradigma del dubbio” come chiave di lettura sulla pandemia attraverso cui rileggere, con una vena di sottile ironia, le ipotesi fantapolitiche e fantascientifiche sostenute dai vari negazionisti: no vax, no mask…

“Siamo stufi del dilagare di una schizofrenia che vede noi infermieri prima eroi e poi soggetti bistrattati e offesi, tanto da ricevere insulti di morte come è avvenuto recentemente nei confronti di Claudia, prima infermiera ad essersi vaccinata, costretta a cancellarsi dai social per proteggere sé stessa e la propria famiglia”.

L’intento del video esprime a tutti gli effetti il ruolo di prossimità e di educazione sanitaria che gli infermieri vogliono continuare a rivestire per la comunità di cittadini, ancor prima che di pazienti.

L’impegno dell’infermiere Antonio Capodieci – appassionato di cinema – e dei suoi colleghi non si arresta nel prestare servizio e curare i pazienti in Pronto soccorso. Già durante la prima ondata della pandemia aveva infatti raccolto una serie di testimonianze dai suoi colleghi impegnati sul fronte che sono confluite nel video diventato virale “Non sono un eroe – sono un infermiere”.

“Il mio intento era di lasciare testimonianza di tutto quello che stavamo affrontando per combattere il covid, mettendo in primo piano i volti degli operatori sanitari e le loro emozioni”. – spiega Capodieci – “Durante la prima ondata ho raccolto i volti dei miei colleghi, le loro paure e le loro speranze, i racconti delle esperienze che ci hanno segnato di più come infermieri, il modo in cui riuscivamo ad affrontare il lockdown fuori dal lavoro, con le nostre famiglie”.

Tutte le riprese realizzate durante la prima ondata pandemica sono entrate a far parte di un progetto cinematografico più grade di cui Antonio Capodieci è molto orgoglioso: il docu-film di Gabriele Salvatores “Fuori era primavera” andato in onda alle ore 21:00 su RAI 3 il 2 gennaio.

“L’impegno di questi giovani infermieri è espressione del primo articolo del codice deontologico che recita L’infermiere si pone come agente attivo nel contesto sociale a cui appartiene e in cui esercita,promuovendo la cultura del prendersi cura e della sicurezza” commenta il presidente dell’Ordine degli infermieri di Bologna Pietro Giurdanella.

Qui il servizio di TRC Bologna

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